Giornata contro la violenza sulle donne: rieducare gli uomini è necessario

Quali sono le basi psicologiche e sociali della violenza di genere? Analizziamo le cause profonde e le possibili soluzioni future di un problema sempre più allarmante.

Marianna Chiuchiolo
Marianna Chiuchiolo
Giornalista con studi in Mediazione Linguistica, una formazione da teatrante e una generale tendenza a perdersi nei vicoli di una fervida immaginazione. Ama in egual misura la scienza e la poesia e si spende da tempo per la crociata della Mental Health Awareness come missione di vita.
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Il 25 novembre è la Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza sulle Donne, e mai come questo 25 novembre l’opinione pubblica si sta mobilitando perché ai silenzi e ai palloncini rossi si sovrappongano le voci, anzi le urla, di quella metà del cielo che ancora viene zittita e non presa sul serio.

La Giornata contro la Violenza sulle Donne 2023, infatti, arriva a pochissimi giorni dal 105esimo femminicidio dell’anno, quello che ha avuto come vittima la ventiduenne Giulia Cecchettin, in memoria della quale donne, attiviste e contestatori del patriarcato invocano un cambio di rotta nelle azioni di sensibilizzazione: non fate un minuto di silenzio, ma bruciate tutto.

Quanti femminicidi in Italia? Le statistiche degli ultimi 20 anni

A corolla di un anno nero per i diritti umani, arrivano i numeri. Secondo dati riportati da IlSole24Ore, nel corso degli ultimi vent’anni il numero di omicidi in Italia è drasticamente calato, mentre quello dei femminicidi è in salita.

Nello specifico, nel 2004 le persone assassinate sono state 711, di cui 72 vittime di femminicidio. Nel 2014 siamo scesi a quota 476 omicidi contro 82 femminicidi. Arriviamo al 2021 con 303 omicidi e 70 femminicidi, per concludere con i 285 omicidi a fronte di 105 femminicidi al 25 novembre 2023.

Il dibattito sulla violenza di genere, di cui il femminicidio costituisce soltanto uno degli aspetti più preoccupanti, è ormai sempre più infuocato. Lo scopo di questo articolo sarà quindi analizzare le cause alla base di un fenomeno così preoccupante, che permea il tessuto sociale e culturale della nostra società in maniera molto più capillare di quanto vorremmo credere.

Leggi anche: Approvato ddl Roccella: “Misure più forti contro la violenza di genere e formazione nelle scuole”

La violenza sulle donne è un problema culturale e societario

giornata contro la violenza sulle donne

La violenza sulle donne – siano esse cisgender o transgender – non è soltanto una violazione dei diritti umani, ma anche un problema sociale e sanitario, date le gravi conseguenze per la salute fisica e mentale di chi la subisce.

Cosa ancora più grave, le sue radici hanno penetrato l’attuale tessuto societario così in profondità che la subordinazione del sesso femminile viene perpetrata non solo a livello di convenzioni– con stereotipi di genere che vengono accettati e tramandati di generazione in generazione – ma spesso anche a livello sistemico, ad esempio con evidenti disparità di trattamento sul luogo di lavoro e leggi poco chiare in materia di protezione.

Emblematico è quello che sta accadendo sui profili social della Polizia di Stato: un post di supporto, contenente un verso della poesia di Cristina Torre Cáceres diventata virale dopo la vicenda di Giulia Cecchettin, è stato inondato da oltre 5mila commenti, per la maggior parte testimonianze di donne che avevano chiesto aiuto alle forze dell’ordine ed erano state sistematicamente ignorate, se non addirittura apertamente derise. È il segnale che un’intera categoria di persone non ne può più di venire zittita e oppressa e chiede un cambio di rotta a livello societario.

Quanti tipi di violenza di genere esistono?

