Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio, 5 pregiudizi da cambiare subito

Il 10 settembre è la Giornata della Prevenzione del Suicidio. Ecco 5 preconcetti da scardinare per una maggiore consapevolezza.

Marianna Chiuchiolo
Marianna Chiuchiolo
Giornalista con studi in Mediazione Linguistica, una formazione da teatrante e una generale tendenza a perdersi nei vicoli di una fervida immaginazione. Ama in egual misura la scienza e la poesia e si spende da tempo per la crociata della Mental Health Awareness come missione di vita.
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Secondo le stime dell’OMS, ogni anno perdiamo circa 700mila persone per suicidio, una morte su cento a livello globale secondo l’International Association for Suicide Prevention. Si tratta della seconda più frequente causa di morte nella fascia di età compresa tra i 10 e i 34 anni, e paradossalmente anche della causa di morte che più di ogni altra è possibile prevenire. Anche per questo motivo, dal 2003 è stata istituita una Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio, che ricorre il 10 settembre di ogni anno.

Prevenzione del suicidio: cominciamo col cambiare i preconcetti più diffusi

Non è semplice parlare di un argomento tanto delicato quanto dibattuto e – soprattutto! – spesso e volentieri poco compreso. Un po’ per una sorta di cultura dell’onore e della reputazione perpetrata attraverso i secoli, un po’ per semplice e basilare ignoranza in materia, il suicidio resta un tabu del quale non è possibile parlare fin quando non ci si ritrova di fronte al fatto compiuto.

In questo articolo approfondiremo i cinque pregiudizi più diffusi riguardo all’argomento, analizzando come modificarli in un’ottica di prevenzione del suicidio più efficace.

Leggi anche: È il mese della Prevenzione del Suicidio, oggi più che mai dobbiamo parlarne

1. Solo chi ha una malattia mentale muore per suicidio: FALSO

La correlazione tra suicidio e malattia mentale può esserci come può non esserci. Soffrire di una patologia in tal senso – particolarmente di un disturbo del tono dell’umore come depressione o disturbo bipolare – è indubbiamente un fattore di rischio importante, ma non è detto che una cosa conduca all’altra. In presenza di uno stato depressivo grave, ad esempio, la stanchezza causata dalla malattia potrebbe essere così debilitante da impedire a chi ne soffre di agire in tal senso o anche solo di impegnarsi a riflettere e pianificare il gesto.

Cosa avviene in realtà

In verità il suicidio può riguardare chiunque. Tra i fattori che influiscono su una scelta così definitiva troviamo spesso condizioni che esulano dalla malattia mentale e che possono verificarsi nella vita di tutti: perdita della stabilità economica o di una persona cara, una situazione di isolamento e assenza di supporto, una malattia grave, un passato di traumi e abusi e persino condizionamenti di natura religiosa o sociale. Si tratta di una vera e propria piaga globale che bisogna combattere comprendendone prima di tutto la natura e la portata.

2. Il suicidio è un gesto da egoisti o una via di uscita facile: FALSO

Il preconcetto che più di tutti contribuisce allo stigma e impedisce una prevenzione del suicidio efficace è che si tratti di un gesto da egoisti o da persone deboli. In un tessuto socioculturale che pone grande attenzione alla realizzazione personale come conquista di un più elevato status, il suicidio è spesso visto come una fuga da codardi, un non essere in grado di far fronte alle sfide della vita e alle conseguenze delle proprie scelte, una decisione che lascia i propri cari da soli con il peso del lutto e delle responsabilità da cui si è scelto di scappare. Per alcuni addirittura una mancanza di rispetto verso chi avrebbe voluto vivere più a lungo ma non ha potuto a causa di incidenti o malattie.

Cosa avviene in realtà

Una delle sensazioni più comuni che si fanno prepotentemente strada nella mente di chi pianifica il suicidio o sperimenta ideazioni suicidarie è un persistente senso di colpa e inettitudine. Chi pensa al suicidio non lo reputa un gesto da egoisti. Al contrario, è convinto di essere un peso e che tutte le persone che ha intorno staranno meglio senza di lui.

Nel cervello e nella psiche di chi pensa al suicidio si verificano cambiamenti che portano a una visione appannata e distorta della realtà. Una visione che è chimicamente e fisiologicamente alterata e difficile da razionalizzare. Supportare una persona cara in tal senso, rassicurarla e farle capire che la si ama anche nel suo stato più vulnerabile è un’azione fondamentale perché si possa fare prevenzione del suicidio.

