Le migliori e le peggiori mamme Disney e Pixar: dietro un eroe c’è sempre sua madre

In occasione della Festa della Mamma, ci siamo lasciati ispirare dalle mamme Disney e Pixar più iconiche, analizzandone pregi e difetti e il modo in cui il rapporto con i figli ne influenza il destino.

Marianna Chiuchiolo
Marianna Chiuchiolo
Giornalista con studi in Mediazione Linguistica, una formazione da teatrante e una generale tendenza a perdersi nei vicoli di una fervida immaginazione. Ama in egual misura la scienza e la poesia e si spende da tempo per la crociata della Mental Health Awareness come missione di vita.
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Da angeli del focolare e presenze spirituali a moderne supermamme in grado di gestire famiglia, lavoro e interessi personali, dietro il percorso di ogni eroe che amiamo c’è spesso l’influenza di una madre. In occasione della Festa della Mamma, ci avventureremo nell’impresa di classificare le peggiori e le migliori mamme Disney e Pixar, analizzando il loro rapporto con i protagonisti e la psicologia del legame che li lega.

Mamme Disney e Pixar, perché sono così poche?

A onor del vero, l’Universo Disney è noto, oltre che per la fiabesca impronta che ne contraddistingue le opere, anche per una singolare caratteristica: i protagonisti raramente crescono con una una mamma! Andando ad analizzare le opere della celeberrima casa di produzione, infatti, è evidente come i personaggi principali siano spesso orfani di madre e circondati da zii, padri, nonni, fate o matrigne che, in maniera più o meno positiva, ne modellano la personalità.

Ciò ha portato critici e appassionati di cultura pop a investigare sul perché di questa peculiare carenza di genitori uno, con risposte diversificate, a volte supportate da dichiarazioni degli stessi creatori. L’ipotesi più accreditata è che, in assenza di una mamma, si potesse più facilmente giustificare la libertà con la quale i protagonisti partivano verso avventure pericolose, lasciandosi alle spalle il supporto emozionale di altri tutori, altrettanto dolci e comprensivi ma meno coinvolti rispetto a una madre, come ad esempio una nonna o una fata madrina. Una dichiarazione, a conti fatti, figlia del suo tempo, e non è un caso che la rappresentazione della figura materna nei lavori animati della casa di produzione sia profondamente cambiata nel corso degli anni.

Prima ancora di divertirci a promuovere o bocciare le mamme Disney e Pixar, quindi, facciamo una rapida panoramica di come la figura materna si è evoluta nel corso della storia della casa produttrice, concentrandoci sulle figure che effettivamente rivestono il ruolo di caregiver per i protagonisti.

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Mamme e matrigne nei primi lungometraggi Disney

Nei primi lungometraggi Disney è evidente una spaccatura tra la figura della madre e della matrigna. Nella maggior parte dei casi il protagonista perde una madre buona e premurosa in giovane età, suo padre si risposa dopo qualche tempo e la nuova moglie entra a far parte del nucleo familiare, spesso imponendo tormenti e discriminazioni all’eroe della storia: Lady Tremaine e Grimilde ne sono perfetti esempi. In altri casi, un protagonista cresciuto in orfanotrofio viene riscattato da un qualche maniaco assetato di soldi e potere che lo sfrutterà per ottenere i suoi scopi, come Madame Medusa che, ne Le avventure di Bianca e Bernie, costringe la piccola Penny a calarsi in una stretta dolina per recuperare diamanti e preziosi.

Quando presenti, le madri vengono rappresentate come figure angeliche dispensatrici di tenerezza, affabilità e comprensione, che raramente impongono la propria autorità sul nucleo familiare: in Peter Pan, Mary Darling è rappresentata in questo modo ed è così che Wendy la descrive ai bambini sperduti una volta giunta sull’Isolachenoncè.