Secondo un report ISTAT del 2020, su 20.015 casi di violenza sulle donne riportati, il 77,3% delle vittime aveva subito violenza psicologica, il 60% violenza fisica, il 33,4% violenza economica e il 15,3% violenza sessuale. Come primo aspetto di questa analisi, quindi, facciamo chiarezza su queste definizioni.

La violenza di genere può assumere diverse forme e impattare sulla salute fisica e mentale, sulla stabilità economica o sulla libertà personale della vittima, che spesso può subire più tipologie di violenza e finisce con il sentirsi sola e imprigionata. Le forme di violenza più comuni sono le seguenti:

  • Violenza psicologica. La donna che la subisce viene sottoposta a umiliazioni, minacce, intimidazioni e abusi emozionali da parte dell’altra persona. In genere si accompagna a costante controllo e isolamento da persone care o contesti di vita che potrebbero aiutare la vittima a venire fuori dalla situazione di oppressione
  • Violenza fisica. Può avvenire sia per contatto diretto che senza e ha lo scopo di causare danni fisici alla vittima. Calci, schiaffi o pugni costituiscono violenza fisica, ma anche un atteggiamento minaccioso – come ad esempio avvicinarsi costringendo la vittima a indietreggiare o spostarsi – rientra in questa categoria. Questa tipologia di aggressione può portare, nel peggiore dei casi, alla morte della vittima
  • Violenza sessuale. In questa categoria rientrano tutti i comportamenti relativi alla sfera sessuale che avvengono senza il consenso della vittima. Costituisce violenza sessuale lo stupro, la penetrazione non consensuale, le azioni che avvengono limitando i movimenti della vittima, così come la prostituzione forzata
  • Violenza economica. Chi la subisce viene messo in condizione di dipendere economicamente dall’aggressore, non potendo così costruire una propria indipendenza grazie alla quale liberarsi dell’altra persona. Ciò può avvenire in vari modi: alla vittima può venir negato l’accesso alle risorse economiche familiari, può essere costretta a lasciare il posto di lavoro attraverso la coercizione, o può esserle impedito di cercarne uno

Alle tipologie di violenza sopra elencate vanno ad aggiungersi ulteriori scenari la cui classificazione non è ancora del tutto schematizzata e che vengono valutati caso per caso. Tra queste, merita una menzione particolare lo stalking, che consiste in una serie di condotte persecutorie ripetute nel tempo, che finiscono con il modificare le normali abitudini di vita quotidiana della vittima. Questi atti persecutori solitamente generano uno stato di ansia e paura che danneggia il benessere psicologico della vittima e permette all’aggressore di controllarne i movimenti e il vissuto.

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Cause psicologiche e sociali della violenza di genere

La ragione per la quale la violenza di genere rappresenta un tessuto incancrenito nel corpo della società attuale è che essa è intrinsecamente connessa con le sue radici patriarcali e sessiste.

In una società che per secoli è stata dominata dall’ideologia secondo cui il sesso maschile è quello dominante e le donne devono in qualche modo restare subordinate agli uomini perché essi possano conservare la loro posizione di privilegio, ogni atto che venga visto come una minaccia allo status quo e all’egemonia del sesso dominante viene represso attraverso atteggiamenti che possono variare dallo sminuire la situazione fino all’aggressione fisica.

Non si tratta, quindi, soltanto di punire quello che viene vissuto come un affronto dall’uomo di turno, ma di proteggere un sistema di convinzioni e convenzioni che è alla base della comunità stessa.

La messa in atto di queste pratiche repressive è talmente accettata a livello inconscio che spesso la colpa ricade sulle vittime stesse, sottoposte a umilianti interrogatori sul proprio comportamento o sul proprio stato mentale come fossero concause dell’aggressione subita.

Contesti problematici e fattori di rischio

La violenza di genere, quindi, nasce dall’intrinseca convinzione che l’uomo debba conservare una posizione di superiorità, sia essa economica o sociale, tanto a livello societario quanto nel microcosmo delle relazioni familiari.

