Paola Turani e la fatica di crescere un figlio. Perché una madre non può mai essere stanca?

L'influencer e modella Paola Turani è stata travolta dalle critiche per aver pubblicato su Instagram delle storie in cui racconta la difficoltà di gestire e crescere un bambino di 9 mesi. Ma perché ad una madre non è permesso di essere stanca?

Melissa Matiddi
Melissa Matiddi
Esperta in comunicazione e digital marketing, studia lo yoga e le discipline orientali. Ama creare, leggere e viaggiare. Silenziosa ma rumorosa, è sempre pronta a varcare nuovi orizzonti.
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Paola Turani è stata letteralmente linciata sui social per aver condiviso la sua difficoltà nell’accudire e nel crescere un bimbo di 9 mesi. Vittima del retaggio arcaico e primitivo di un sistema in cui il punto di vista materno non è ammesso, se non nei termini e nei modi concessi dalla società, la modella si è ritrovata al centro di un vero e proprio tornado di critiche, formulate da chi, vive e si nutre ancora della certezza che una madre non abbia il diritto di lamentarsi per essere stanca.

Offese, ingiurie e maledizioni colpiscono qualunque donna abbia il coraggio di ammettere che educare un figlio sia davvero molto stressante. Ma perché la società non permette alla madri di condividere la propria stanchezza? E perché, quando una madre esprime il proprio punto di vista, ammettendo tutte le difficoltà del caso, la ricopriamo di insulti e la distruggiamo con la nostra shitstorm?

Paola Turani: lo sfogo di una madre stanca

La modella Paola Turani ha deciso di sfruttare uno sfogo personale per mandare un messaggio a tutte le donne e più in generale a chi crede che una madre non possa esternare il suo stress e la sua stanchezza.

Attraverso il canale Instagram, l’influencer ha pubblicamente raccontato che la storiella del crescere i figli in un mondo fantastico fatto solo di gioia e tenerezza sia in realtà tutta una balla. Stare dietro ad un bambino non è proprio una passeggiata di salute, anzi comporta limitazioni e restrizioni che molto spesso vengono messe a tacere per mantenere intatta la narrazione di una madre che tra arcobaleni e fiori cresce, senza alcuna fatica, il suo piccolo.

Nel corso delle storie su Instagram, la Turani ha dichiarato:

Terribili i 9 mesi, ma è normale oppure dipende tutto dal carattere di un bambino? O perché i maschi sono più fisici e agitati?

Non sta fermo un secondo, negli ultimi 15 giorni ha avuto un cambiamento pazzesco.

Non posso lasciarlo e farlo fare, devo essere sempre con gli occhi su di lui, sempre presente.

Mangia tutto quello che trova per terra, se trova un sasso lo vuole mangiare, una sigaretta la vuole mangiare, qualsiasi cosa.

Devo essere sempre sul pezzo e togliergli tutte le schifezze che mangia. Poi ora vuole fare di continuo le scale, ovunque sia cerca delle scale però poi si cappotta e piange.

Sono esausta.

Paola Turani: quando ad una madre non è permesso essere stanca

La valanga di insulti che hanno ricoperto la modella bergamasca hanno aperto, in questi giorni, un dibattito che per troppo tempo è stato chiuso, o meglio è rimasto negli abissi di un’ignoranza che dipinge ancora il viaggio della vita di una madre come idilliaco e soave.

La Turani di turno, convinta di fare la cosa giusta, ha pensato di bene di esternare tutto il suo disagio attraverso il web, attirando però, su di sé, l’odio e la frustrazione di una comunità, quella dei social, che non accetta lamentele.

La maggior parte dei commenti ricevuti hanno sottolineato il divieto non solo di protestare per la stanchezza materna, ma anche di polemizzare per chi si trova in una condizione, quella di influencer, che non comporta proprio il tradizionale stress casalingo tipico delle massaie.

Ma cosa pensavi, di avere un Tamagotchi? ma cosa hai da fare oltre a farti i selfie? pensa a chi deve timbrare il cartellino.

La narrazione della maternità sui social

La narrazione della maternità sui social è stata sempre gonfiata ed alterata. Negli ultimi tempi abbiamo assistito ad una rimodulazione femminile orientata ad una perfezione di cartapesta.

Donne splendenti, per niente stanche che hanno appena partorito, madri in bikini in perfetta forma pronte per la prova costume, neonati dolci e sorridenti che ci guardano dal loro lettino, bambini che siedono composti al ristorante e genitori sempre allegri e spensierati costantemente innamorati della prole.

Tutto questo rappresenta il prodotto di una società che omette intenzionalmente che essere una madre comporti stanchezza, stress, limitazioni e frustrazione. La maternità è sempre stata raccontata come quelle pubblicità ingannevoli che ci fanno gustare e assaporare il cioccolato, sorvolando su tutti i valori nutrizionali che invece potrebbero recarci gonfiore e indigestione.

Proprio come una barretta che ci viene venduta solo per il gusto, l’aspetto e la squisitezza, la crescita di un figlio ci viene disegnata da sempre con il volto delle donne felici, realizzate, soddisfatte e sorridenti che non hanno mai rinunciato alla loro vita, agli spazi, al tempo e ai silenzi.

Per eludere questo scenario fantascientifico, dobbiamo essere in grado di ammettere, come ha fatto la Turani, che la maternità sia faticosa e comporti delle rinunce a cui molte spesso non è facile sottostare.

La società infatti non parla mai di questa menomazione, ma si riferisce sempre alla maternità come a qualcosa a cui siamo predestinate fin da bambine, qualcosa per cui le donne sono nate.

Leggi anche: “La cellulite è una malattia”: così abbiamo demonizzato il corpo femminile

Perché una madre nel 2022 non può ammettere di essere stanca?

Il concetto di maternità nel 2022 è completamente cambiato rispetto agli anni in cui nostra nonna cresceva figli, nipoti e cugini. La società ha modificato completamente il suo assetto. Il ruolo performativo ha preso piede nella mente della maggior parte delle donne che sono ormai ossessionate e annientate dall’essere brave, sorridenti, belle e presentabili.

Le madri subiscono tutte le pressioni sociali di una cultura che non ammette mediocrità, insufficienza, basso livello e disagio. Tutto deve ruotare intorno ad una forma perfetta che incastra esattamente madre-figlio, causa-effetto, fiore-frutti e matrice-elementi.

Questo innesto barcollante viene nutrito, alimentato e sfamato dalla retorica tradizionalista che mira a promuovere il vecchio e ad ostacolare il nuovo. La storiella delle nostre nonne o madri che ci hanno cresciuti felici e contenti, senza polemiche, lamentele o sfoghi, serve alle coscienze comuni per proiettare nelle vite di ognuno di noi uno scenario malsano, insalubre e nocivo accettato dalle donne, negli anni ’60, solo perché non esistevano valide alternative.

Oggi però possiamo cambiare e iniziare a manifestare ed esprimere tutta la nostra stanchezza e frustrazione senza vergogna perché una donna ha tutto il diritto di essere stanca.

Le madri hanno bisogno di riprendersi il proprio spazio e di cominciare a ribaltare la favola del genitore felice.

Leggi anche: Perché solo le madri devono stare a casa con i figli?

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