Così le personalità dei protagonisti sono forgiate soprattutto dall’assenza della mamma, più che dalla sua effettiva influenza nel corso della loro crescita come esseri umani.

Da mamme angeliche a mamme grintose: nessuno tocchi i cuccioli!

Questa mitizzazione della figura materna prosegue, per certi versi, anche nell’era del cosiddetto rinascimento Disney, dove esistono ancora mamme presenti ma silenziose, come Fa Li in Mulan. C’è, tuttavia, un’eccezione alla regola.

Esistono classici Disney con madri amorevoli e protettive ma anche avventurose e disposte a rischiare grosso per i propri figli: ciò accade quando i protagonisti della storia non sono umani. Peggy ne La carica dei 101, Sarabi ne Il Re Leone e la determinata Kala in Tarzan sono madri che non hanno paura di scontrarsi con l’autorità in nome della fiducia che ripongono nei loro cuccioli. La stessa Mrs Bric, che riesce a tenere in mano le redini del castello ne La Bella e la Bestia, pur essendo un’umana vittima di un maleficio, è di fatto una teiera per la maggior parte della storia.

Mamme Disney e Pixar moderne: personaggi più sfaccettati e credibili

È con i nuovi classici dell’era moderna, particolarmente dopo l’ascesa della Pixar e della Disney Pixar, che finalmente le mamme vengono rappresentate come personaggi molto più tridimensionali. I nuovi classici ci mostrano mamme dolci e comprensive, ma anche donne che compiono errori, che si barcamenano tra i ritmi di una vita stressante, a volte persino madri tossiche i cui atteggiamenti sono alla base del conflitto principale che muove la storia stessa.

Questa nuova rappresentazione, più vera e umana, è in grado di mostrare come il viaggio dell’eroe sia spesso un percorso condiviso, come la maturazione non si arresti una volta raggiunta l’età adulta e come ogni generazione sia figlia – letteralmente! – di quella precedente e possa scegliere di perpetrare le dinamiche da essa apprese oppure, in taluni casi, perdonare e tracciare una nuova strada.

Sulla base di questa rapida analisi, andiamo ora alla scoperta delle mamme Disney e Pixar da cui lasciarsi ispirare per essere genitori da favola, e di quelle da prendere come monito su come una mamma non dovrebbe comportarsi con i propri figli.

Leggi anche: Autorevole, autoritario, permissivo: come essere buoni genitori con l’aiuto della psicologia

Top 5 peggiori mamme Disney e Pixar

5. Imelda Rivera (Coco)

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Mamá Imelda ha dalla sua il fatto di essere stata una donna forte e indomita, matriarca indiscussa e temuta di un’intera famiglia di calzolai che, a distanza di generazioni, ancora la rispetta e la stima. Tuttavia Imelda sfrutta questa sua aura di autorevolezza per imporre ai discendenti il proprio stile di vita, improntato all’odio per la musica a seguito dell’abbandono da parte del marito Héctor, partito in tournée come chitarrista e mai più tornato.

Imelda soffre per la vita – e anche oltre la vita – di un trauma mai risolto che la porta a chiudersi a qualsiasi visione che non corrisponda con la sua. Seppur profondamente ferita, però, abusa dei suoi discendenti per generazioni, imponendo la sua volontà su tutti gli eredi. La sua autoritaria tendenza al controllo viene esercitata persino nei confronti del pronipote Miguel che, ritrovatosi nell’oltretomba in circostanze misteriose, ha bisogno della benedizione di un antenato per tornare al mondo dei vivi prima di dissolversi: Imelda accetta di dare la sua benedizione al ragazzino solo se rinuncerà per sempre al suo sogno di fare il musicista.

Similmente a quanto accade con Alma in Encanto, la redenzione di Imelda arriva dopo oltre un secolo di dinamiche familiari tossiche e, seppur assolta sul piano delle buone intenzioni, non si può non tener conto del fatto che ha condannato i propri cari, e in particolare sua figlia Coco, a vivere sopprimendo il ricordo di un padre e le proprie individuali passioni. Un monito del fatto che, per quanto motivate e profondamente sentite, le nostre scelte non sono necessariamente quelle giuste per i nostri figli.