Ciò si esprime in ogni aspetto dell’essere maschio, come abbiamo approfondito in un precedente articolo, ed è tanto più radicato quanto il contesto di appartenenza si fa portavoce di suddetti valori gender-biased, con poca o nessuna consapevolezza del fatto che i percepiti ruoli di genere non hanno radici biologiche e sono in tutto e per tutto un costrutto culturale.

In particolare, le seguenti situazioni costituiscono un fattore di rischio che potrebbe portare ad atti di violenza sulle donne:

  • Fattori individuali, in particolare scarsa scolarizzazione e adesione a stereotipi e ruoli di genere prestabiliti. A ciò si associano spesso scarsa autostima e poca capacità di autocontrollo. Possono peggiorare il quadro abuso di alcol o sostanze, e tratti antisociali di personalità
  • Fattori relazionali, come eccessiva gelosia e tendenza alla possessività. Un passato di interazioni familiari tossiche e genitori inadeguati può influire fortemente su questo aspetto
  • Fattori comunitari: povertà, disoccupazione e criminalità all’interno del proprio contesto sociale possono fomentare il ricorso a condotte aggressive e alimentare le percepite disuguaglianze di genere

Perché è difficile uscirne: il ciclo della violenza

Che gran parte delle violenze di genere avvenga in famiglia è ormai cosa nota. Ciò che l’opinione pubblica fatica a comprendere è che spesso una realtà di violenza domestica è invisibile all’esterno. Difatti, secondo il modello Dixon e Browne per la valutazione di recidiva, soltanto il 25% degli abusatori mostra comportamenti generalmente violenti o asociali, mentre nel 50% dei casi gli atti di violenza avvengono soltanto nei confronti delle partner o di altre donne presenti in famiglia.

Poiché entrano in gioco dinamiche affettive e relazionali, e poiché le condotte malsane sono spesso invisibili da fuori, denunciare e lasciarsi alle spalle una situazione di maltrattamenti che avviene su base quotidiana non è affatto semplice.

Ciò favorisce l’innesco di una serie di dinamiche che alimentano il cosiddetto ciclo della violenza, identificato dalla Dott.ssa Leonor Walker nel 1979, che si ripete attraverso tre fasi temporali.

Fase 1: Tensione

In questa prima fase, cominciano a insorgere comportamenti ostili che si concretizzano soprattutto in accuse e attacchi verbali volti all’ottenimento di un controllo possessivo sulla vittima. Tali accuse hanno spesso scopo manipolatorio e puntano alla colpevolizzazione della persona che le subisce, in modo da spingerla ad assecondare le richieste del partner abusante, magari aggrappandosi all’idea che per amore egli possa cambiare.

Fase 2: Esplosione

È questo il momento più acuto del ciclo e quello di maggior pericolo per le vittime, poiché è quello in cui vengono messe in atto le aggressioni, siano esse fisiche, psicologiche o sessuali, che più danneggiano chi le subisce. In questo frangente, le vittime sono più propense ad ammettere i maltrattamenti ed eventualmente denunciare, ed è per questo fondamentale che trovino supporto prima che il ciclo passi alla fase successiva.

Fase 3: Scuse

Una volta svanito l’effetto della violenza, l’uomo generalmente si rende conto di aver ferito la vittima e ritorna sui suoi passi, si scusa e chiede di essere perdonato, spesso con la promessa di non reiterare i comportamenti violenti in futuro. Alla richiesta di perdono può seguire una sorta di luna di miele, una fase di calma e serenità nella quale la donna rinuncia ai suoi propositi di allontanamento o di denuncia, finendo così sempre più nella tela di una situazione malsana, che si ripeterà non appena il ciclo verrà nuovamente innescato.

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Conseguenze fisiche e psicologiche della violenza di genere

Le conseguenze della violenza sulle donne possono essere differenti in base al tipo di aggressione subita e alle condizioni in cui avviene.

