Liter of Light, per illuminare senza elettricità basta una bottiglia

Marianna Chiuchiolo
Marianna Chiuchiolo
Giornalista con studi in Mediazione Linguistica, una formazione da teatrante e una generale tendenza a perdersi nei vicoli di una fervida immaginazione. Ama in egual misura la scienza e la poesia e si spende da tempo per la crociata della Mental Health Awareness come missione di vita.
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Life hack: per Illuminare una capanna senza elettricità bastano una bottiglia di plastica, della candeggina e un buco nel soffitto, lo ha scoperto il meccanico brasiliano Alfredo Moser. Non ci credete? Allora forse vi siete persi il video che già diversi anni fa su YouTube fece il giro del mondo. Il trucchetto messo a punto da Moser fece scalpore per la sua efficacia e la semplicità di realizzazione: una bottiglia di plastica piena per metà di candeggina veniva inserita in un buco nella lamiera del tetto. E la luce fu. Niente cavi, niente elettricità, niente vetro né filamenti: solo i raggi del sole che colpivano il pannello di metallo e la capacità di rifrazione della candeggina per illuminare a giorno l’interno della baracca. Leggi anche: “Acqua per tutti”, il caso della startup milanese che porta l’acqua in Africa Un litro di luce, così venne rinominato lo stratagemma, divenne tanto popolare che una fondazione con base nelle Filippine, la My Shelter Foundation, decise di farne la sua mission. In paesi dove il tenore di vita è decisamente più basso di quello a cui siamo abituati, il Brasile così come le Filippine ne sono esempio, riuscire a portare l’illuminazione domestica in una baraccopoli dove i prefabbricati sono talmente addossati l’uno all’altro da non lasciar passare un solo raggio di sole neanche in pieno giorno è una conquista inestimabile verso uno stile di vita più dignitoso. È così che l’ONG Liter of Light è nata e si è diffusa in tutto il mondo.

Una bottiglia di plastica e un pannello solare per risolvere le emergenze energetiche

Il trucchetto della bottiglia, però, per quanto ingegnoso presentava un grande svantaggio: poteva illuminare solo durante il giorno. Fu così che la tecnica sperimentata da Moser venne arricchita con un paio di gadget dell’era moderna: una luce a led e una batteria alimentata da un pannello solare. A seguito dell’uragano Yolanda, che nel 2013 colpì proprio le Filippine gettandole in una grave emergenza energetica, l’iniziativa Liter of Light prese piede in maniera quasi provvidenziale. Fu Illac Diaz, un giovane imprenditore originario del Peru, a promuoverne la diffusione dalle Filippine ad altri 26 paesi del mondo, illuminando gli angoli più bui e le vite di oltre due milioni di persone.

C’è anche una divisione italiana

Una tecnologia in grado di illuminare senza fare uso di una rete elettrica è potenzialmente milionaria. Liter of Light, però, ha deciso di andare contro corrente e rendere la sua idea completamente open source e disponibile alla riproduzione da parte di chiunque lo desideri. È così che si è diffusa in molti paesi del mondo, tra cui anche il nostro. La divisione italiana dell’associazione ha sede a Prato e si occupa non solo di realizzare interventi in paesi dalle condizioni economiche difficili, ma anche di formare risorse locali in grado di sostituire i dispositivi rotti o intervenire in caso di problemi. Educare a un uso consapevole dell’energia solare è la parola d’ordine. Il suo coordinatore, Lorenzo Giorgi, spiega così la mission dell’impresa:

Sensibilizzare i giovani sui temi di green energy è un passo fondamentale per un futuro più sostenibile. Il nostro obiettivo è permettere a chiunque di poter usufruire dell’illuminazione tramite l’utilizzo di tecnologie ecosostenibili. Ogni persona che Liter of Light Italia forma durante i progetti internazionali equivale a una luce che non smetterà mai di illuminare il futuro di quelle popolazioni.

Grazie al contributo di studenti italiani e locali, nel 2016 sono state installate cento luci stradali nella comunità di Sossop in Senegal e, grazie a forme di microcredito e alla formazione impartita sul luogo, sono state create piccole attività economicamente sostenibili per fare in modo che un gesto di solidarietà non resti un palliativo dagli effetti temporanei ma diventi una realtà duratura e consolidata. Leggi anche: Green economy: l’emergenza ambientale porterà oltre 3 milioni di posti di lavoro   di Marianna Chiuchiolo

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Marianna Chiuchiolo
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Giornalista con studi in Mediazione Linguistica, una formazione da teatrante e una generale tendenza a perdersi nei vicoli di una fervida immaginazione. Ama in egual misura la scienza e la poesia e si spende da tempo per la crociata della Mental Health Awareness come missione di vita.
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