Gli ostacoli alle rinnovabili in Italia: il rapporto di Legambiente

Tra disinformazione e labirinti burocratici di autorizzazioni, il Bel Paese stenta ad avviare i programmi per l'energia pulita: ecco la mappa delle difficoltà.

Enrica Vigliano
Enrica Vigliano
Enrica Vigliano, romana per adozione. Lavora nel mondo dell’arte e della comunicazione di eventi, dopo gli studi di Archeologia e di Business dei beni culturali. Adora parimenti la matematica e la grammatica, avendo una predilezione per le parole crociate e per la vita all’aperto.
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Legambiente ha pubblicato il rapporto Scacco alle fonti rinnovabili in cui sono illustrati i principali impedimenti e ostacoli alle rinnovabili in Italia.

Tra burocrazie e vincoli paesaggistici, il dedalo di cavilli e leggi che impediscono a oggi lo sviluppo delle fonti ecosostenibili nel nostro paese costituisce il principale problema da affrontare per dare avvio a una serie di progetti, approvati ma in sospeso, che fornirebbero all’Italia energia pulita e a basso costo.

La corsa ad ostacoli verso gli obiettivi energetici

Il tempo stringe, le cifre sono inclementi, il danno nelle tasche degli italiani si fa sempre più evidente: entro il 2030 dovremmo raggiungere quota +70GW di rinnovabili – ossia +9 GW all’anno – da qui per non incorrere nelle sanzioni dell’Unione Europea che ha imposto per tale data una riduzione delle emissioni del 55% rispetto a quelle del 1990.

Gli ostacoli alle rinnovabili spaziano da quelli amministrativi, con il ritardo atavico nel rilascio delle autorizzazioni, a quelli inerenti la discrezionalità delle procedure, dalle norme regionali e territoriali non univoche, ai blocchi delle sovrintendenze paesaggistiche e culturali.

Troppe regole, troppe dilazioni, troppe procedure, troppi rinvii: ma la decarbonizzazione – e le imprese che si impegnerebbero a compierla – non dispongono né del tempo né dei mezzi necessari per far fronte alla macchina burocratica, che si inceppa continuamente e senza motivo.

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Cosa c’è e cosa manca

solare, ostacoli alle rinnovabili

Il rapporto di Legambiente mette in evidenza come l’eterogeneità della legge in materia di risorse alternative a quelle combustibili e fossili sia alla radice degli ostacoli alle rinnovabili in Italia.

Nonostante gli sforzi profusi negli ultimi tempi, in primis con il Decreto Semplificazioni, ma anche con le agevolazioni fiscali come il Superbonus 110%, le reticenze e i particolarismi, uniti a una buona dose di fake news e conoscenze frammentarie, frenano lo sviluppo di un settore che non solo aiuterebbe l’ambiente e il raggiungimento degli obiettivi climatici, ma stimolerebbe il mercato del lavoro e dell’industria, ampliando la platea di stakeholders e investimenti necessari per l’implementazione di un nuovo concetto di energia.

Infine, tra gli ostacoli alle rinnovabili che maggiormente impediscono il loro sviluppo, il rapporto segnala una lista dettagliata di richieste pendenti di connessione alla rete rivolte al gestore Terna, per un totale di quasi 110GW a fine 2020.

Leggi anche: Fotovoltaico e lavoro: +22 milioni di impieghi entro il 2050

La mappa degli ostacoli alle rinnovabili

L’iter per l’autorizzazione degli impianti è ancora troppo farraginoso e non univoco a livello nazionale, coinvolgendo a titoli diversi competenze regionali, provinciali o locali: i 20 esempi riportati da Legambiente, dal nord a sud Italia, dimostrano quanta reticenza ancora esista nei confronti dell’energia pulita.

Dal Veneto in cui è stata avanzata una proposta di legge che limiti l’agrivoltaico, fino alla Sicilia, dove il “caos legislativo e di opinioni” sta frenando il progetto dell’impianto a biogas di Pozzallo, passando dall’Abruzzo dove la Giunta regionale ha introdotto una moratoria che sospende l’installazione di impianti eolici e fotovoltaici fintanto che non vengano definite meglio le aree idonee.

NIMBY e NIMTO

Ma gli ostacoli alle rinnovabili non sono solo di natura amministrativa e burocratica, spesso partono da una sfera ben più ristretta e provinciale.

Tra i fenomeni sociali che si accaniscono contro le grandi strutture, come i parchi eolici o gli impianti fotovoltaici estesi, spiccano i cosiddetti NIMBY, Not in My Back Yard – non nel mio giardino – e i NIMTO, Not in My Terms of Office – non durante il mio mandato.

In entrambi i casi si tratta di atteggiamenti – da parte di associazioni e privati cittadini da un lato e di enti territoriali e amministrazioni locali dall’altro – che scoraggiano fortemente l’installazione di strutture permanenti nelle zone di riferimento, a causa della disinformazione e del timore che possano deturpare il paesaggio o scontentare l’elettorato.

Con politiche mirate a incentivare progetti non solo utili ma anche qualitativamente rilevanti, il problema dei nimby e dei nimto potrebbe essere facilmente superato, grazie alla promozione di attività di sensibilizzazione dei cittadini e del loro coinvolgimento in tutte le fasi operative.

Leggi anche: Rincaro delle bollette, solo le energie rinnovabili possono contrastarlo

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Enrica Vigliano, romana per adozione. Lavora nel mondo dell’arte e della comunicazione di eventi, dopo gli studi di Archeologia e di Business dei beni culturali. Adora parimenti la matematica e la grammatica, avendo una predilezione per le parole crociate e per la vita all’aperto.
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