4. Ming Lee (Red)

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Definizione stessa di madre elicottero, Ming Lee incarna lo stereotipo della genitrice asiatica tanto popolare in molte serie TV e teen drama. Ming pretende la perfezione imponendo la sua visione delle cose alla figlia adolescente Mei, che è costretta a tener nascosti i propri interessi, le proprie amicizie e la sua prima cotta per un ragazzo, temendo l’intrusione di Ming nella sua vita privata. Red è, in un certo senso, un vero e proprio coming of age tale – non è un caso che le donne della famiglia Lee ottengano i poteri di un panda rosso quando diventano mature – nel quale lo scontro generazionale è rappresentato con dolorosa precisione.

Ming rifiuta di accettare che sua figlia stia sviluppando una propria personalità e la tratta come una bambina incapace di pensare per sé, non la ascolta, ridicolizza i suoi interessi e arriva addirittura a umiliarla davanti ai compagni di scuola senza neppure far caso alla profonda vergogna che ha causato alla ragazza.

Seppur in questo caso assistiamo a un miglioramento sul finale della storia, Ming giunge a una nuova consapevolezza di sé soprattutto grazie agli sforzi e alle decisioni della figlia, dopo un’ostinata reticenza da parte sua che, se assecondata, avrebbe portato Mei a vivere una vita soffocante in perenne ricerca di quell’impeccabile perfezione imposta in generazioni di donne costrette a sopprimere la propria parte più selvatica e vera.

3. Lady Tremaine (Cenerentola)

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Passiamo ora alle figure genitoriali per le quali non esiste redenzione. Lady Tremaine è forse il primo esempio che ci viene in mente – complice anche il fatto di comparire nel classico Disney più conosciuto in assoluto – quando pensiamo alla profonda contrapposizione tra madre e matrigna nei lungometraggi che hanno fatto la storia della casa di produzione.

Sposata in seconde nozze dal padre di Cenerentola, la donna non nasconde mai il disprezzo che prova per la ragazza, alimentando una malsana competizione tra la protagonista della storia e le due sorellastre, nate dal suo precedente matrimonio. Lady Tremaine tratta Cenerentola come una sguattera alla quale non è concesso alcun sollievo o svago, la sminuisce e la mortifica – dimostrando, tra le altre cose, di tenere ben poco in conto gli affetti del marito, che è pur sempre il padre della ragazza – arrivando a rinchiuderla nella sua stanza per impedirle di riscattarsi sposando il Principe del reame.

Un vero sfoggio di cattiveria gratuita che, per quanto carica di significati allegorici, non trova in alcun modo giustificazione.

2. Grimilde (Biancaneve)

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Invidiosa, spietata, semplicemente malvagia, Grimilde è il personaggio che ha coniato la definizione stessa di matrigna cattiva. Sebbene compaia sullo schermo per pochissimo tempo, le sue azioni fanno da catalizzatrici per la storia a partire da quando, sentendosi minacciata dalla bellezza della figliastra Biancaneve, ordina a un cacciatore di ucciderla nel bosco e portarle il suo cuore come prova. Quando il piano fallisce e Biancaneve riesce a salvarsi grazie all’ospitalità di una famiglia di nani, Grimilde assume magicamente le sembianze di una vecchina e offre alla ragazza una mela avvelenata che la fa cadere in un sonno di morte.

Significati allegorici a parte, è evidente quanto il rapporto tra la Regina e la sua figliastra non si regga su alcun tipo di legame emotivo. Sebbene il finale del personaggio sia stato notevolmente edulcorato nella versione Disney rispetto alla fiaba originale dei fratelli Grimm, Grimilde resta una delle madri immaginarie più temibili e pericolose nella storia dell’animazione.

