Dieta vegetale per salvare il mondo, lo studio della NY University

Ridurre l'impatto ambientale è possibile. La miglior arma? il cibo. Dati scientifici confermano che cambiare regime alimentare e scegliere la dieta vegetale salverebbe il nostro pianeta.

Asia Solfanelli
Asia Solfanelli
Intraprendente e instancabile penna, poliglotta, appassionata lettrice e avida viaggiatrice. Sviscerata amante del cinema. E ultimo, ma non per importanza, eterna studiosa, perché non si finisce mai d’imparare.
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Dieta vegetale contro il cambiamento climatico. Se il contenimento dei combustibili fossili, strategie bioingegneristiche e di riforestazione non risultano efficaci contro il surriscaldamento globale, almeno nel breve tempo che ci è rimasto, lo studio pubblicato dalla New York University su Nature sustainability ci rassicura e ci offre una soluzione alla portata di tutti: mangiare verdure. Il nostro regime alimentare ha un impatto sul nostro ecosistema di gran lunga maggiore di quel generalmente si pensa.

Perché la dieta vegetale?

Dieta vegetale contro il cambiamento climatico, lo studio della New York Univerisity.

Seguire una dieta base di lenticchie e fagioli, verdure, semi come mandorle e nocciole significa soddisfare appieno il nostro fabbisogno, garantendo al nostro organismo tutte le sostanze di cui ha bisogno. Ma non solo. Rinunciare a carne e latticini consentirebbe di liberare molti terreni oggi dedicati all’allevamento, molti acri da destinare a ecosistemi capaci di assorbire CO2.

Tradotto in cifre: più piante uguale a 332 fino a 547 gigatonnellate in meno di anidride carbonica, ovvero una probabilità del 66 per cento di contenere l’innalzamento della temperatura a 1,5 gradi e oltre. Gli obiettivi dell’accordo di Parigi non sembrano più irraggiungibili e la riduzione dei gas serra possibile.

Leggi anche: Impronta ecologica, come alleggerire l’impatto della nostra vita sulla natura

L’impatto della nostra dieta sul mondo

Secondo i dati riportati su Nature sustainability, a seconda del nostro regime alimentare, si prospettano tre scenari in relazione al consumo di suolo. Mentre il primo, in relazione a una dieta generica, libererebbe solo 86 gigatonnellate di CO2, lasciando comunque la domanda insoddisfatta, il secondo, rispetto a una dieta con il 70 per cento in meno di carne, riuscirebbe a raggiungere 332 gigatonnellate. Il dato più significativo però è l’ultimo: mangiando vegano potremmo ridurre la quantità di CO2 fino a 547 gigatonnellate.

Almeno l’83 per cento delle terre agricole, fatte di foreste e vegetazione spontanea, dovrebbero essere scoperchiate per far posto a una produzione animale sufficiente al nostro fabbisogno. Ma non sradicare questi meravigliosi ecosistemi implicherebbe due grandi vantaggi: meno gas e più capacità di assorbimento dell’anidride carbonica.

Sì dieta vegetale, no ai prodotti animali

Contro l’infondata teoria che non avremmo abbastanza spazio per sopravvivere alimentandoci di prodotti animali, lo studio di New York evidenzia che, invece, riducendo i terreni destinati all’agricoltura, potremmo garantire fino a 78 grammi di proteine a persona. Tenuto presente che il fabbisogno, in media, è di 49 grammi, il dato è tutt’altro che negativo.

Tuttavia, animali e derivati hanno un’alta impronta ecologica, non solo producono, ma consumano e, in termini di CO2, costano fino 152,5 gigatonnellate. Ne risulta che il modo più semplice e più economico per ridurre l’impatto ambientale è quello di lasciare alla natura le sue radici, assicurando l’incolumità di foreste e di gran parte della vegetazione. Tra i benefici, da menzionare, una maggiore quantità e qualità d’acqua, la biodiversità e la possibilità di lasciar in vita molti animali selvatici.

Leggi anche: Coronavirus, Brian May: “Mangiare animali ci ha messo in ginocchio”

Cambiamento climatico, perché non abbiamo ancora soluzioni

Le soluzioni sinora proposte per ridurre, con prontezza, i gas serra si sono presentate piuttosto complicate e soprattutto con effetti a lungo termine. Limitare i combustibili fossili sembra quasi impossibile. La riforestazione sta procedendo in molte aree e, seppur capace di consentire l’assorbimento di CO2 in gran quantità, non è di fatto esente da problematiche, come quelle legate alla biodiversità e all’acqua, per cui si necessiterebbe un vero e proprio intervento e progetto naturalistico, quindi tempo oltre che acri e acri di suolo libero.

E mentre le tecniche bioingeneristiche e la fertilizzazione degli oceani sembrano ancora strategie troppo rischiose, visto che non ne conosciamo gli effettivi risvolti, anche il massiccio impiego di fonti ed energie rinnovabili non sembra garantire quel contributo sperato in vista dei target di Parigi.

Vegani per il pianeta di domani? Qualche modifica alla dieta mediterranea

Dieta vegetale oggi per il pianeta di domani

Malgrado la criticità del quadro, oggi i dati scientifici documentano che esiste ancora una via d’uscita e sta a noi scegliere se imboccarla o meno: cambiare cibo, scegliere di mangiare vegano, o almeno farlo il più possibile. Wikipedia ci fornisce una definizione di dieta mediterranea su cui si dovrebbe riflettere:

una proporzione che privilegia cereali, frutta, verdura, semi, olio di oliva (grasso insaturo), rispetto ad un più raro uso di carni rosse e grassi animali (grassi saturi), mentre presenta un consumo moderato di pesce, carne bianca (pollame), legumi, uova, latticini, vino rosso, dolci.

Uno sguardo attento, e allo stesso tempo preoccupato per ciò che realmente ci si prospetta, si renderebbe conto che le variazioni implicate non sarebbero poi così drammatiche. Con curiose sperimentazioni culinarie si potrebbe persino inventare qualcosa di nuovo. Ci viene comunque chiesto di consumare cibi buoni e nutrienti, troppo? Il futuro del pianeta è nelle nostre mani, o meglio, nelle nostre pance.

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