I genitori hanno un figlio preferito, lo dice la psicologia e non è una cosa di cui vergognarsi

Le ricerche lo confermano: ogni genitore ha un figlio preferito, anche se non lo ammetterebbe mai! Ecco perché esserne consapevoli è il primo passo verso la costruzione di dinamiche familiari più sane.

Marianna Chiuchiolo
Marianna Chiuchiolo
Giornalista con studi in Mediazione Linguistica, una formazione da teatrante e una generale tendenza a perdersi nei vicoli di una fervida immaginazione. Ama in egual misura la scienza e la poesia e si spende da tempo per la crociata della Mental Health Awareness come missione di vita.
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Un modo facile per causare indignazione e reazioni di sdegno è chiedere a un genitore se abbia un figlio preferito. La risposta è quasi sempre unanime e drammaticamente accorata: per un genitore è impossibile fare preferenze! Ma se non fosse così?

Al di là dell’affetto e del supporto, che certo non vengono meno in un ambiente familiare sano, la psicologia sembra dimostrare che le preferenze in famiglia esistono eccome, e che ammetterlo è il primo passo verso una gestione più salutare delle dinamiche familiari. Una maggiore consapevolezza in tal senso, infatti, aiuta a mettere in atto comportamenti più funzionali e a prevenire l’insorgere di rivalità tra fratelli, che potrebbero incrinare i rapporti nel lungono termine.

Attenzione: in questo articolo verranno prese in considerazione dinamiche familiari in ogni caso non abusanti, dove le disparità di trattamento non si traducono in comportamenti tossici, umilianti e svilenti nei confronti dei figli sfavoriti, per le quali sarebbe opportuna una trattazione a parte.

Studi sulle preferenze dei genitori nei confronti dei figli

A supporto della tesi secondo la quale un genitore nutra inevitabilmente maggiori simpatie nei confronti di un figlio piuttosto che di un altro arriva il lavoro di diversi psicologi, tra cui Barbara Howard, psicologa della John Hopkins University, e Ellen Weber Libby, psicologa e autrice del libro The Favorite Child, un’approfondita analisi sull’argomento.

Ma uno degli studi più interessanti, nonché più citati in merito, è probabilmente la ricerca portata avanti nel 2006 dalla sociologa Katherine Conger per l’Università della California. Lo studio ha coinvolto 384 famiglie alle quali è stato sottoposto un questionario anonimo.

Ebbene, una volta sollevati dal fardello del giudizio esterno, il 70% delle madri e il 74% dei padri ha ammesso di avere un figlio preferito. Tuttavia nessuno tra gli intervistati ha voluto specificare chi fosse a beneficiare di questa predilezione.

Il figlio preferito esiste e i ragazzi se ne rendono conto

In un episodio della fortunata serie The Crown, che ripercorre la vita della Regina Elisabetta II del Regno Unito, il Principe Filippo ammette senza remore di avere una predilezione per la propria figlia femmina, la Principessa Anna, causando lo sgomento della moglie. Davanti a questa reazione, il consorte risponde in maniera altrettanto imperturbabile che anche la Regina sembra nutrire particolare simpatia per uno dei rampolli e che, sebbene lei non voglia ammetterlo con se stessa, gli altri membri della famiglia reale ne sono tutti consapevoli.

Il messaggio è chiaro: puoi ingannare te stesso, se lo desideri, ma i ragazzi sono perfettamente in grado di rendersi conto delle disparità di trattamento.

A riprova di questo, la sopracitata reticenza dei genitori intervistati da Katherine Conger nell’indicare chi fosse il proprio preferito veniva facilmente smascherata dagli stessi figli, che confermavano la tesi quando veniva loro chiesto se percepissero diversità di trattamento nei confronti dei fratelli. Insomma, se c’è un preferito, da qualche parte della casa ci sarà qualcun altro che sa benissimo di non essere lui.

Ma cosa comporta, a livello familiare, questa differenza di simpatie? Quali conseguenze può avere per i figli ed entro quali limiti avere delle preferenze è una dinamica naturale e inevitabile, prima di sfociare in comportamenti tossici o abusanti?

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Cos’è il trattamento parentale differenziale, o PDT

figlio preferito conseguenze

Partiamo da un presupposto: avere un figlio preferito non vuol dire non amare gli altri o amarli meno. L’obiettivo di ogni ricerca in tal senso non è il voler smascherare congetture ipocrite, ma analizzare piuttosto quello che in psicologia è definito PDT, ossia trattamento parentale differenziale. Non è, quindi, una questione di amore ma di atteggiamenti: un genitore può amare tutti i figli allo stesso modo ma trattarli in modo diverso, per i più svariati motivi.

Non è, in fondo, così blasfemo ammettere che non tutti i figli vengono cresciuti allo stesso modo: ad alcuni viene imposta un’educazione più severa mentre con altri si è più accomodanti, i traguardi di alcuni sono celebrati con entusiasmo mentre quelli di altri sono tenuti meno in considerazione, a uno dei figli viene concesso di far più tardi la sera mentre all’altro no, e così via.