1. Madre Gothel (Rapunzel)

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Può esserci qualcosa di peggio che ordinare l’uccisione della propria figlia adottiva? Basta osservare l’operato di Madre Gothel per rendersi conto di quanto un rapporto tossico con il proprio caregiver possa influire sulla personalità di un individuo, portandolo a dissociarsi dalla realtà. Madre Gothel mette in atto, nei confronti di Rapunzel, un sapiente e logorante processo di manipolazione le cui dinamiche sono perfettamente assimilabili a quelle del gaslighting, analogamente a ciò che Frollo fa con Quasimodo ne Il gobbo di Notre Dame.

Dopo aver rapito Rapunzel ancora neonata, allo scopo di utilizzare per sé il potere di donare l’eterna giovinezza che la piccola possiede, Gothel la cresce in totale isolamento in una torre, convincendola che il mondo è un luogo pericoloso e che lei soltanto può tenerla al sicuro. Questo suo processo di conquista della fiducia della ragazza, però, non si basa soltanto su una demonizzazione del mondo esterno e delle altre persone, ma anche e soprattutto su un continuo sminuire le doti e gli interessi di Rapunzel, che negli anni si convince di essere debole, incapace di badare a se stessa, poco intelligente e poco bella. Iconica, in tal senso, è la sequenza grafica nella quale Rapunzel accende una serie di candele per illuminare le stanze della torre, con Madre Gothel che le spegne una per una subito dopo il suo passaggio.

Quando la ragazza riesce a fuggire dalla torre per realizzare il suo sogno di partecipare a un festival annuale cui ogni anno assiste dalla finestra, Gothel si rende conto che potrebbe perdere il suo ascendente su di lei e non si fa scrupolo di assoldare criminali professionisti per ritrovarla e riportarla alla torre, anche a costo di ferirla nel profondo convincendola che i suoi nuovi amici volevano in realtà solo approfittarsi di lei.

Atra motivazione che rende Gothel più temibile rispetto a Grimilde è il suo essere spaventosamente plausibile: non siamo davanti a un supervillain dall’anima nera che, più spesso che mai, è in qualche modo metafora di altri significati, ma assistiamo ad azioni e schemi di pensiero verosimili, messi in atto da una persona astuta, non differente da molti personaggi tossici e abusanti che potremmo incontrare davvero.

Niente di peggio di un genitore opportunista, manipolatore e privo di empatia: Madre Gothel è la vincitrice indiscussa del trofeo Peggior madre dell’anno.

Leggi anche: Genitori narcisisti, proprio come Cersei Lannister in Game of Thrones

Top 10 migliori mamme Disney e Pixar da cui lasciarsi ispirare

10. Mrs Jumbo (Dumbo)

mamme disney dumbo

La storia del prodigioso elefantino volante è attualmente considerata uno dei classici Disney più controversi, a causa della stereotipata rappresentazione di alcune minoranze etniche e dell’allusione all’uso di allucinogeni nell’inquietante quanto geniale sequenza dei rosafanti. Al di là di discriminazioni e antiquati elitarismi, c’è un aspetto del film che resta incontaminato e gonfio di tenerezza: il rapporto tra Dumbo e sua madre.

Mrs Jumbo è un’elefantessa impiegata in un circo che, all’inizio della storia, riceve da una cicogna il suo tanto atteso cucciolo. Il piccolo ha però un difetto peculiare: le sue orecchie sono sproporzionatamente grandi, e questo lo rende goffo nei movimenti e presto oggetto di scherno da parte degli altri elefanti e del direttore del circo, che decide di utilizzarlo come clown.

