Perché andare al cinema è importante come andare al supermercato

L'ultimo Dpcm firmato dal premier Conte umilia con la loro chiusura cinema e teatri, così in nome della sicurezza perdiamo deliberatamente il diritto alla cultura e il diritto allo svago.

Silvia Buffo
Silvia Buffo
Silvia Buffo, 1985, giornalista. Ha fondato e dirige Il Digitale. Formazione classica e filologica, un dottorato di ricerca in Letteratura italiana, sui legami tra scrittura e nuovi media. “La bellezza è promessa di felicità” è il suo motto, che ha delicatamente rubato a Stendhal.
spot_img

Non si vive di solo pane, eppure la pandemia stravolge completamente le nostre necessità, facendocelo credere. Cala il sipario su cinema e teatro. L’ultimo Dpcm firmato dal premier Conte, palesa un evidente discrimine tra attività necessarie e attività superflue. Mettiamo da parte l’aspetto puramente economico e il conseguente scenario drammatico a cui si è costretti ad assistere destinando in maniera irresponsabile questo settore a una morte lenta e dolorosa, in quella che il Governo considera una scelta costretta, non c’è solo la mortificazione economica, ma un grave danno morale e culturale.

Schermi e palcoscenici crollano in macerie

La chiusura di cinema e teatri è una, neanche troppo, indiretta manifestazione di illegittimità, come se di colpo la cultura del grande schermo e quella del palcoscenico fossero crollate sotto un terremoto di macerie. Di colpo le nostre vecchie abitudini vengono sostituite da un deserto e da uno stile di vita sempre più isolato e non condivisibile.

L’emergenza della pandemia, porta avanti solo la condivisione mediatica e collettiva della malattia, la speranza del suo superamento, l’anelare a una normalità da cui siamo sempre più lontani e rispetto alla quale siamo sempre meno ambiziosi. All’infuori del focus Covid, questa seconda ondata inibisce ogni possibile distrazione.

Niente cinema, solo beni di prima necessità

Pensarla diversamente o desiderare altro in questo clima sembra quasi minaccioso, un oltraggio alla salute pubblica. Se da una parte assistiamo a una crisi economica, dall’altro vediamo cambiare i nostri consumi: l’economia del Covid è quella delle famiglie, di quella serie di cose certe e sicure che servono a stare a casa, rendendo questo isolamento più confortevole, di ciò che è indispensabile al sostentamento, di tutto ciò che sufficientemente ci nutre e ci conserva. A partire da questi nuovi bisogni cambieranno i mercati e si costruiranno gli scenari economici dei prossimi anni.

Leggi anche: Riccardo Muti a Conte: “Chiudere i teatri è ignorante e insensibile. Ci ripensi”

Cinema e teatro chiusi, che fine fa il diritto a emozionarsi

Così, in questa univoca direzione, adesso, ma già da marzo scorso, viene meno in maniera del tutto insensibile il riconoscimento delle attività culturali e di intrattenimento, non solo vengono discriminate sul piano economico, ma non vengono riconosciute come necessità quotidiane. L’alterazione dell’aspetto psichico e psicologico come effetto collaterale collettivo non viene considerata, le conseguenze di queste grossolane restrizioni sulla salute mentale non vengono valutati come un danno alla salute pubblica, come se dopo il Covid fossimo anestetizzati a tutto e in grado di privarci qualsiasi abitudine, con il privilegio però di non essere contagiati. Nella scorsa primavera fu ad esempio ritenuta superflua, quindi inessenziale, l’attività motoria all’aperto aumentando così gli episodi di infarto e i problemi cardiaci vertiginosamente.

Cinema e teatro, gli antidepressivi naturali di cui ci priviamo

Oggi si coltiveranno invece le depressioni, sia per gli addetti ai lavori che non vedono più un futuro nel loro settore, assistendo ad esempio alla chiusura, stavolta irreversibile di quei teatri, che rimanevano in piedi con resistenza in un mondo già viziato dalla svalorizzazione della cultura e da una sempre più frivola indifferenza dovuta ai tempi aridi che già correvano nell’era pre-Covid per le ragioni che conosciamo bene. Questa volta il discrimine colpisce il cinema e i teatri, antidepressivi naturali, stimolatori di emozioni, attivatori di neuro-trasmettitori che mai come in questo momento ci sono necessari per andare avanti. Questo Dpcm è una scure dal taglio netto e senza speranza che con la sua fredda lama sembra echeggiare un unico messaggio: “La cultura non è più necessaria, possiamo farla morire economicamente e moralmente”.

Leggi anche: Nuovo Dpcm, da oggi cambiano le abitudini degli italiani. Ecco come

spot_img

Correlati

La Canzone della Terra, di cosa tratta il film e perché è evento dell’anno

È uscito nelle sale italiane il film “La Canzone della Terra”, Songs of Earth,...

Chi era Salvatore Liguori, direttore dell’Accademia Totò di Napoli scomparso a 37 anni

Salvatore Liguori, direttore dell'Accademia delle Arti Teatrali del Teatro Totò, nel cuore di Napoli,...

Tatami – Una donna in lotta per la libertà, di cosa tratta il film e perché è così attuale

Oggi recensiamo Tatami – Una donna in lotta per la libertà, il film diretto...
Silvia Buffo
Silvia Buffo
Silvia Buffo, 1985, giornalista. Ha fondato e dirige Il Digitale. Formazione classica e filologica, un dottorato di ricerca in Letteratura italiana, sui legami tra scrittura e nuovi media. “La bellezza è promessa di felicità” è il suo motto, che ha delicatamente rubato a Stendhal.
spot_img