Scuola: “Nelle mense le monoporzioni non sono obbligatorie”

C’è chi ancora fa confusione rispetto alla normativa, ma spiega Claudia Paltrinieri, direttrice di Foodinsider.it, non esiste alcun obbligo per le scuole di utilizzare il monouso e monoporzioni.

Elza Coculo
Elza Coculo
Elza Coculo, 30 anni, di adozione romana. Lettrice appassionata con formazione in Studi italiani. Laureata in Editoria e Scrittura. Redattrice per Il Digitale. Amo scrivere di attualità e cultura eco-sostenibile.
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Sulla riapertura delle scuole si è fatto un gran parlare. La complessità dell’operazione in fase post-Covid ha richiesto particolare attenzione e non sono mancati gli equivoci. E anche nel giorno tanto atteso della ripartenza continuano a emergere dubbi. A generare confusione questa volta, la normativa relativa alle mense scolastiche e all’obbligo per i bambini di consumare monoporzioni precotte in mensa. Spiega Claudia Paltrinieri, direttrice di Foodinsider.it, osservatorio sulle mense scolastiche, si sono generati fraintendimenti rispetto alle normative uscire in estate, ma le linee guida sul cibo confezionato in monoporzioni sono chiare: non sono obbligatorie. Ha detto l’esperta al Fatto Quotidiano:

Voglio dire subito una cosa: come l’Oms ha specificato, il cibo non è veicolo di virus. Per questo il Ministero non ha dato alcun obbligo alle scuole di utilizzare le monoporzioni. Questo si evince sia nei documenti del Comitato Tecnico Scientifico, sia nelle Linee guida del Ministero dell’Istruzione che in quelle della Società Italiana di Igiene Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (Siti).

Nessun obbligo sulle monoporzioni

Le scuole non hanno nessun obbligo sulla scelta delle monoporzioni rispetto al normale servizio di mensa.

A generare confusione sulla riorganizzazione delle mense, ipotizza la Paltrinieri, può essere stato un documento del Comitato Tecnico Scientifico del 28 maggio, dove lunchbox e monoporzioni sono citate come soluzione residuale nel caso tutte le altre fossero impossibili. Una soluzione da usare “in casi estremi” ha stabilito il Ministero. Questa scelta, infatti, dovrebbe applicarsi solo nel caso in cui non si riesca, per ragioni organizzative, ad avere accesso al refettorio o a scodellare il pasto in classe.

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Cosa sono i pasti in monoporzioni

Lì dove le scuole abbiano preferito introdurre le monoporzioni, è fondamentale che i genitori si facciano carico di vigilare sulla qualità del cibo, dei menù e della quantità di scarti, raccomanda l’esperta. Questo perché, spiega Paltrinieri, una monoporzione “è un pasto cucinato la mattina presto e sigillato in uno o più piatti di plastica, per essere consegnato all’interno di un box nelle varie scuole”. Per preparare questo tipo di pasto è necessario utilizzare una macchina per termosigillare, uno strumento che costa migliaia di euro e che non è disponibile in ogni scuola. Per questo “le aziende di ristorazione spostano la produzione dalle cucine interne al centro industriale, dove il cibo viene preparato al mattino presto e rimane stagnante per ore prima di essere consumato”. In questo passaggio “il pasto perde qualità organolettiche e potere nutrizionale e ha un alto impatto ambientale”. 

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Acqua, molte scuole hanno reintrodotto le bottiglie monouso

Diverso il discorso per quel che riguarda l’utilizzo di bottiglie d’acqua monouso. Per rispetto delle norme igieniche i bambini non possono toccare la caraffa. Questo rende necessario che qualcuno la versi per loro o che si ritorni al monouso. Spiega Claudia Paltrinieri:

A Bergamo, per esempio, utilizzeranno le brocche dell’acqua servite dagli adulti. Su questo si sta ancora lavorando, una opzione è far usare le borracce ai bambini definendo, in accordo con le asl, un protocollo di igiene che le famiglie dovranno adottare per pulirle. Il rischio è quello di dover ricorrere alle bottigliette di plastica e quindi causando una montagna di rifiuti, che sarebbe assurdo.

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Le conseguenze delle scelte sui bambini

A questo punto la differenza sull’andamento del servizio mensa dipenderà dalle scuole. Spiega Paltrinieri:

Ancora una volta la differenza la faranno quelle scuole e quei servizi mensa che lavorano bene e nell’interesse dei bambini rispetto a chi invece non vede l’ora di riportare nuovamente la lavorazione nelle cucine industriali, tornando indietro rispetto agli obiettivi indicati da Criteri Ambientali Minimi e dagli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile.

La conseguenza sarà che la forbice tra bambini poveri e meno poveri aumenterà, perché mentre i primi non pagando la mensa continueranno ad usarla, i secondi cominceranno a disdire il servizio, chiedendo magari di portare il pasto da casa: un tema su cui ancora la legislazione è controversa. E così la mensa, invece di essere uno strumento di inclusione e di educazione per bambini sempre più obesi e che spesso mangiano male a casa, diventerà uno stigma di povertà. Ma non per colpa del covid-19, ma di una cattiva interpretazione della normativa, sciatteria, disinteresse per la salute dei nostri figli.

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Elza Coculo, 30 anni, di adozione romana. Lettrice appassionata con formazione in Studi italiani. Laureata in Editoria e Scrittura. Redattrice per Il Digitale. Amo scrivere di attualità e cultura eco-sostenibile.
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