Yemen, il Covid non risparmia il paese della guerra senza fine

Mary Tagliazucchi
Mary Tagliazucchi
Mary Tagliazucchi, giornalista e fotoreporter si occupa di inchieste, reportage in giro per il mondo, cronaca e attualità. Il suo vizio? Guardare oltre, sempre.
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La pandemia da Covid-19 non risparmia nessuno neanche quei paesi come lo Yemen dove si sono registrati i primi cinque casi di contagio. Qui dove la strage di innocenti continua impietosa da quel lontano 2015. Sono almeno centomila le vittime di questo eterno conflitto.

Yemen, la guerra senza fine

Sono passati ben cinque anni dall’inizio di questa guerra che non sembra interessare davvero a nessuno, neanche all’Italia. A livello storico infatti anche per l’Italia questo luogo dimenticato da tutti non è mai stato un Paese in grado di influenzare in qualche modo il nostro. La guerra non sembra avere mai fine, è un conflitto di cui si parla ancora troppo poco. Questo anche perché è una guerra complicata, frutto di dinamiche che sono locali fino ad un certo punto evidentemente.

Perché accade tutto ciò?

Dinamiche che poi nella regione si riproducono a macchia d’olio. Alla base lo scontro tra l’Islam sciita e l’Islam sunnita e, naturalmente tutto quello che c’è dietro, come lo scontro di potere economico. Solo chi davvero è a stretto contatto con il ‘fenomeno’ è magari in grado di capire, di interpretare cosa accade lì, e perché sta accadendo tutto questo. Perché ovviamente gli interessi sono enormi, ma molto più sfaccettati di quanto sembri.

Le conseguenze della primavera araba

Come in Siria, anche in Yemen, la guerra civile è nata come diretta conseguenza della primavera araba. Dopo gli scontri e le proteste di piazza i paesi del Golfo si accordarono per rimuovere il presidente “dittatore” yemenita, Ali Abdullah Saleh. Al suo posto, come nuovo presidente, la scelta ricadde su Abdrabbuh Mansour Hadi. Ma Saleh non aveva nessuna intenzione di abdicare e si alleò immediatamente con i ribelli sciiti Houthi, armati dall’Iran. Leggi anche: Migrante scappa dal Darfur e si laurea con una tesi sulla guerra da cui fugge

I conflitti insanabili nell’idea di mondo musulmano

In breve non solo riuscì a riconquistare la capitale Sanaa, ma anche a cacciare e spodestare Hadi, che fu costretto a fuggire nel 2014 in Arabia Saudita. L’Arabia Saudita è una nazione a maggioranza sunnita (circa il 90%), che da sempre discrimina la popolazione sciita (circa il 60%). Dall’altro canto l’Iran, paese a maggioranza sciita, mal digerisce la presenza sunnita sul territorio. Parliamo di due potenze regionali che hanno vedute ed interpretazioni diverse dell’Islam. Ognuna però ha un denominatore comune: esportare il proprio chiamiamolo “brand” nel mondo musulmano.

Quel gioco di potere mascherato da motivi religiosi

In gioco c’è la supremazia non solo sulla popolazione musulmana ma anche su tutto il Medio Oriente. I sauditi dicono che l’instaurazione di un regime sciita nello Yemen sostenuto dall’Iran costituirebbe una minaccia per l’islam sunnita. Persino per i luoghi sacri come la Mecca e la Medina. Questo perché lo spauracchio sciita è utile a Ryad per avere l’appoggio della popolazione sunnita. Così facendo infatti si motiva la manovalanza contro il” nemico eretico” sciita. Un “gioco di potere”, mascherato da religiosità, dove l’Arabia Saudita – sostenuta da diversi paesi arabi, tra cui l’Egitto, gli Usa e alcuni paesi europei – ha avviato un’offensiva militare contro diverse cittadine yemenite ormai disastrate e al collasso. Il fattore religioso che sembra imperare, altro non è che un catalizzatore per innescare una reazione geo militare per interessi geostrategici e geo economici riguardanti la regione del Medio Oriente. In gioco sono scesi chi più, chi meno palesemente, non solo l’Arabia Saudita e l’Iran, ma anche altre potenze mondiali come la Russia e gli Usa. Leggi anche: Attacco Usa Iran. È la Terza Guerra Mondiale?

Il dramma del reclutamento di bambini

Fra le ‘piaghe’ che affliggono questo paese così martoriato troviamo anche il reclutamento di bambini. Già tre anni fa si parlava di almeno 1.210 casi verificati di minori reclutati per la guerra e 209 casi di bambini rapiti o arbitrariamente detenuti. Un serio problema quello dell’arruolamento dei minori che si aggiunge al numero di morti e di sfollati. E, come riportato dall’agenzia Ansa dal 9 aprile è entrata in vigore nello Yemen una tregua del conflitto prevista almeno per due settimane. Annunciata unilateralmente dalla coalizione araba a guida saudita che, dal 2015 combatte contro l’insurrezione Huthi nel nord e nel centro del Paese. La sospensione delle attività belliche era stata richiesta nei giorni scorsi dall’inviato Onu per lo Yemen, Martin Griffiths per cercare di contenere il diffondersi della pandemia.

La mobilitazione Unicef

Tra i tanti cessate il fuoco c’è stato quello del 17 ottobre 2016 annunciato dalle Nazioni Unite su tutto il territorio dello Yemen. La breve tregua a questa interminabile carneficina, che vede protagonisti moltissimi bambini, vittime indifese e inconsapevoli era arrivata anche dopo gli ultimi allarmanti rapporti dell’Unicef, dall’inizio del conflitto sono morti 505 bambini, 702 sono rimasti feriti e 1,7 milioni erano già a rischio malnutrizione. A causa dei continui bombardamenti sono più di 1,4 milioni le persone che sono state costrette ad abbandonare le loro case. Situazioni più volte denunciate anche da Amnesty International, e dalla Human Rights Watch, che a suo tempo ha documentato 119 violazioni delle leggi di guerra della coalizione a guida saudita, oltre le gravissime trasgressioni del diritto internazionale da parte dell’esercito di Riyad.

Non solo Covid, che i riflettori si puntino anche sulle guerre

In questo momento di pandemia da Covid-19, si spera che i riflettori mediatici almeno per una volta vengano puntati anche sullo Yemen e le sue molteplici vittime restate per troppo tempo invisibili a causa di un conflitto eterno e sanguinoso. Vittime ancora più sotto lo scacco dei guerriglieri. Come riportato da alcuni media e social media, sembra infatti che ci sia addirittura da parte dei miliziani ribelli Houthi una vera caccia all’uomo nella capitale dello Yemen, Sana’a. Miliziani sembrano si siano recati presso un’abitazione di un caso sospetto Covid-19 imbracciando un Kalashnikov. Leggi anche: Ogni giorno 7 mila bambini muoiono di malnutrizione, ma la cosa non ci tocca   di Mary Tagliazucchi

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