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Quali sono i fattori che portano ad avere un figlio preferito?

La differenza di comportamento dei genitori nei confronti dei figli preferiti può dipendere da diversi elementi. Diversi studi effettuati nel corso degli ultimi decenni – a cominciare da Dunn & Plomin nel 1990, passando per McGuire nel 2002 e arrivando a Nikiforidis nel 2019, e naturalmente la sopracitata Ellen Weber Libby – hanno analizzato proprio i fattori alla base del PDT.

Tra le variabili che portano un genitore a preferire un figlio piuttosto che un altro possono esserci fattori culturali che comportano la messa in atto di trattamenti di favore per i figli appartenenti a uno specifico sesso – ad esempio maggiori attenzioni e privilegi conferiti ai maschi piuttosto che alle femmine – come anche mere affinità di carattere, ideali o atteggiamenti che il genitore vede rispecchiati nel figlio preferito.

Le preferenze dei genitori sono soprattutto verso i primogeniti

Ma chi è il figlio preferito? Le interviste sottoposte ai ragazzi coinvolti nello studio di Katherine Conger hanno portato alla luce un dato inaspettato: a godere di un trattamento di favore sarebbero, nella maggior parte dei casi, i primogeniti. Un ulteriore studio condotto nel 2018 da Bornstein et Al. sul comportamento di 55 madri nel corso di diversi anni dimostrò che le donne dedicavano più tempo e attenzioni ai primogeniti rispetto ai figli minori, probabilmente perché, forti dell’esperienza con la precedente maternità, tendevano ad essere meno ansiose davanti a potenziali problemi.

In ogni caso, si tratta di un’osservazione che non vale in maniera universale. In particolare quando i figli crescono e cominciano a sviluppare una propria individualità, i genitori tendono a preferire i figli che percepiscono come più simili a loro caratterialmente, quelli con cui c’è condivisione di valori e di vedute e con i quali, in generale, riescono a dialogare più facilmente.

Conseguenze della disparità di trattamento per i figli

Cosa comporta per i figli questo relazionarsi a disuguaglianza di trattamento e attenzioni?

In primo luogo, questa disparità può intaccare negativamente il rapporto tra fratelli, creando gelosie che nel tempo possono rendere la relazione complicata, con strascichi di vecchi rancori che si trascinano anche in età adulta se non gestiti in maniera più consapevole.

A livello personale, i figli sfavoriti possono sperimentare stati di ansia o distimia dovuti ai forti sensi di colpa nei confronti dei genitori. La sensazione di non sentirsi pienamente accettati può portarli a chiudersi al dialogo familiare e non parlare apertamente dei propri problemi. Questa chiusura, infine, può incidere sulla loro capacità di instaurare relazioni di coppia sane, a causa della forte mancanza di fiducia e autostima maturate nel corso degli anni.

E il figlio preferito invece? Neanche in questo caso è tutto rose e fiori: i figli favoriti potrebbero percepire sulle proprie spalle il peso di aspettative, responsabilità e doveri che non sono certi di poter soddisfare da parte dei genitori, e soffrire per il percepito distacco dai fratelli. In casi gravi, possono arrivare a sperimentare stati depressivi.

Leggi anche: Autorevole, autoritario, permissivo: come essere buoni genitori con l’aiuto della psicologia

Come costruire dinamiche familiari sane per superare le preferenze

Una volta accettato che le preferenze esistono e sono umanamente lecite, è possibile lavorare insieme per la costruzione di un ambiente familiare il più possibile sano.

L’importanza del supporto tra fratelli

Uno scenario auspicabile è quello in cui i fratelli fanno fronte unito supportandosi a vicenda, nonostante le disparità. Tuttavia, questo scenario può instaurarsi soltanto in età adulta, poiché i piccoli dipendono in tutto e per tutto dai genitori e non sempre sono in grado di capire che le differenze di trattamento non sono una loro colpa, ma hanno a che fare con la percezione degli adulti.

Strategie per i genitori

Quanto ai genitori, fondamentale è relazionarsi con gli altri membri del gruppo familiare. Il partner in particolare può fornire un punto di vista più oggettivo sui comportamenti messi in atto nei confronti dei figli, e chiedere la sua opinione può essere utile per riflettere su dettagli di cui non ci si rende conto.

Fondamentale, nel momento in cui ci si rende conto di aver favorito un figlio anziché un altro, è instaurare un rapporto il più possibile paritario. Assolutamente da evitare è fare paragoni tra i figli. Può darsi che uno dei figli abbia passioni che i genitori non condividono, può darsi che sia meno dotato in una materia e più talentuoso in un’altra, può darsi che, semplicemente, ancora non abbia capito qual è la strada che intende prendere. In ogni caso, essere continuamente soggetto a paragoni potrebbe svilire l’individualità del figlio meno preferito e farlo sentire sbagliato.

Insomma, la chiave è l’ascolto di sé e la comunicazione con gli altri. Se necessario, si può valutare anche l’intervento di un professionista esperto in terapia familiare.

Leggi anche: “Una buona madre può commettere errori?” Ecco la risposta degli psicologi

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