Giornata delle donne nella scienza: “Non private il mondo del loro potenziale”

Tonia Samela
Tonia Samela
Tonia Samela, nata a Potenza nel 1994. Psicologa Clinica e Dottoranda di Psicopatologia del Comportamento, attualmente conduce la sua attività di ricerca a Roma. È attiva nella promozione della salute e nella divulgazione scientifica del sapere psicologico.
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L’11 Febbraio è la Giornata Mondiale delle Ragazze e delle Donne nella Scienza, proclamata dalle Nazioni Unite per promuovere la piena ed equa partecipazione delle donne nelle scienze, e moltissimi sono gli eventi a tema previsti in Italia e nel mondo. Audrey Azoulay, Direttore Generale Unesco, si esprime così in favore della ricorrenza:

Se vogliamo essere in grado di affrontare le enormi sfide del ventunesimo secolo, da quelle tecnologiche ai cambiamenti climatici, dovremo fare affidamento sulla scienza e sulla mobilitazione di tutte le nostre risorse. Il mondo non deve essere privato del potenziale, dell’intelligenza o della creatività delle migliaia di donne vittime di disuguaglianze e pregiudizi profondi.

Come dicevamo, molti sono gli eventi organizzati in Italia, tra cui le iniziative dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, che nei Laboratori Nazionali di Legnaro organizza un seminario dedicato a Marguerite Perey, la donna che alla fine degli anni ’30 ha scoperto l’elemento chimico francio. I Laboratori Nazionali di Frascati, nel Lazio, prevedono un incontro aperto agli studenti, con sette ricercatrici che parleranno del loro lavoro. Leggi anche: VALENTINA SUMINI, ECCELLENZA ITALIANA: “COSTRUIREMO CASE SULLA LUNA”

Solo il 29% dei ricercatori nel mondo è di sesso femminile

I progressi scientifici soprattutto negli ultimi 50 anni sono stati vorticosi, molto più veloci di quanto ci si aspettasse. Molti sono stati anche i cambiamenti dal punto di vista sociale, nonché nella percezione della scienza da parte della società postmoderna. Importanti sono stati anche i cambiamenti dal punto di vista organizzativo e geopolitico nella gestione delle scoperte scientifiche: sempre di più si parla di organizzazioni sovranazionali che hanno come mission quella di aumentare il sapere nelle sue più disparate branche. Nonostante questi mirabolanti cambiamenti, le donne faticano ancora a emergere nel campo della sperimentazione e della ricerca, soprattutto nelle posizioni più alte. La questione della gender equality, in effetti, è vista dall’Onu come una vera e propria emergenza. Per questo motivo, entro il 2030, l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha messo in agenda la necessità di parificare le opportunità tra uomini e donne, anche e soprattutto nel campo delle scienze. In accordo con i dati dell’Unesco Institute for Statistics, solo il 29% dei ricercatori nel mondo è donna. Ma non è solo una questione di percezione sociale e di opportunità su vasta scala. Allora quali sono i motivi per cui esistono molte meno donne ricercatrici che uomini? Leggi anche: LE DONNE CONQUISTANO LO SPAZIO: PRIMA PASSEGGIATA IN ORBITA PER DUE ASTRONAUTE NASA

La scienza dimostra che le attitudini personali non sono legate a fattori biologici

