Indagine Inapp sullo Smart working: ai lavoratori italiani piace lavorare da casa

Lo smart working diventa un fenomeno di massa. Un'indagine dell'Inapp ha analizzato il pensiero degli italiani riguardo al lavoro da remoto. Ecco quello è emerso dal sondaggio.

Melissa Matiddi
Melissa Matiddi
Esperta in comunicazione e digital marketing, studia lo yoga e le discipline orientali. Ama creare, leggere e viaggiare. Silenziosa ma rumorosa, è sempre pronta a varcare nuovi orizzonti.
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Lo Smart working, il lavoro da casa, è ormai entrato nelle abitudini dei lavoratori italiani da quando è iniziata la pandemia, ovvero nel marzo del 2020. Promosso dall’ex Premier Giuseppe Conte, è una modalità di lavoro che concentra obiettivi, tempo e cicli di rendimento.

Il recente sondaggio condotto dall’Inapp e pubblicato il 26 gennaio 2022, ha registrato che nel 2021 un terzo dei dipendenti italiani, circa 7,2 milioni hanno lavorato da remoto. Sotto la frusta della pandemia, lo Smart working è cresciuto in modo esponenziale tanto da entrare nella routine domestica degli italiani.

Quasi il 46% dei lavoratori ha dichiarato che vorrebbe continuare a svolgere il lavoro da casa anche dopo l’emergenza sanitaria.

Smart working: l’indagine dell’Inapp

L’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche ha svolto un’indagine campionaria con oggetto lo Smart working, intitolata: “Il lavoro da remoto: le modalità attuative, gli strumenti e il punto di vista dei lavoratori”. Il sondaggio, svolto su oltre 45mila soggetti, dai 18 ai 74 anni, nel periodo marzo luglio 2021, ha indagato sul lavoro agile, sul numero dei lavoratori da casa, sulle impressioni degli stessi e sulle previsioni future.
Nel 2021, il 32,5% dei lavoratori ha svolto la propria attività lavorativa da casa contro gli 11% degli occupati nel periodo pre pandemico del 2019. Sono numeri che fanno riflettere e che registrano un feedback positivo nei confronti del lavoro da casa.

Prima dell’emergenza, i lavoratori a distanza erano solo 2.458.210, la quota, nel 2020, ha registrato un aumento del 21,5% fino a salire a 7.262.999 occupati. Il 46% dei worker vorrebbe continuare a svolgere la propria mansione da remoto anche dopo la fine del Coronavirus.

Il lavoro in smart è stata un’esperienza positiva per il 55% dei lavoratori che ha espresso la sua preferenza in questo tipo di modalità in quanto gli permetterebbe di gestire e di organizzare liberamente il lavoro e gli impegni familiari.
Per di più, dallo studio è emerso che, oltre un terzo degli intervistati si trasferirebbe in un piccolo centro lontano dallo stress urbano e che 4 soggetti su 10 andrebbero a vivere in un luogo isolato a contatto con la natura.

Le uniche criticità riscontrate sono state le difficoltà nel mantenere o nell’instaurare il rapporto di lavoro con i colleghi, l’aumento delle bollette denunciato dal 60% dei lavoratori e la problematica relativa al diritto alla disconnessione: il 49% degli intervistati ha dichiarato di non poter fare break diversi dalla pausa pranzo.

In conclusione, i dati analizzati dall’Inapp evidenziano una valutazione positiva del lavoro da remoto e un elevato interesse verso il miglioramento della qualità della vita.

Smart working: gli italiani preferiscono migliorare la qualità della vita

L’indagine ha sollevato la questione del miglioramento della qualità della vita. Durante la pandemia, i lavoratori hanno avuto modo di riflettere sulla propria condizione esistenziale, ignorando per una volta la dimensione lavorativa, professionale ed economica.

Infatti, un dipendente su 5, pur di lavorare da remoto, accetterebbe un’eventuale diminuzione delle retribuzione, un segnale forte che dimostrerebbe interesse nei confronti di un perfezionamento della salute mentale e fisica.

Lo Smart working ha riconfigurato il concetto che regola il benessere dei lavoratori. La pandemia ha infatti reso possibile l’evoluzione del modello lavorativo verso una forma di organizzazione più flessibile e intelligente. Lavorare da casa riduce al minimo il tempo di spostamento e di percorrenza dall’abitazione all’ufficio, con la possibilità di dedicare il tempo guadagnato alle attività extra lavorative.

Il lavoro da casa permette di riservare molto più tempo alla cura degli interessi personali. Si è riscoperto il piacere di cucinare, di seguire il processo di preparazione di un pasto, di creare e di realizzare cose per la pura soddisfazione personale. Inoltre, la diminuzione degli spostamenti ha provocato una riduzione annuale delle emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera.

I lavoratori non vogliono abbandonare tutte le attenzioni che si sono regalati durante la pandemia, non vogliono più rinunciare al loro benessere ed hanno compreso l’importanza di riappropriarsi del tempo perduto.

Perché ricerchiamo il contatto con la natura


Lo Smart working ha permesso ai lavoratori di inserire nella loro quotidianità una routine semplice e genuina che gli ha fatto dimenticare i problemi legati alla pandemia. Insieme all’angoscia e alla paura, è stato avvertito, un po’ ovunque, un forte impulso, un richiamo a tornare a vivere nella natura. Come possiamo spiegare questo fenomeno?

Sembrerebbe che ogni qual volta l’uomo si trovi in una situazione di grave crisi, il ritorno a vivere a contatto con la natura, si ripresenti quasi ciclicamente. Durante il lockdown il bisogno di mettere, letteralmente le mani nella farina, ha portato le persone ad impossessarsi di quei valori rurali che appartenevano alle generazioni passate. I cibi fatti in casa hanno sostituito i prodotti commerciali dei supermercati, tanto che il lievito era diventato un alimento introvabile.

Nei periodi di incertezza e di confusione, l’uomo si rifugia nella cosa che sembra dimostrargli più sicurezza e più affidabilità: la natura. Si nasconde dentro a quei meccanismi che regolano i processi di vita e che non possono essere alterati da pandemie o rivoluzioni tecnologiche. Nei momenti di scompiglio l’essere umano si affida a quello che può sembrare stabile, a quello che non subisce l’influenza degli eventi esterni. In questo modello, gli schemi abitudinari vengono fatti traslocare, si fa spazio a tutto quello che prima appariva scontato e noioso.

Anche lo scrittore Henry David Thoreau, nell’opera autobiografica “Walden o Vita nei boschi“, decise, colto da un senso di insoddisfazione per la vita ripetitiva in ufficio, di sperimentare e di riscoprire il contatto con la natura, sostenendo un equilibrio tra l’ambiente naturale e l’esistenza. L’amore riscoperto per la natura ci aiuta a ritrovare noi stessi, a liberarci dalle catene dell’abitudine di un lavoro svolto in sede e ci permette di volgere lo sguardo su quegli antichi valori su cui i nostri nonni hanno costruito tutta la loro vita.

I lavoratori italiani vedono nello Smart working la soluzione al loro stato di impazienza e agitazione causato dai ritmi sempre più estenuanti dell’attività lavorativa.
Quindi, il lavoro da remoto non è più un’esperienza confinata alla sola emergenza sanitaria, ma sta prendendo il posto del tradizionale concetto lavorativo.

Leggi anche: La pandemia finirà nel 2022? Tutte le risposte

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