Perché solo le madri devono stare a casa con i figli?

Nella nostra società vige ancora il rigido e soffocante schema del patriarcato. Donna e uomo non sono uguali, i loro compiti sono ghettizzati e stereotipati. Una madre deve stare obbligatoriamente con i figli, un padre no.

Melissa Matiddi
Melissa Matiddi
Esperta in comunicazione e digital marketing, studia lo yoga e le discipline orientali. Ama creare, leggere e viaggiare. Silenziosa ma rumorosa, è sempre pronta a varcare nuovi orizzonti.
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Solo le madri devono stare a casa con i figli. Purtroppo, nel 2022, malgrado l’avanzamento evoluzionistico, noi donne siamo ancora costrette a subire il retaggio involutivo della catena sociale del patriarcato. Comandate e governate da una struttura gerarchico-piramidale, la cui cima è occupata da nostro marito, compagno o fidanzato che sia, insomma, da colui che tutto può, patiamo di continuo la contraddizione acutizzante della disparità sociale tra madre e padre.

Nonostante, il nostro partner sia stato, proprio come noi, soggetto attivo, durante il processo di creazione della prole, può essere comunque meno presente, senza sentirsi sbagliato, del genitore materno.

La legittimazione di assenza e di disequilibrio viene direttamente impacchettata da una società che tollera la figura di madre solo quando viene scissa da quella di donna e poi spedita ad ogni famiglia che dovrà solo recitare, adeguarsi alla parte che la collettività ha scelto e mettere in scena, senza ovviamente domandarsi il perché, la solita sceneggiatura della mamma che deve occuparsi sempre e solo dei propri figli.

Perché solo le madri devono stare a casa con i figli, il retaggio socio-culturale

Fin dalla tenera età veniamo incastrate in un ruolo fatto di devozione, attaccamento e dipendenza ai valori che la società ci ha ordinato di amare. La voce delle madri e delle nonne ci insegnava, da quando abbiamo memoria, a mettere in scena e a praticare la storiella della vocazione della maternità su bambole e bambolotti.

Come uno spettro che si aggira nei nostri pensieri, il patriarcato regola e condiziona ogni aspetto di noi stesse, ci limita nella libertà individuale, sancisce la quantità di tempo che dobbiamo passare con i nostri figli, determina la tipologia di professione che dobbiamo svolgere e definisce i compiti domestici che siamo chiamate a rispettare.

Non esiste ambito in cui la sua influenza non sia esercitata. Condiziona ogni scelta ed azione e tramanda di continuo, con un cerchio puntellato di discriminazione e disparità, un continuum di sottomissione e squilibrio che porta le donne e le madri ad essere prigioniere della vita familiare. Le madri devono stare a casa con i figli perché è stato scritto così.

Le madri non sono solo madri e i figli non sono il loro guinzaglio

Nelle ultime due, tre generazioni, il racconto sulla sottomissione delle madri non è cambiato. La sinfonia è sempre la stessa: se sei mamma devi stare a casa con i figli, occuparti e badare a loro in ogni istante della tua vita e vedere le tue ambizioni, la carriera e le libertà, sbriciolarsi poco a poco.

Queste convinzioni sono così radicalizzate e cristallizzate nelle nostre coscienze che il pensiero o la sola immagine di lasciare i nostri figli, per adempiere alle proprie mansioni lavorative o per scegliere di passare una serata fuori e lasciare i bimbi con il papà, ci fa piombare nel senso di colpa, nel peccato di non essere buone madri e nella mancanza di dare amore ai nostri tesori.

A differenza di quel che si crede, essere madri è ancora un limite, un handicap e un ostacolo alla propria libertà e alla realizzazione del sé. Non dobbiamo aver paura o vergogna di dirlo, è così.

Ovviamente, qui non si sta parlando di maltrattamenti o di essere totalmente assenti dalla crescita dei nostri figli, ma di deporre lo scettro che ci ha proclamato genitore indispensabile e insostituibile. Dal momento che la società ci ha affidato le cure dei nostri bambini, ci rifiutiamo di chiedere a nostro marito di badare alla prole perché, giustamente, la risposta più ovvia e naturale, suggerita dalla nostra mente, è che lui ha la sua vita, il suo lavoro e i suoi impegni. È scritto così da secoli e noi non riusciamo a non rispettarlo.

Un bambino non è una camicia di forza in cui ci infiliamo, è il prodotto della creazione e dell’amore tra due persone uguali che devono prendersi cura egualmente di quella nuova vita.

Le madri non sono solo madri, c’è molto di più sotto a questa incantevole definizione, sono persone e straordinarie donne di successo che hanno il bisogno, il diritto e il dovere di emanciparsi.

Parità di genere, questa sconosciuta

Si parla tanto di parità di genere, ma con i numeri ancora non ci siamo. Secondo i dati dell’Istat, sarebbero 10 milioni le donne che durante la vita, hanno rinunciato, per farsi carico degli impegni familiari, al proprio lavoro.

Infatti, nel 2012 ,il 62,8% delle madri risultava occupato al momento della gravidanza, mentre nel 2015 le donne a lavoro erano solo il 48,8%. Tra i motivi indicati alla base della scelta di licenziarsi figurava proprio la necessità di stare più tempo con i figli.

A questo punto, è doveroso farsi una domanda: se la società avesse ripartito equamente i compiti tra madre e padre, conciliando per entrambi lavoro e tempo libero, siamo sicuri che le donne non sarebbero state destinate a dover scegliere tra lavoro e famiglia?