Tra le conseguenze fisiche si annoverano lesioni, ferite e, nei casi gravi, la morte della vittima.

Tra le conseguenze psicologiche della violenza di genere, invece, c’è la possibilità di sviluppare un disturbo da stress post-traumatico, o PTSD, oltre che episodi depressivi, ansia o disturbi del comportamento alimentare. Da non sottovalutare è la possibilità che la donna cominci a fare uso di sostanze come alcol o droghe per cercare di gestire il dolore psicologico generato dal trauma.

In caso di stupro o violenza sessuale, oltre alle conseguenze fisiche e psicologiche appena elencate, si aggiunge il rischio di infezioni o malattie sessualmente trasmissibili, di gravidanze indesiderate, dolore cronico a livello pelvico, sanguinamenti e lesioni vaginali e problemi sessuali.

Contrastare la violenza in maniera efficace: è necessario rieducare gli uomini

come combattere la violenza di genere

Sempre più attivisti e supporter appartenenti a tutti i sessi stanno alzando la propria voce sui social e nelle piazze chiedendo maggior consapevolezza e denunciando un sistema marcio che opprime le fasce percepite come più deboli. Ma contrastare in maniera efficace la violenza sulle donne è davvero possibile?

La risposta più evidente è che scardinare le radici della violenza di genere è possibile, ma richiede azioni estensive che agiscano sulle cause di quest’ultima, anziché sulle sue conseguenze.

Ad oggi le azioni di prevenzione della violenza di genere si concentrano ancora sulle donne: corsi di autodifesa, intimazioni a non bere e non uscire da sole, ammonimenti sul vestiario, suggerimenti su come reagire in caso di molestie in strada. Insomma, si cerca ancora di limitare le donne anziché educare gli uomini, che è l’unica via efficace per un’eradicazione della cultura dello stupro e dell’oppressione femminile.

Non solo: agire in maniera efficace sugli uomini vuol dire farlo quando pregiudizi e stereotipi di genere non sono ancora stati interiorizzati, cioè sin da piccoli. È necessario che i bambini vengano educati in famiglia al rispetto di ogni essere umano e alla parità di genere, e che le scuole prevedano incontri o seminari di educazione al consenso, oltre che percorsi di educazione sessuale e affettiva.

Una nuova coscienza societaria può essere costruita soltanto attraverso la consapevolezza delle generazioni attuali e l’educazione di quelle future.

Leggi anche: Giulia Cecchettin, la ministra Roccella invoca: “Le madri educhino i figli maschi al rispetto”

Reti di supporto per le donne vittime di violenza

Se i servizi di emergenza non dovessero bastare, esistono associazioni no-profit ed enti dedicati che possono fornire un aiuto alle donne che non sanno a chi rivolgersi in caso di violenza.

Una delle risorse più immediate è il numero antiviolenza e antistalking, accessibile al 1522.

Altra opzione è rivolgersi a uno dei centri antiviolenza dislocati sul territorio nazionale gestiti da D.i.Re, Donne in Rete contro la Violenza.

Altra realtà degna di nota è quella dell’associazione no-profit DonnexStrada, che offre supporto psicologico, legale, ginecologico e nutrizionale alle donne vittime di violenza. Particolarmente rilevante è l’iniziativa Punti Viola, che ha come scopo la creazione di una rete di luoghi sicuri, come bar, farmacie o attività commerciali, che possano proteggere e assistere le vittime di violenza di genere.

Sempre loro è l’iniziativa Viola Walk Home, un servizio di soccorso attraverso il quale una donna che non si senta al sicuro durante un tragitto in strada può richiedere una videochiamata registrata da parte di un volontario che la accompagni virtualmente fino a casa.

Leggi anche: L’audio di Giulia Cecchettin: “Vorrei che sparisse, ma mi sento in colpa, mi dice che è depresso”

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