Leggi anche: Ecco come puoi aiutare chi soffre di depressione: 3 atteggiamenti sbagliati e in che modo cambiarli

3. Chi tenta il suicidio ormai ha deciso e cercherà in ogni modo di compierlo: FALSO

Un altro preconcetto da sfatare è quello secondo il quale chi pensa al suicidio o tenta di suicidarsi non voglia più vivere. Può sembrare la più logica delle connessioni: cerco la morte, quindi non desidero più la vita. In realtà quello che accade è molto diverso.

Cosa avviene in realtà

Chi pensa al suicidio non cerca la morte, anzi è probabile che l’idea di morire gli faccia ribrezzo e spavento. Quando si sperimentano ideazioni suicidarie non si vuole porre fine alla propria vita, ma alla propria sofferenza.

Il suicidio è percepito come unica via d’uscita da una condizione di isolamento, instabilità e mancanza di supporto dalla quale non si vede altro modo di venir fuori.

Leggi anche: Giornata mondiale del disturbo bipolare: 5 pregiudizi da sfatare

4. Il suicidio avviene sempre in maniera inaspettata e non si può prevenire: FALSO

Le frasi che vengono pronunciate più spesso davanti alla notizia della morte per suicidio di un conoscente sono pressoché tutte riassumibili con “Non me lo sarei mai aspettato, vorrei tanto aver potuto fare qualcosa”. Solo allora ci si ritrova affranti, delusi o arrabbiati.

giornata della prevenzione del suicidio

Cosa avviene in realtà

In verità, come dicevamo in precedenza, chi sperimenta ideazioni suicidarie non cerca la morte ma la fine della sua sofferenza. Prima di compiere un gesto così estremo è inevitabile inviare all’esterno dei segnali, campanelli d’allarme che, per chi è in grado di fare attenzione, possono rivelare intenzioni così pericolose. Vale in particolare per chi vive in un ambiente molto chiuso e restrittivo, dove parlare e chiedere aiuto è difficile o addirittura controproducente.

Oltre a evidenti cambiamenti di umore o della personalità di un individuo – che potrebbero essere volutamente mascherati per non scontrarsi con un ambiente esterno poco supportivo – alcuni segnali a cui fare attenzione sono i seguenti:

  • La persona si è ritirata dalla vita sociale o si sta isolando, evita il contatto con gli altri o non si dedica più alle sue passioni.
  • La persona sta attraversando un momento molto difficile, ha perso il lavoro o la casa, sta vivendo un lutto o una grave malattia.
  • La persona ha messo in atto comportamenti di “chiusura”, ad esempio sta facendo ordine tra affari personali o burocratici, sta salutando i suoi cari, ha fatto testamento.
  • La persona possiede o ha acquistato oggetti potenzialmente letali, come corde o armi da fuoco, o mette in atto comportamenti pericolosi e lesivi, come guida in stato di ebbrezza o abuso di sostanze.
  • La persona ha accennato al suicidio o ha provato a parlarne anche se in maniera riluttante.
  • A seguito di un grave episodio depressivo, la persona appare rasserenata e calma, come se avesse preso un’importante decisione.

Se notate uno o più di questi atteggiamenti in una persona amica, chiedetele di aprirsi e raccontarvi come si sente. Un orecchio attento e un atteggiamento confortante possono fare una grande differenza.

5. Parlare di suicidio istiga le persone a compierlo: FALSO

La convinzione che non si debba parlare di suicidio per non mettere in testa strane idee a qualcuno è uno dei preconcetti più problematici sull’argomento, poiché lo rende un tabu di cui non si può fare parola. Addirittura a volte il termine “Suicidio” può portare a shadow ban o censure sui social più popolari, ed è necessario ricorrere a mezzucci ridicoli come la scrittura “Su1cid1o” o grafie simili.

Cosa avviene in realtà

L’impossibilità di affrontare l’argomento senza venire zittiti da scongiuri o allarmismi impedisce a chi sperimenta ideazioni suicidarie di chiedere aiuto.

Fare prevenzione del suicidio significa prima di tutto normalizzare l’argomento e parlarne come si farebbe con qualsiasi altro problema. Sapere che l’ambiente intorno è ricettivo e in grado di accogliere una discussione sull’argomento aiuta chi sta pianificando un suicidio a trovare soluzioni alternative, supporto e accoglienza, vale a dire una motivazione per andare avanti, cioè esattamente quello di cui ha bisogno.

Leggi anche: Giornata mondiale per la prevenzione del suicidio: salvare una vita è possibile

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