L’incerto futuro climatico italiano: addio a neve, spiagge e temperature miti

Entro la fine del secolo potrebbe non esistere più il Bel Paese celebrato (e invidiato) da tutto il mondo: ecco come cambierà il meteo italiano.

Enrica Vigliano
Enrica Vigliano
Enrica Vigliano, romana per adozione. Lavora nel mondo dell’arte e della comunicazione di eventi, dopo gli studi di Archeologia e di Business dei beni culturali. Adora parimenti la matematica e la grammatica, avendo una predilezione per le parole crociate e per la vita all’aperto.
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Le prospettive preannunciate dal vertice internazionale Cop26 non sono tra le più rosee, soprattutto per quanto riguarda il futuro climatico italiano.

Alla luce dei dati emersi dalle due settimane di trattative che hanno infiammato Glasgow con tanto di apertura straordinaria, causa un giorno di ritardo sui lavori e mancati accordi tra superpotenze, il quadro climatico ed economico del prossimo futuro si tinge di tonalità grigiastre e non esattamente brillanti.

Grigie come il carbone, ancora il combustibile più ambito e utilizzato nell’industria energetica e non, grigie come la faccia del presidente della Conference of Parties Alok Sharma che annuncia un testo parzialmente annacquato sulla transizione energetica a causa di un colpo di mano da parte degli membri orientali che hanno rilanciato per un certo periodo le fonti fossili, grigie, ancora, come il paesaggio desertico e apocalittico che potrebbe diventare il prossimo scenario della vita sulla terra se il riscaldamento globale non fosse contenuto entro i 2°C auspicati da trattati e accordi.

Addio Bel Paese, il futuro climatico italiano prevede siccità e piogge

Futuro climatico italiano

E l’Italia? Potrebbe perdere il suo appellativo più poetico, quel Bel Paese tanto ammirato e invidiato dai turisti di tutto il mondo, e insieme a esso il suo clima mite, i suoi paesaggi intrisi di natura e storia che si sono legati per secoli nell’immaginario collettivo a una cultura fatta di solide semplicità – la terra, i campi, il buon cibo, l’agricoltura –  e fortunati scorci indimenticabili – i mari, i monti, i laghi, le colline, le valli.

Sì, perché di questo passo, le coste e le cittadine rivierasche saranno battute da mari agitati e sempre più insidiosi, con stime che prevedono un innalzamento dei livelli delle acque compresi tra i 50 cm del Tirreno e gli 80 dell’Adriatico entro la fine del secolo.

E mentre il Sud della penisola soffrirà ancora di più il caldo e la siccità, al contrario il Nord assumerà un meteo più simile a quello continentale delle città europee interne, caratterizzato da piogge incessanti e lunghi inverni.

Addio al mare, sì, ma anche alla montagna: il caldo potrebbe sciogliere i ghiacciai perenni, mentre le precipitazioni a carattere nevoso si ridurrebbero drasticamente, tagliando fuori l’Italia dai circuiti sciistici privilegiati.

Il rapporto sul futuro climatico italiano

Futuro climatico italiano

Secondo le anticipazioni del rapporto sul cambiamento climatico e sui suoi effetti sulle regioni italiane, commissionato dal Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili Enrico Giovannini al team di esperti capitanato dall’economista di Ca’ Foscari Carlo Carraro, gli scenari probabili non sono affatto incoraggianti.

Entro la fine dell’anno dovrebbe uscire il testo integrale con le indicazioni area per area, ma il quadro generale delinea un’Italia completamente diversa da quella a cui siamo abituati sia nel breve che nel medio periodo.

Già dal 2030, infatti, pur restando al di sotto del tetto di +2°C, estati calde, anzi caldissime, torride e asfissianti costringeranno la maggior parte degli italiani a rinchiudersi per lunghi periodi in casa, con un aumento di temperatura dell’1,1% sulle medie stagionali.

Sicilia e Calabria saranno colpite dalla siccità derivante da una riduzione delle precipitazioni pari al 9% rispetto a quelle attuali, con conseguenze disastrose per agricoltura, animali e vegetazione.

Nel 2050 la situazione potrebbe persino peggiorare, qualora non si raggiungesse l’obiettivo delle emissioni zero e l’aumento della temperatura globale sfiorasse i 3°C: le due regioni più a sud d’Italia soffrirebbero del -14% di fenomeni atmosferici, seguite a ruota da quelle del centro, mentre la tendenza al Nord sarebbe di verso completamente opposto, con un intensificarsi dei rovesci compreso tra il +9 e il +12%.

Turismo a rischio, se cambia il clima

Una crisi climatica quella preannunciata che avrebbe un impatto devastante anche sull’economia italiana, basata per una grossa fetta sul turismo: l’abbandono dei porti turistici, la chiusura degli impianti sciistici, la rovina di città d’arte e di storia, la sofferenza dell’agricoltura e dei prodotti che hanno reso celebre l’Italia nel mondo segnerebbero la fine di una lunga età dell’oro.

Un esempio tra tutti? Venezia, secondo le proiezioni, potrebbe infine affondare o essere evacuata entro la fine del secolo e con essa la storia, la gloria e il fascino di una città unica al mondo.

Leggi anche: Addio Maldive, sott’acqua fra meno di un secolo

Rinnovabili, rinnovabili e ancora rinnovabili

Non tutto sarebbe perduto se alla transizione energetica fosse data la spinta giusta: quella delle fonti energetiche rinnovabili.

Gli italiani sono sì dei grandi produttori di anidride carbonica, circa 5 tonnellate pro-capite all’anno, ma non sono messi poi così male, se si considerano le 19 di un americano.

Si può e si deve migliorare e la soluzione è dietro l’angolo, se solo si lavorasse per renderla accessibile a tutti: la rivoluzione deve necessariamente partire dal basso, limitando i consumi, preferendo una mobilità ecologica alla schiavitù della macchina, eleggendo una dieta sana e bilanciata povera di alimenti processati, ma soprattutto, ove possibile, passando a un sistema energetico di autoproduzione e consumo basato sull’energia solare, eolica o geotermica.

Basti pensare che un’indagine del 2019 aveva provato che se tutte le villette degli italiani avessero montato all’epoca un impianto fotovoltaico da 3-4kW, si sarebbe coperto ben il 13,5% del fabbisogno nazionale di energia elettrica equivalente al 65% di quello domestico, rimpiazzando una decina di centrali elettriche alimentate a carbone o a gas naturale.

Leggi anche: L’Italia deve tagliare le emissioni del 92% entro il 2030

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