In un contesto sociale dove il piccolo Dumbo è emarginato e deriso da tutti, soltanto sua madre lo ama incondizionatamente e si espone per proteggerlo a qualunque costo. Questo porterà l’elefantessa ad aggredire uno spettatore che si faceva beffe del piccolo, finendo confinata in una gabbia. La sequenza in cui Dumbo riesce, dopo molte peripezie, a ricongiungersi per qualche minuto – solo il tempo di una ninna nanna – con sua madre ci ha regalato uno dei momenti più commoventi della storia dell’animazione.

9. Peggy (La carica dei 101)

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Con le sue movenze raffinate e il suo modo di fare pacato e riflessivo, Peggy ha conquistato il cuore del suo amato sin dal primo istante. Dopo aver messo al mondo ben quindici piccoli, poi, ha tirato fuori anche un lato combattivo e determinato, tipico di una madre che non permette a nessuno di far del male ai suoi adorati cuccioli.

Il suo arco narrativo è simile a quello di Duchessa ne Gli Aristogatti: da raffinata madre che vive una vita agiata e si occupa di educare i piccoli impartendo loro l’educazione e il buon comportamento, si ritrova coinvolta in un’oscura storia di tradimenti e criminalità nella quale dovrà riuscire a tornare a casa con la sua famiglia al seguito.

Il punto a favore di Peggy e Duchessa è la determinazione che le due mamme impiegano nel salvare i propri piccoli a ogni costo. Sebbene entrambe soffrano dei pregiudizi tipici del periodo in cui sono state disegnate – i piani più brillanti e i salvataggi più rischiosi restano in ogni caso appannaggio degli uomini – le due non sono certo tipe da starsene con le mani in mano quando le cose si mettono male!

8. Elinor (Ribelle – The brave)

mamme pixar elinor ribelle

Il rapporto conflittuale tra la regina di Scozia e sua figlia Merida è il punto focale della trama di uno dei più amati lungometraggi Pixar. Elinor è una regina ligia al dovere, che cerca di tramandare a sua figlia i valori della tradizione e il codice di comportamento confacente a un reale, scontrandosi con il desiderio di Merida di essere indipendente e tracciare una sua strada. Per come ci viene presentato, quindi, il rapporto tra Merida ed Elinor non è molto diverso da quello tra Mei e Ming: abbiamo una madre che cerca di imporre la sua visione delle cose alla figlia, costringendola a sopprimere la sua identità in nome di più alti valori.

Perché, allora, Elinor è finita in questa lista mentre Ming è stata ‘bocciata’? Perché è evidente sin dall’inizio che Elinor si pone, nei confronti dell’educazione dei suoi figli, in maniera diversa, con più apertura all’ascolto. Sebbene insista nell’imporre etichetta e buoncostume a una ragazza che vorrebbe solo essere libera, Elinor non è sorda ai desideri di Merida, non dà per scontato di sapere cosa è meglio per lei, è consapevole che ognuno abbia i propri sogni e, seppur continuando a credere nella tradizione, si rende conto del sacrificio che sta chiedendo alla figlia e ne soffre il senso di colpa.

Quando Ming rende pubblica l’infatuazione di Mei per un ragazzo, non si rende minimamente conto dell’umiliazione che sua figlia ha subito e resta convinta di averla protetta da un mondo ingrato. Quando Elinor, in uno scatto di rabbia, getta l’arco di Merida nel fuoco, capisce immediatamente di aver superato un limite e si pente all’istante del suo errore. Con queste premesse, è facile aver fiducia nella sua redenzione, che difatti è molto più valida rispetto a quella raccontata in Red.

Nel momento in cui regina e principessa si ritrovano da sole contro un maleficio da spezzare, Elinor non si limita a subire le conseguenze delle azioni di Merida, ma lavora insieme a lei per cambiare le cose, arrivando anche a rischiare la sua vita in prima persona per proteggere la figlia. Per questi motivi, la loro riconciliazione è emotivamente e narrativamente più soddisfacente e ci permette di essere fiduciosi che il cambiamento avvenuto nel cuore delle due donne sarà effettivamente duraturo.