Perché è di questo che si sta discutendo, una madre, oggi, non è libera di viaggiare per lavoro e lasciare tranquillamente che il padre dei propri figli si occupi di loro, senza attirare i giudizi e le svalutazioni di chi preferisce tenerla in gabbia.

Un’emancipazione chiamata Chiara Ferragni

Per contestualizzare tutto il discorso, pensiamo alla pioggia di critiche e di polemiche che hanno colpito l’imprenditrice Chiara Ferragni, che ha deciso di partire per New York, per motivi di lavoro, e lasciare che Fedez, padre dei bambini, si occupasse di loro.

È stata duramente e ingiustamente attaccata per aver dato i figli a quella misteriosa figura che ha due braccia, due gambe, due occhi e un cervello pensante che si chiama papà, che non solo si è aggiudicato il titolo di eroe per aver speso il suo tempo a gestire i figli, ma è stato pure applaudito per essersi occupato, suo malgrado, delle faccende domestiche.

Ma se a partire per affari fosse stato un uomo, la società si sarebbe complimentata con una donna rimasta a casa a badare ai bambini? No, la risposta è sempre no. In ogni caso, una madre viene riconosciuta con il solo titolo di madre e non le serve altro per vivere e sopravvivere.

Tutto ciò a cui è destinata una donna è una rinuncia, un sacrificio e un abnegazione su se stessa. Il panorama sociale riflette in pieno i segni di questa privazione delineata e sostenuta dall’assurda concezione che le madri devono stare a casa con figli.

Quando una donna comunica al proprio datore di lavoro di essere rimasta incinta, si abbatte su di lei una tempesta che neanche gli eroi dell’Olimpo potrebbero vincere e affrontare. Da quel momento, iniziano mortificazioni, dispetti, umiliazioni, sospensione di carriera, ricatti e mobbing, tutti riflessi incondizionati di un mondo che è rimasto all’età della pietra e che avanza a ritmo di lumaca.

Leggi anche: Ferragni: “Mia figlia avrà anche il mio cognome. Dare solo quello del padre è una scelta patriarcale”

Donne, figli e lavoro: il punto di vista della società

Con la storica sentenza della Corte Costituzionale che ha concesso alle donne di dare ai figli il proprio cognome, diritto inseguito da più di un anno, sembrava ci fosse stato un avanzamento di pensiero, invece siamo annegate di nuovo in quella buia, fitta e impenetrabile ignoranza.

Durante il corso di un evento, Donne e moda: il barometro 2022, organizzato da il Foglio e Pwc, Elisabetta Franchi, boss dell’omonima azienda di moda, ha confermato tutta la tossicità e la contagiosità del patriarcato.

Quando metti una donna al vertice in una posizione importante, da imprenditrice, non puoi permetterti che manchi per due anni e quindi spesso ho puntato su uomini.

Se dovevano fare un figlio, l’hanno fatto, se dovevano sposarsi sono già sposate, se dovevano separarsi anche così possono lavorare con me h24.

Parole difficili da giustificare che hanno solo rafforzato e cementificato l’eco di un discorso che aliena e discrimina la genitorialità materna. Le dichiarazioni della Franchi hanno fatto male a tutte, tanto che nelle ultime ore è stato lanciato un hashtag, #Senzagiridiboa, contro il modello Franchi. Tuttavia, fa strano pensare che una madre, anch’essa vittima di un retaggio antico e squilibrato, possa ritenere che una donna sia realizzata soltanto perché ha messo al mondo un figlio o peggio ancora, non sia degna di salire ai vertici aziendali solo perché appartenente al genere femmina.

L’imprenditrice, anziché ribaltare una questione gretta e meschina, ha dimostrato quanto gli stereotipi culturali siano incollati e consolidati alle nostre esistenze. Se da un lato le dichiarazioni della stilista, ci hanno disgustato e provocato l’indigestione, dall’altro, ci hanno fatto capire che il tipo di percorso da intraprendere porta un solo nome, quello di Samantha Cristoforetti.

Leggi anche: Samantha Cristoforetti arriva sull’Iss: ecco cosa farà nello spazio

Samantha Cristoforetti: l’eccezione che deve diventare regola

In un mondo di discriminazioni, alienazione e squilibrio tra ruolo materno e paterno, l’astronauta italiana, in missione sulla Stazione Spaziale internazionale, è stata per noi come una luce in fondo al tunnel. Con il suo esempio, ha dimostrato che una gestione paritaria della famiglia è possibile ed ha ribaltato completamente la convinzione che le madri devono stare a casa con i figli. La Cristoforetti è partita, lasciando tranquillamente tutto a suo marito.

Ho un partner, il papà dei miei figli, che si occuperà sia di mandare avanti la casa che i nostri bambini. Devo dire che lo fa già, da sempre. È sempre stato lui la figura di riferimento principale sia per la cura dei figli che per tutte le cose domestiche.

Le sue parole raccontano il superamento dello schema, le madri devono stare a casa, ormai antiquato, in cui la giusta ripartizione dei doveri genitoriali è reale.

Quindi, in un mondo in cui la parità dei sessi è solo teoria, ci siamo adeguate alle leggi di un sistema becero, regressivo e oppressivo che funziona al contrario, si rafforza ogni volta che sacrifichiamo il nostro lavoro e le nostre aspirazioni per crescere i figli e, per contro, si indebolisce, quando scegliamo di dedicare più tempo a noi stesse, lasciando che nostro marito si occupi congiuntamente di casa e figli.

L’uscita di sicurezza però c’è ed è una sola: riprendersi la propria vita.

Leggi anche: Senza le donne non c’è pace, ecco perché il matriarcato è la soluzione alla guerra

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