Fuksas: “Torniamo a vivere nei paesini per un nuovo umanesimo post covid”

Catiuscia Ceccarelli
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Catiuscia Ceccarelli, giornalista e imprenditrice, si occupa di personaggi, interviste, attualità e lifestyle. Segni particolari? Mamma di Matilde
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Vito Mancuso, in un libro dal titolo “La via della bellezza” spiega che per vivere bene occorre scegliere la via più bella. Il luogo dove viviamo è fondamentale. Ce lo ha insegnato anche il lungo lockdown. Abbiamo capito che amare la propria abitazione è importante. Qualunque essa sia e dovunque sia. Il noto architetto Massimiliano Fuksas, un maestro visionario nella creazione dei luoghi del vivere, in una recente intervista all’Huffington Post parla di un nuovo Umanesimo nell’era post covid:

Ripensare il concetto stesso dell’abitare, reintegrando i tre spazi del vivere quotidiano dell’uomo, che l’Illuminismo e la Rivoluzione Industriale hanno scisso: il luogo dove si abita, quello dove si lavora e quello dove si svolge il tempo libero. Unire le tre funzioni, in una sorta di Nuovo Umanesimo.

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La casa come luogo fisico e di incontro

Negli anni lo spazio abitativo è cambiato molto, in certi casi si è evoluto. Un tempo, specialmente in campagna, si viveva in tanti in un’unica casa. Dopo guerre e ricostruzioni, la casa ha cominciato a diventare un organismo più complesso. Sono cambiate le persone ma anche le esigenze. Fuksas nel suo nuovo Umanesimo pensa che:

Questo non deve colpevolizzare nessuno, ma pone l’obbligo di un ripensamento dello spazio abitativo che comprenda un piano governativo. Perché la casa non deve essere fatta solo dai privati, ma anche dal Governo. Occorre un piano dell’edilizia sociale che permetta di avere anche un piano abitativo che sia luogo di incontro in condominio per tutti gli abitanti. Un luogo fisico dove ci si possa incontrare per lavorare, per trascorrere il tempo, per fare smart-learning, dove si possono aiutare gli anziani ad imparare i rudimenti della tecnologia.

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I piccoli centri, un investimento per il futuro

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Fuksas: “Torniamo a vivere nei paesini per un nuovo umanesimo post covid”
L’architetto romano, creatore di opere come la famosa Nuvola a Roma, nel quartiere Eur, e la Torre di Torino, pensa che ci si debba riappropriare oltre che della propria abitazione, del proprio vivere la casa, anche degli spazi pubblici. E nota, a causa delle restrizioni da covid, una tendenza a fuggire dalle grandi città verso luoghi più riservati. Con la quarantena si è riscoperto il piacere di vivere nei piccoli centri:

Con un sistema avanzato dal punto di vista digitale, si può anche pensare di andare a rioccupare aree che sono straordinarie, dove magari vivremmo meglio. 1 su 3 potrebbe lavorare in casa. Ripopolare i paesi dove è più facile vivere perché c’è un senso di comunità più forte rispetto alla città. Con tutte le difficoltà economiche che ci possono essere, la provincia ha una capacità di soluzione superiore a quella della città, dove ogni problema diventa un macigno, ogni aspetto burocratico diventa insolubile.

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Siamo già nel futuro

L’architetto Fuksas ricorda che, dal punto di vista tecnologico e dell’innovazione, l’Italia è un paese piuttosto arretrato. Il covid ci ha praticamente catapultati nel futuro e ci ha colti impreparati. Per rimediare, afferma il noto architetto, bisogna cominciare a fare grandi passi in vanti verso la ricerca e l’innovazione. Leggi anche: Boom per gli articoli sportivi. Orlandi di Diadora: “Le persone hanno cambiato le loro abitudini”

Il rilancio dei piccoli borghi

Non solo Fuksas, ma anche l’architetto di Bosco Verticale di Milano, Stefano Boeri crede nella fuga dalle città per investire nei piccoli borghi con un’operazione tra il nostalgico e il romantico:

Se dobbiamo accettare che ci sia un processo almeno parziale di allontanamento dalle città, dobbiamo progettare traiettorie ed esperienze di vita alternative, una straordinaria opportunità nei piccoli centri e nelle aree interne considerando che i più di 5 mila piccoli centri storici sono in via di abbandono e i 2.300 già abbandonati. Oggi, rispetto a tre mesi fa, c’è una domanda fortissima di poter ritrovare, in una dimensione di borgo, una socialità che si è persa.

di Catiuscia Ceccarelli

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