7. Jill Anderson (Inside Out)

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Il rapporto tra Riley e i suoi genitori in Inside Out ci mette di fronte a dinamiche familiari allegre e leggere, con due genitori che incoraggiano la figlia a seguire le proprie passioni e la supportano nel suo essere ironica e un po’ goffa senza mai farla sentire inadeguata o ridicola. Il conflitto presente nella storia nasce da un periodo di stress a seguito di un cambio di città e di abitudini che mette a dura prova la capacità di Riley di vedere sempre il lato positivo delle situazioni.

Il modo in cui Jill si rapporta alla figlia preadolescente è basato sull’osservazione e sul dialogo: la donna si rende facilmente conto del fatto che Riley stia vivendo un tormento interiore di qualche tipo, e per questo cerca di aiutarla a trovare qualcosa di familiare anche nel nuovo contesto – come le selezioni per la squadra di hockey locale o una vicina pizzeria – cercando di rassicurare la figlia che le cose si sistemeranno.

Il che è la rappresentazione di un notevole sforzo di empatia, considerato che la storia si svolge nei giorni più problematici del trasloco, quando c’è da star dietro a pratiche burocratiche, stress e imprevisti, oltre che alla rielaborazione delle proprie routine quotidiane. È particolarmente sul finale che vediamo quanto il legame tra madre e figlia sia solido: sebbene Riley sia considerata il raggio di sole della famiglia, Jill si rende conto che in quel momento ha bisogno di concedersi alla tristezza per non diventare un’adulta incapace di vivere le proprie emozioni. Come madre empatica e comprensiva, accoglie il dolore della figlia come parte della vita, senza pretendere di imporre una visione positiva, che in un contesto del genere sarebbe tossica, né sminuire il momento di profondo disagio che sta vivendo.

6. Eudora (La principessa e il ranocchio)

principesse disney tiana eudora

Anche tra le principesse Disney più forti e determinate, Tiana rappresenta un’eccezione. Non solo non è alla ricerca di un uomo che la completi – caratteristica che condivide con quasi tutte le principesse dell’epoca moderna – ma neppure sogna di vivere avventure fantastiche o diventare un’eroina per il suo popolo: tutto ciò che vuole è lavorare sodo e rendersi indipendente. E non ce l’avrebbe mai fatta senza il supporto di sua madre. Nonostante la donna abbia un ruolo marginale nel film, la sua influenza sullo sviluppo di Tiana è fondamentale.

Eudora è, sin dall’inizio, un agente mitigante che riesce ad addolcire la caparbietà della figlia, ricordandole che al mondo esistono anche i rapporti umani oltre al lavoro. E tuttavia, da brava ascoltatrice, la donna si rende conto che la luce interiore di Tiana si nutre proprio del suo desiderio di diventare una professionista affermata, e che alla base del suo rimboccarsi le maniche c’è la stessa passione che alimenterebbe qualsiasi sogno avventuroso o poetico.

Con tanto supporto incondizionato e una buona dose di ironia, Eudora è una figura di sostegno che permette a Tiana di superare la morte del padre, diventare una donna forte e tracciare una strada nel suo mondo.

5. Nani Pelekai (Lilo e Stitch)

nani lilo e stitch

Pur essendo in realtà sua sorella maggiore e non sua madre, Nani è di fatto l’unica figura genitoriale nella vita della piccola Lilo, oltre che sua tutrice legale. A onor del vero, gli sforzi di Nani per garantire una vita meno problematica possibile alla sorellina sono evidenti soprattutto a un occhio adulto: se da bambini avevamo empatizzato con Lilo, trovando Nani pedante e boriosa, da adulti non può che spezzarcisi il cuore nel vedere come la maggiore delle sorelle Pelekai si barcameni in ogni modo per proteggere Lilo da una riallocazione ad opera dei servizi sociali ancora più traumatica, e in tutto ciò elaborare anche il suo lutto.