Per molto tempo si è pensato che esistesse una componente individuale, o meglio, biologica in grado di spiegare questo fenomeno. È stato dimostrato invece da ricerche neuroscientifiche che i meccanismi di studio e apprendimento non si differenziano in base al genere ma vengono influenzati dall’ambiente esterno, dal momento che il cervello è estremamente adattivo e malleabile, poiché si è evoluto per millenni al fine di garantire il miglior adattamento possibile all’ambiente. È stato inoltre dimostrato anche che i bambini che spiccano per alte capacità nell’espressione del linguaggio scritto e nelle capacità spaziale ─ cioè la capacità di percepire, agire ed operare utilizzando le coordinate spaziali ─ avrebbero più alte probabilità di eccellere nelle materie scientifiche classiche, o dure, come la fisica, la chimica, la biologia, la matematica e la logica. Di conseguenza il fattore che più sembra fare la differenza non è il genere, bensì lo stile di pensiero e le capacità in determinate aree della conoscenza piuttosto che in altre. Va precisato poi che anche le scienze umane come la sociologia, la psicologia e l’antropologia seguono il metodo scientifico per dimostrare le proprie teorie e, anche in questo caso, a dispetto dell’alto numero di donne iscritte a queste facoltà rispetto agli uomini, anche questa volta, il numero di studiose e ricercatrici di ambito è sfavorevole rispetto alle percentuali di partenza. Molti studi hanno indagato la componente psicologica che potrebbe influenzare l’interesse in alcune materie piuttosto che in altre delle bambine e adolescenti. Nella determinazione dei gusti e delle scelte che tutti i giorni ci troviamo a compiere ci sono in particolare due fattori determinanti: la percezione di sé stessi e l’attitudine personale, entrambi legati comunque alla crescita e all’ambiente circostante. Leggi anche: “NIENTE È IMPOSSIBILE”: PARLA VALERIA CAGNINA, GIOVANE PROMESSA DELLA ROBOTICA

Meno della metà delle famiglie incoraggia le ragazze a perseguire una carriera scientifica

Gli stereotipi di genere propagati dalla società, dai caregiver e dagli altri significativi che maggiormente vengono a galla durante l’infanzia e l’adolescenza sono: “I bambini sono più bravi in matematica e nelle scienze rispetto alle bambine” e “Le scienze e l’ingegneria sono di dominio maschile”. In particolare, il 72% dei ragazzi ritiene di essere dotato in matematica contro il 62% delle ragazze. Inoltre i docenti dedicano ai ragazzi il 20% di tempo in più rispetto alle ragazze nello spiegare problemi di natura matematica. Il 70% dei genitori auspica una carriera scientifica per i ragazzi, contro il 45% dei genitori che stimola le proprie figlie ad intraprendere la carriera scientifica: in genere si investono maggiori risorse economiche nell’alta formazione più per i ragazzi che per le ragazze. Il problema dei pregiudizi infatti è che sono autoalimentanti e tendono ad auto affermarsi nel tempo, secondo un meccanismo di “profezia che si auto adempie” per cui da un lato le donne sono meno incentivate dalla società a intraprendere carriere scientifiche, simultaneamente, aumenta lo scarso interesse nei confronti delle stesse rispetto a questo tipo di carriere, con l’effetto per cui il pregiudizio stesso sembri allora avere fondamento, rinforzandosi ancora di più. Leggi anche: CORONAVIRUS ISOLATO DA UNA SQUADRA DI RICERCATRICI ITALIANE

Abbattere il pregiudizio: il ruolo cruciale della scuola

Sono pertanto necessari strategie ed interventi formativi efficaci per il superamento della segregazione orizzontale e verticale nel mondo della scienza e della tecnologia. In particolare è quanto mai opportuno che la Scuola e l’Università siano consapevoli della presenza di questi problemi e riflettano sul ruolo cruciale che assume la didattica e la comunicazione della scienza sull’immaginario scientifico degli studenti e delle studentesse. Così come la società civile, che ha l’obbligo di fidarsi maggiormente della ricerca scientifica, non solo quella di ambito specifico delle scienze dure, e di contemplare anche la possibilità che le donne possano in questo senso essere una risorsa. In ultimo, la ricerca stessa, per molto tempo sembra infatti che il sapere scientifico si sia avviluppato su se stesso dimenticando come si comunica con i non addetti ai lavori, scollandosi sempre di più dalla realtà, aumentando la diffidenza. Sembra giunto il momento di aprire i laboratori per far sapere a tutti cosa significa fare ricerca scientifica in geofisica come sociologia, in chimica come in psicologia. Leggi anche: LAUREANDA ITALIANA CURA UNA MALATTIA CHE NESSUN MEDICO AMERICANO ERA RIUSCITO A DIAGNOSTICARE di Tonia Samela

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