Pannelli solari notturni, anche la tintarella di luna produce energia

Con questi pannelli si potrà produrre energia anche di notte, sfruttando la stessa fonte rinnovabile diurna: la luce del sole. Ecco come funzionano.

Enrica Vigliano
Enrica Vigliano
Enrica Vigliano, romana per adozione. Lavora nel mondo dell’arte e della comunicazione di eventi, dopo gli studi di Archeologia e di Business dei beni culturali. Adora parimenti la matematica e la grammatica, avendo una predilezione per le parole crociate e per la vita all’aperto.
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E se si potesse sfruttare l’energia solare anche di notte? L’idea non sembra così assurda, tanto che diversi studi stanno sondando la possibilità di creare pannelli solari notturni in grado di generare energia anche dopo il tramonto.

Nuovi studi e approfondimenti sul tema

Dopo i primi tentativi risalenti a qualche anno fa, recentemente la School of Photovoltaic and Renewable Energy Engineering dell’Università del New South Wales hanno testato una cella solare in grado di produrre energia dalla luce infrarossa.

Come è risaputo, l’energia solare e i moduli fotovoltaici cui siamo avvezzi funzionano principalmente con l’irradiazione proveniente dal sole: i raggi di luce che colpiscono la superficie del pannello attivano l’effetto fotovoltaico all’interno delle celle, responsabili dell’assorbimento dell’energia e della sua successiva conversione in elettricità.

Ma ciò che non tutti conoscono e su cui si sono concentrati i ricercatori è l’energia solare che rimane e persiste anche quando si fa buio. Questa energia è infatti quella accumulata durante le ore diurne dalla crosta terrestre che, raffreddandosi di notte, viene restituita all’atmosfera sotto forma di luce infrarossa.

Pannelli solari notturni con la tecnologia dei visori

Grazie ai materiali e alle tecnologie utilizzate nei classici visori che sfruttano proprio questo tipo di radiazione per consentire di vedere al buio, gli esperti dell’Università del New South Wales hanno sviluppato un semiconduttore apposito.

Il diodo termoradiante cattura così l’energia termica infrarossa emessa dal terreno quando il sole e le temperature calano, convertendola in elettricità. La scoperta porta alla possibilità quindi non solo di creare pannelli solari notturni, ma anche di integrare questa tipologie di celle con quelli diurni, ottenendo così un prodotto che lavora e funziona ventiquattr’ore su ventiquattro.

Leggi anche: Innovazione rinnovabile: la crisi energetica come trampolino di lancio delle startup tecnologiche

Un percorso ancora lungo ma non impossibile

Certamente si tratta di un tipo di innovazione ancora agli albori, dato che il diodo termoradiante genera una quantità di elettricità di 100.000 volte minore rispetto a una cella fotovoltaica, eppure i ricercatori dicono che i pronostici sono piuttosto ottimisti.

Considerando in quanto poco tempo la tecnologia fotovoltaica si sia evoluta negli ultimi cinquant’anni, i pannelli solari notturni potrebbero presto vedere un miglioramento di efficienza altrettanto stupefacente, anche per la “fame” di energia rinnovabile di cui abbiamo e avremo bisogno nel prossimo futuro.

Il primo campo di applicazione del diodo termoradiante potrebbe essere, secondo gli esperti, quello degli apparecchi biomedici: sfruttando il calore corporeo si potranno alimentare device salvavita come i pacemaker, senza dover ricorrere alla sostituzione delle batterie.

Leggi anche: Pannelli solari ibridi: convengono rispetto al fotovoltaico?

Come sfruttare l’energia solare anche di notte con un impianto fotovoltaico?

Nell’attesa che i pannelli solari notturni diventino appetibili per il mercato energetico, oggi è possibile sfruttare il proprio impianto fotovoltaico anche di notte.

Come? In due modi già ampiamente collaudati che sono lo scambio sul posto, in Italia almeno fino al 2024, e l’accumulo.

Il primo sistema, che si avvia verso il pensionamento nel giro di due anni per far spazio al ritiro dedicato, consente di cedere l’eccedenza di produzione elettrica generata durante il giorno dal proprio impianto fotovoltaico e ricevere in cambio fornitura elettrica nelle ore serali.

Il secondo consiste nel collegare il proprio impianto a una batteria che immagazzini l’energia prodotta dai pannelli e non immediatamente utilizzata, ricaricandosi nei momenti di inattività del sistema.

Unire un impianto fotovoltaico a uno di accumulo, correttamente dimensionati, permette di raggiungere così l’autoconsumo, riducendo sprechi, tagliando le spese e contribuendo significativamente all’abbattimento delle emissioni di anidride carbonica derivanti dalle produzioni energetiche da fonti non rinnovabili.

Leggi anche: 5 vantaggi per abbinare ai pannelli fotovoltaici un impianto di accumulo

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Enrica Vigliano
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Enrica Vigliano, romana per adozione. Lavora nel mondo dell’arte e della comunicazione di eventi, dopo gli studi di Archeologia e di Business dei beni culturali. Adora parimenti la matematica e la grammatica, avendo una predilezione per le parole crociate e per la vita all’aperto.
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