Rimaste orfane, le due sorelle hanno potuto far affidamento soltanto l’una sull’altra per andare avanti, e Nani non si è mai tirata indietro, facendosi carico del benessere di una bambina indifesa e accettando anche il fatto che Lilo non sia in grado di comprendere l’entità del suo sacrificio, cosa che la porta a disconoscere l’autorità della sorella come caregiver, mettendole spesso i bastoni tra le ruote. Una vita vissuta in nome di un amore incondizionato che non va alla ricerca di riconoscimenti ma solo di coesione e condivisione.

Leggi anche: Parentification: quando i figli si prendono cura dei genitori

4. Mrs Bric (La Bella e la Bestia)

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Cuore dello strampalato gruppo di personalità che abita il maniero della Bestia, abilissima organizzatrice di banchetti trionfali e dispensatrice di consigli sulla vita, l’amore e tutto quanto, Mrs Bric non è solo la mamma di Chicco, ma dell’intera servitù del castello. Non c’è da stupirsi, quindi, che finisca con il diventare una figura materna anche per la Bestia e per Belle.

Col suo polso saldo, allenato in anni di esperienza come capo della servitù, e un’incrollabile fiducia nel futuro nonostante la situazione diventi ogni giorno più problematica, Mrs Bric incarna tutte le virtù di una supermamma dell’era moderna: è empatica e supportiva ma allo stesso tempo decisa, ha sempre un orecchio pronto ad ascoltare ma non tollera uscite di testa, e riesce a guidare i due protagonisti alla scoperta di qualità che essi ignorano l’uno dell’altra.

Se è vero che Lumière e Tockins sono spesso i fautori delle trovate più geniali nella storia, è Mrs Bric a ispirare le persone – e gli oggetti intorno – a essere la miglior versione di se stesse, ed è la sua voce a suggellare il momento in cui i due protagonisti riescono finalmente a vedersi al di là delle maschere che indossano. Senza il suo supporto, la permanenza di Belle nel castello della Bestia sarebbe stata molto più miserabile, con conseguenze facilmente immaginabili per quell’happily ever after che tanto ci ha commossi.

3. Kala (Tarzan)

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È una madre adottiva a salire per prima sul podio delle mamme Disney e Pixar da cui farsi ispirare. Come Nani, Kala accetta di accogliere un essere indifeso come figlio suo, facendosi carico di tutto ciò che questo comporta. Ma, se Nani è pur sempre legata a Lilo da un vincolo di sorellanza, Kala sceglie di adottare il neonato Tarzan pur non avendo motivo di farlo.

Il suo è un amore incondizionato che non chiede altro che amare, e viene da lei vissuto nonostante i rischi che questa scelta comporti: Kala sa bene che il cucciolo d’uomo non è un gorilla e che, anzi, è potenzialmente pericoloso per il branco, ma in lui vede soltanto una creatura vulnerabile e sola che ha bisogno di essere protetta.

Difatti, Kala si batterà per l’accettazione di Tarzan fino all’ultimo, insegnandogli a comunicare con le altre scimmie e a vedere in sé i tratti che ad esse lo accomunano anziché porre l’accento su come le due specie sono diverse. Una storia di devozione innocente, ricca di sottotesti e riflessioni sulla natura dell’amore e sul legame con i propri simili e con l’ambiente, che non sarebbe mai stata scritta senza la compassione mostrata da una femmina di gorilla per un cucciolo rimasto orfano.

2. Laurel Lightfoot (Onward)

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Lutto, supporto e accettazione: nonostante le ambientazioni fantastiche e i personaggi sopra le righe, Onward racconta della necessità del giovane elfo Ian di imparare a lasciar andare l’idealizzazione di un passato ormai finito e accogliere il presente. Cosa che non avrebbe mai potuto fare senza gli insegnamenti di sua madre Laurel. La donna ci viene presentata come una mamma spumeggiante e dinamica, che si dedica all’esercizio fisico ogni mattina e gestisce due figli quasi maggiorenni e un secondo marito dalle proporzioni… problematiche per la stabilità dell’abitazione familiare, ma nella sua storia c’è un intero sottotesto di non detti dai quali possiamo capire quanta forza d’animo si nasconda dietro una donna che all’apparenza ama soprattutto scherzare e sentirsi leggera.

