Crisi materie prime: a rischio pane, acqua ma anche le fonti rinnovabili

Non solo aumentano i prezzi dei generi alimentari, a rischio anche il comparto dell'energia pulita a causa dei rialzi dei costi di trasporto e reperimento materie prime.

Enrica Vigliano
Enrica Vigliano
Enrica Vigliano, romana per adozione. Lavora nel mondo dell’arte e della comunicazione di eventi, dopo gli studi di Archeologia e di Business dei beni culturali. Adora parimenti la matematica e la grammatica, avendo una predilezione per le parole crociate e per la vita all’aperto.
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Il paradosso dell’approvvigionamento delle materie prime, sempre più care, corre da un paio di giorni in rete, destando non poche preoccupazioni tra gli esercenti e i consumatori: l’acqua frizzante potrebbe diventare prestissimo un bene di lusso.

Com’è possibile? Colpa della mancanza di anidride carbonica. Ma come! Non si fa altro che gridare allo stop delle emissioni, alla crisi climatica, ai gas serra ed è proprio la CO2 a venire meno? Sì, almeno per quello che riguarda il biossido di carbonio alimentare, necessario in tantissimi processi produttivi, dal surgelamento alla conservazione, tra cui quello, appunto, di gassificazione dell’acqua.

Materie prime: manca l’anidride carbonica per l’industria alimentare

Niente più bevuta dissetante quindi? Anche le altre bevande frizzanti, in cui le bollicine non sono frutto di fermentazione naturale ma sono aggiunte durante la lavorazione, potrebbero subire contrazioni e ritiri dal mercato: le materie prime scarseggiano o hanno prezzi inaccessibili.

E il più grande produttore di acque europeo, Acqua Sant’Anna, rischia di chiudere letteralmente i rubinetti delle acque gassate: che sia davvero arrivato il tempo di cambiare abitudini?

Il motivo di tanta penuria, secondo gli analisti, è legata da una parte alla sempre maggior richiesta del comparto sanitario per far fronte all’emergenza covid e dall’altra alla crisi dei trasporti, all’innalzamento dei prezzi e alla situazione instabile dal punto di vista geopolitico.

Energia più cara, generi alimentari più cari

Con l’aumento del costo delle materie prime, specialmente carburante, elettricità, fertilizzanti e composti chimici, se già nel 2021 c’era stata una crescita dei prezzi del 31% quest’anno potrebbero segnare un ulteriore incremento del 23%: un vero e proprio salasso per le tasche dei consumatori.

L’equazione è sempre la stessa: più si spende per produrre generi di qualsiasi specie, maggiore sono le spese da sostenere a carico del consumatore finale, principio alla base dell’inflazione che porterà a fine 2022 a spendere in media 550 euro in più per l’acquisto dello stesso paniere di prodotti rispetto al 2021.

Un esempio? Il costo del burro è più che raddoppiato rispetto all’anno scorso, passando da 3,41 €/kg ai 6.86 €/kg in meno di quattro mesi. Per non parlare del latte: la sua polvere è venduta all’86.3% in più rispetto all’anno scorso

Leggi anche: Stangata sulla spesa: alle stelle prezzi di pane, pasta, verdure. Quanto spenderemo di più?

Tra cambiamenti climatici, siccità e crisi delle materie prime

A tutto questo si aggiungono i cambiamenti climatici, responsabili delle altissime temperature raggiunge negli ultimi giorni, che si sommano alla siccità registrata quest’inverno, a sua volta fonte di ulteriori problemi dal punto di vista delle risorse idriche e alimentari.

L’impoverimento delle fonti da un lato e la mancanza d’acqua per irrigare dall’altro porta a misure eccezionali da un comune all’altro della penisola, così che le amministrazioni locali devono correre ai ripari con piani di emergenza di tutti i tipi.

Così, ad esempio, il sindaco di Castenaso, in provincia di Bologna, ha vietato ai parrucchieri il secondo risciacquo della testa dei clienti per evitare gli sprechi idrici. Lungo le coste del Lago di Bracciano, poi, è stato fatto divieto di usare l’acqua se non per gli utilizzi essenziali: stop quindi al lavaggio macchine, a riempire le piscine o a lavare gli esterni.

In moltissimi comuni italiani, poi, sono in atto politiche di razionamento dell’acqua, in modo da sfruttare al meglio quella di cui si dispone.

Ma è un gatto che si morde la coda: senza acqua le coltivazioni rischiano di bruciare, le materie prime alimentari scarseggiano e i prezzi, inesorabilmente, crescono.

I comuni senza pane

La crisi delle materie prime ed energetica è così profonda che in provincia dell’Aquila sono quattro i borghi che rischiano di rimanere letteralmente senza un tozzo di pane: Capestrano, Castelvecchio Calvisio, Castel del Monte e Ofena.

Raggiungere questi paesini di montagna infatti ha dei costi ormai proibitivi per i rifornitori: tra il caro benzina, i costi di luce e gas triplicati, le piccole attività come i fornai non riescono a far fronte alla crisi, dovendo quindi chiudere i battenti.

Una spada di Damocle anche per le energie rinnovabili

I rincari delle materie prime affligge anche il settore delle rinnovabili e delle fonti di produzione pulite, compromettendo la ripresa e la transizione energetica.

Al di là dell’aumento di energia elettrica e gas naturale, ciò che preoccupa maggiormente gli investitori e gli imprenditori sono i costi delle materie prime per la produzione di pannelli solari, impianti eolici e così via: batterie, pannelli e pale richiedono grandi quantitativi di metalli, terre rare e composti chimici che arrivano primariamente dal medio oriente, per mezzo di trasporti sempre più cari e difficili.

Leggi anche: Crisi del gas, a cosa andiamo incontro

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