Stanchezza da pandemia: perché siamo più tristi e tesi?

Tensione e tristezza tra le conseguenze della stanchezza da pandemia. Alcuni esperti ci illuminano sulle cause e altre complicazioni.

Michela Sacchetti
Michela Sacchetti
Intuitiva, con un occhio attento alla realtà e alla sua evoluzione, attraverso una lente di irrinunciabile positività. Vede sempre nella difficoltà un’occasione preziosa per migliorarsi da cogliere con entusiasmo.
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Di recente sentiamo spesso parlare di stanchezza da pandemia. Ma di cosa si tratta nello specifico? Cerchiamo di fare un’analisi della situazione partendo dal punto di vista medico scientifico.

Stanchezza da pandemia, che cos’è

La pandemia ha cambiato in modo netto il nostro modo di vivere e di approcciarci alla realtà. Possiamo confermare che ci sia un mondo prima e uno dopo la pandemia. Oltre che all’esterno, siamo noi i primi a non essere più gli stessi. All’esterno i cambiamenti sono evidenti: sociali, economici, nei rapporti interpersonali, nelle abitudini e negli stili di vita. Dentro di noi però la pandemia ha suscitato un vero e proprio terremoto. Dal punto di vista psicologico è emersa una maggiore stanchezza, mista a tristezza e tensione.

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Le cause della stanchezza da pandemia

Le cause della stanchezza da pandemia sono da ricollegarsi ad una deprivazione sensoriale dovuta a questa condizione di cattività in casa, ad un ipercarico cognitivo da devices e tecnologia (smart working) e da una assenza di visione prospettica conseguente ad una depressione reattiva con stanchezza e sintomi affini. Da uno studio di Brooks e colleghi, riportato in una relazione dello psichiatra Tonino Cantelmi, emerge come in situazioni simili vissute negli ultimi decenni in seguito a Sars, Ebola, influenza H1N1 o Mers la maggior parte degli studi esaminati abbia riportato effetti psicologico negativi, tra cui disturbo post-traumatico da stress, confusione e rabbia. I fattori predisponenti per lo sviluppo dei sintomi includevano: durata delle misure di isolamento, paura di contrarre l’infezione, frustrazione, noia, forniture inadeguate di beni essenziali o necessari, informazioni inadeguate, perdite finanziarie e stigmatizzazione dei contagi.

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Il nodo cruciale secondo il Professor Cantelmi

A parere del prof. Cantelmi il problema principale consisterebbe nell’incertezza in cui versa la situazione attuale. Solitamente dopo un evento negativo la persona in modo naturale tende a recuperare. Cosa che non può verificarsi in questo caso perché la possibilità di nuovi lockdown è reale e il Covid fino a quando non verrà trovato un vaccino rappresenterà sempre una minaccia. A testimoniarlo anche uno studio di Lawrence Palinkas, studioso di adattamenti psicosociali in ambienti estremi, all’Università della California del Sud, il quale afferma come in presenza di un periodo di tempo ben definito di isolamento le persone iniziano ad avere problemi solo a metà del periodo sperimentando una caduta di umore. Quando però si avvicina la fine del loro periodo di confinamento queste persone inizierebbero a riprendersi. Nel nostro caso questo, come abbiamo già detto, non può avvenire ed ecco che i sintomi della stanchezza da pandemia e della tensione emotiva permangono ancora.

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Stanchezza da pandemia, altre complicazioni

Pur non trovandoci in una condizione di confinamento a casa, rispetto al passato oggi siamo più portati a ritirarci in casa, in particolare sono le persone che superano una certa soglia d’età ad evitare situazioni di contatto sociale non strettamente necessarie. Questo isolarsi provoca però stress e solitudine che vanno ad impattare sul nostro sistema immunitario. “Proprio quel sistema immunitario necessario per combattere l’eventuale contagio” tiene a precisare Cantelmi. Anche qui diversi studi hanno dimostrato questo rapporto che intercorre tra solitudine, stress e infiammazione.

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Pandemia, tra ansia e depressione

Commenta sempre il Professore in una video intervista con il centro studi Minas Tirith:

La pandemia è un avvenimento shock, un trauma” “e questo trauma incrementa il rischio di psicopatologia per la salute mentale nella popolazione in generale, e in alcuni gruppi in particolare, come i sopravvissuti e i parenti delle vittime.

Anche il personale tecnico presenta numerosi fattori di rischio. Uno studio, pubblicato sul Journal of American Medical Association basato su un’indagine svolta dal 29 gennaio al 3 febbraio, ha esaminato 1257 operatori sanitari in Cina. Di questi la metà dice di aver sperimentato sintomi come depressione mentre più della metà distress, e una buona percentuale di ansia e insonnia.

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