Laurel è rimasta vedova quando suo figlio minore Ian era ancora un infante, ciò vuol dire che ha dovuto elaborare un lutto devastante facendo in modo che i figli non ne restassero emotivamente traumatizzati. Non solo: è riuscita a instaurare con i propri ragazzi un rapporto molto sano, fondato sulla comprensione, senza alcuna imposizione dei propri punti di vista e senza la tendenza – tipica dei genitori che non accettano la fase di ribellione adolescenziale dei propri piccoli – a metterli in imbarazzo davanti ai loro pari.

È evidente che Laurel ha imparato dal dolore l’importanza di accettare i limiti e le vulnerabilità propri e delle altre persone, e questo le ha permesso di diventare una madre in grado di dare ai propri figli lo spazio di cui necessitano – come nel caso del maggiore Barley, che sta vivendo l’anno sabbatico più lungo della storia – o dell’insicuro Ian, che si chiede come sarebbe stata la sua vita col suo padre biologico accanto.

Tuttavia, da brava tutrice, il fatto che Laurel lasci i figli liberi di vivere i propri spazi non vuol dire che perda di vista il loro benessere: quando i due si avventurano alla ricerca di una gemma che potrebbe permettere a Ian di incontrare lo spirito di suo padre, non sanno che anche lei si è imbarcata in un’avventura altrettanto rocambolesca per essere certa che non si caccino nei guai.

Insomma, le madri che fanno un buon lavoro a volte si muovono dietro le quinte.

1. Helen Parr (Gli Incredibili)

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Si dice che le mamme abbiano i superpoteri. Helen Parr incarna questo modo di dire a un livello superiore, e non solo metaforicamente!

Perché sì, Helen è letteralmente una supereroina con un corpo in grado di estendersi come gomma, sposata con un supereroe dotato di superforza e con tre superfigli i cui poteri riflettono le rispettive personalità. E, se gestire un padre depresso dal proprio lavoro e tre figli scalmanati è estenuante, immaginate cosa possa voler dire dover fare anche in modo di nascondere al mondo le identità familiari di eroi.

Ciononostante, quello che rende Helen Parr una supermamma non è la sua identità segreta come Elastigirl, né il modo in cui protegge i figli utilizzando il suo stesso corpo – estensibile, ma pur sempre il suo corpo – per salvarli dai danni di una rovinosa caduta, ma la sua capacità di rapportarsi a loro in maniera estremamente sana.

Difatti Helen è in grado di comunicare con ciascuno di loro nella maniera più congeniale: il modo in cui si rapporta all’insicura adolescente Violetta non è lo stesso che utilizza per comunicare con l’incontenibile Flash, e ancora differente è l’approccio che utilizza con il figlio minore Jack Jack.

Helen non compie l’errore di utilizzare uno stile genitoriale standardizzato che non tenga conto delle differenze caratteriali tra i figli, relegandoli allo status di creature cui impartire insegnamenti e basta. E, sebbene questa sua abitudine sia emotivamente estenuante, è proprio ciò che permette ai ragazzi di imparare a gestire i propri tormenti interiori e di conseguenza i propri poteri.

Il vero superpotere di Helen è la sua capacità di riconoscere le individualità dei figli e dar loro fiducia e spazio per trovare se stessi e crescere, e per questo si guadagna il trofeo di Miglior mamma dell’universo Disney e Pixar.

Leggi anche: Come far durare un matrimonio: 7 esempi pratici da Gomez e Morticia Addams

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