Salute mentale e farmaci, sì o no? 3 verità da tenere in considerazione

Gli psicofarmaci possono essere un valido alleato nel trattamento dei disturbi mentali se utilizzati in maniera responsabile: non vanno assunti con leggerezza, ma nemmeno demonizzati. Ecco cosa devi tenere a mente.

Marianna Chiuchiolo
Marianna Chiuchiolo
Giornalista con studi in Mediazione Linguistica, una formazione da teatrante e una generale tendenza a perdersi nei vicoli di una fervida immaginazione. Ama in egual misura la scienza e la poesia e si spende da tempo per la crociata della Mental Health Awareness come missione di vita.
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Salute mentale e farmaci, sì o no? Questo aspetto cardine della cura dei disturbi mentali più diffusi è spesso oggetto di dibattito tra i non addetti ai lavori. In questo articolo vogliamo analizzare l’argomento psicofarmaci evidenziando 3 verità da tenere a mente sull’argomento.

Non si può parlare di salute mentale senza menzionare la malattia mentale. In particolare in epoca Covid, con un notevole aumento di casi di ansia e depressione a seguito della prolungata situazione di isolamento e incertezza, rivolgere un occhio di riguardo alla consapevolezza è necessario. Ancora troppe persone considerano il benessere psichico come un qualcosa di distaccato dalla salute dell’individuo in senso generale, dimenticando che noi, in quanto esseri umani, siamo un sistema complesso nel quale ogni aspetto influenza gli altri.

Leggi anche: Coronavirus, l’aiuto degli psicologi italiani: “Anche non far niente è utile a qualcosa”

Quanto sono diffuse le malattie mentali?

Psicoterapia

Stando a quanto riportato da AIFA, patologie come depressione grave, disturbo bipolare, schizofrenia e altre malattie mentali gravi riducono la speranza di vita in media di 20 anni rispetto alla popolazione generale. Sono all’incirca gli stessi numeri di altre malattie croniche come le malattie cardiovascolari. Non solo: come già messo in evidenza in un precedente articolo, l’incidenza delle malattie mentali nella popolazione è di circa il 20%, vale a dire che una persona su cinque soffre di una qualche tipologia di problematica legata alla salute mentale.

Nello specifico, sempre secondo AIFA, il 5% della popolazione mondiale in età lavorativa ha una malattia mentale grave, mentre il restante 15% è affetto da una forma più comune. Questo riduce le prospettive di occupazione, la produttività e i salari.

Gli psicofarmaci non devono essere assunti con leggerezza, ma nemmeno demonizzati

Ma allora perché l’argomento farmaci è così dibattuto? La percezione comune riguardo ai cosiddetti farmaci psicoattivi è complessa, incrostata di pregiudizi e, soprattutto, controversa. Da una parte troviamo una fascia di popolazione che ne fa un uso sconsiderato, come da noi analizzato in questo articolo, quasi a voler sostituire psicoterapia e lavoro su se stessi con l’assunzione di farmaci su richiesta ogni volta che si verifica l’insorgenza di qualche sintomo un po’ più debilitante.

Dall’altra c’è un nutrito gruppo di persone per le quali la parola psicofarmaco è uno spauracchio traducibile con sostanza demoniaca che causa assuefazione e ti renderà dipendente da essa senza possibilità di scampo.

Leggi anche: Depressione infantile e Covid, in Francia si cura la salute mentale dei giovani. E in Italia?

Cosa sono gli psicofarmaci?

Psicofarmaci

La verità, come spesso accade, sta nel mezzo, e risiede nel rendersi conto che i farmaci psicoattivi sono prima di tutto farmaci, e come tali vanno considerati. Nello specifico, gli psicofarmaci consistono in una categoria di principi attivi che agiscono a livello del sistema nervoso centrale. Il loro scopo è stimolare il rilascio da parte del cervello di diversi tipi di neurotrasmettitori. Vengono prescritti per il trattamento di un’ampia varietà di disturbi psichiatrici e neurologici e si dividono in quattro categorie: ansiolitici, antidepressivi, stabilizzatori dell’umore e antipsicotici.

Gli psicofarmaci moderni sono molto più sicuri di quelli di qualche decennio fa: presentano meno effetti collaterali e, a differenza del pregiudizio comune, non causano dipendenza. Ecco tre verità da tenere in considerazione quando si parla di malattie mentali e farmaci.

Leggi anche: Maggio è il mese della salute mentale: ecco 3 cose che devi smettere di fare subito

1. Salute mentale e farmaci: no all’automedicazione

Ingoiare pasticche di Xanax come se fossero caramelle ogni volta che ci troviamo in uno stato di tensione è una pessima abitudine diffusa e spesso incoraggiata dai medici di famiglia, che prescrivono ansiolitici o antidepressivi anche in assenza di patologie mentali, come ad esempio per il trattamento di condizioni come l’insonnia. Questa sorta di soluzione in tasca può generare il vizio di ricorrere ai farmaci con molta – troppa – leggerezza, dimenticando che, come tutte le medicine, questi possono avere effetti collaterali, oltre ad affaticare gli organi interni che dovranno smaltirli.

Leggi anche: Giornata mondiale del disturbo bipolare: 5 pregiudizi da sfatare

2. I farmaci sono un alleato, ma non sostituiscono lo psicologo

Ricollegandosi a quanto detto poc’anzi, è importante non demonizzare gli psicofarmaci come categoria. In molti casi, particolarmente in presenza di condizioni patologiche croniche, l’assunzione di farmaci specifici può davvero fare la differenza tra una vita in balia dei propri demoni mentali e una situazione molto più stabile e serena. Quello che bisogna avere chiaro in mente è che assumere incontrollatamente farmaci per tenere sotto controllo sintomi e manifestazioni di un disturbo mentale o di uno stato mentale alterato è in fondo un palliativo. Per ottenere risultati nel lungo termine bisogna lavorare su se stessi, andando ad analizzare le cause del problema, identificandone eventuali trigger e correggendo abitudini e pensieri disfunzionali che impediscono al paziente di migliorare la propria condizione. La psicoterapia è l’unico percorso efficace per sciogliere nodi irrisolti e migliorare la propria salute mentale.

Leggi anche: Italiani e psicofarmaci, perché lo Xanax non sostituisce lo psicologo

3. Gli psicofarmaci vanno assunti sotto la guida di un medico specializzato

prescrizione psicofarmaci

Come dicevamo sopra, bisogna tenere a mente che gli psicofarmaci sono prima di tutto farmaci. Ciò vuol dire che devono essere prescritti da un medico specialista, ad esempio un neuropsichiatra, che si occuperà anche di monitorare con regolarità lo stato di salute del paziente e decidere se e in che modo proseguire con il trattamento. Non dovrebbero essere prescritti dal medico di famiglia e non possono essere prescritti dallo psicologo o lo psicoterapeuta, ma questi ultimi potrebbero, in alcuni casi, ritenere opportuno affiancare il percorso di psicoterapia con una terapia farmacologica. Ad esempio, i sintomi potrebbero essere così debilitanti da impedire al paziente di lavorare su se stesso con la dovuta lucidità e consapevolezza: in tal caso, lo psicoterapeuta indirizzerà il paziente da un medico specializzato, che valuterà la soluzione migliore per il suo caso specifico.

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