Parkinson: inibire un singolo gene porta alla scomparsa dei sintomi

Scoperta rivoluzionaria dell’Università della California: l’inibizione di una singola proteina nel cervello dei topi con Parkinson porta alla creazione di nuovi neuroni e alla scomparsa dei sintomi.

Marianna Chiuchiolo
Marianna Chiuchiolo
Giornalista con studi in Mediazione Linguistica, una formazione da teatrante e una generale tendenza a perdersi nei vicoli di una fervida immaginazione. Ama in egual misura la scienza e la poesia e si spende da tempo per la crociata della Mental Health Awareness come missione di vita.
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Un po’ per necessità e un po’ per serendipità: sembra che l’ultima scoperta scientifica in ambito di neuroscienze sia venuta fuori da questa combinazione di fattori e abbia già aperto un mondo. Uno studio portato avanti da Xiang-Dong Fu, PhD per la University of California San Diego School of Medicine, mostra come l’inibizione di un singolo gene nei topi affetti da Parkinson porti a una regressione sostanziale della malattia.

Fu e la sua squadra studiano da anni la biologia di RNA e DNA, e in particolare il funzionamento della proteina PTB, che è in grado di legare l’RNA e attivare o disattivare determinati geni in una cellula. Dopo così tanto tempo passato a ripetere monotone procedure di laboratorio al solo scopo di osservare le reazioni di una cellula a diversi tipi di manipolazione, il team ha cominciato a chiedersi se invece non fosse il caso di tentare un approccio del tutto differente. Fino a quel momento, gli esperimenti venivano condotti utilizzando la tecnica siRNA, una procedura in grado di silenziare il gene PTB all’interno dei fibroblasti, una particolare tipologia di cellule presenti nel tessuto connettivo. Complice la solida base di conoscenze acquisite negli anni di studio, si sono decisi a provare una strada diversa: creare una linea cellulare dove il gene PTB non fosse semplicemente disattivato ma del tutto assente.

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Disattivare la proteina PTB porta allo sviluppo di nuovi neuroni

Dopo qualche settimana di scetticismo misto a curiosità, ecco la sorpresa: all’interno della coltura erano rimasti pochissimi fibroblasti, al loro posto c’erano invece nuovi neuroni. Eliminare un singolo gene aveva trasformato cellule di diversa natura in tessuto cerebrale.

Inevitabile l’applicazione di questa scoperta alla ricerca sulle malattie neurodegenerative, Parkinson in particolare. Il trattamento di inibizione della PTB nei topi ha portato alla conversione degli astrociti, cellule cerebrali di supporto, in nuovi neuroni in grado di produrre dopamina. Con questo trattamento, i topi affetti da Parkinson hanno mostrato una completa remissione dei sintomi, senza alcuna recidiva a distanza di tempo. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Nature in data 24 giugno.

Lo stesso Xiang-Dong Fu ha dimostrato grande sorpresa:

I ricercatori di tutto il mondo hanno tentato in diversi modi di generare neuroni in laboratorio, utilizzando cellule staminali e altri mezzi, in modo da poterli studiare più approfonditamente e da poterli utilizzare per sostituire i neuroni perduti nelle malattie neurodegenerative. La possibilità di produrne così tanti in un modo così semplice è stata una grande sorpresa.

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Come funziona il trattamento: inibisce la capacità dell’RNA di sintetizzare la proteina

Cervello con Parkinson prima e dopo il trattamento
In alto: cervello di topo prima del trattamento. In basso: cervello di topo dopo il trattamento per la conversione degli astrociti in neuroni. È evidente l’aumento del numero di neuroni, evidenziati in verde.

Il trattamento viene effettuato inoculando un virus non infettivo che trasporta una sequenza oligonucleotidica, cioè una sequenza di DNA generata artificialmente per legarsi all’RNA che codifica la PTB. In questo modo la sezione di RNA che dovrebbe generare la proteina non è più in grado di farlo, e lo sviluppo di nuovi neuroni può svolgersi con più facilità. Nei topi sottoposti a trattamento, il numero di neuroni è aumentato di circa il 30% e i livelli di dopamina hanno raggiunto la soglia della normalità.

Adesso bisognerà capire come adattare il modello murino alla fisiologia umana, nella quale le caratteristiche del morbo di Parkinson si esprimono in maniera un po’ diversa. Ma la strada da percorrere è aperta. Le parole di Xiang-Dong Fu:

Il mio sogno è vedere questa tecnica arrivare ai test clinici, provare questo approccio nel trattamento del morbo di Parkinson, ma anche di altre malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer, la malattia di Huntington o l’ictus. Ma mi piace sognare in grande: e se un giorno potessimo manipolare la PTB per correggere difetti anche in altre aree del cervello, ad esempio per trattare difetti cerebrali ereditari? Voglio passare il resto della mia carriera a cercare le risposte a queste domande.

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di Marianna Chiuchiolo

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Marianna Chiuchiolo
Marianna Chiuchiolo
Giornalista con studi in Mediazione Linguistica, una formazione da teatrante e una generale tendenza a perdersi nei vicoli di una fervida immaginazione. Ama in egual misura la scienza e la poesia e si spende da tempo per la crociata della Mental Health Awareness come missione di vita.
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