Nelle mani di chi è la pace in Palestina? Chi può donare dignità? Lo spiega Michela Mercuri

Nelle mani di chi è la pace, chi restituirà dignità ai civili? Ecco le risposte a tutte le domande che ci poniamo sul conflitto israelo-palestinese. La spiegazione dell'esperta Michela Mercuri.

Ilaria De Santis
Ilaria De Santis
Classe 1998. Esperta in Editoria e scrittura, è molto attenta ai dettagli, scrive poesie e canzoni ed è appassionata di musica, serie TV e sceneggiatura. “In tristitia hilaris, in hilaritate tristis”.
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In questi ultimi giorni l’opinione pubblica sta assistendo a ciò che accade nella delicatissima Striscia di Gaza, territorio palestinese che confina con Israele ed Egitto. Le storie di Yaffa Adar e di Shani Louk hanno svelato l’urgenza del conflitto israelo-palestinese, il conflitto di due popoli che rivendicano lo stesso territorio.

La situazione si è ulteriormente complicata dopo la fondazione dello Stato di Israele nel 1948, specialmente perché i palestinesi sostengono di essere stati espropriati della propria terra. Ma cosa c’entra Hamas con Israele e la Palestina?

Abbiamo intervistato Michela Mercuri, docente di Geopolitica del Medioriente, esperta in Storia contemporanea dei paesi mediterranei, commentatrice per Rai News, Sky tg 24, Tgcom24, La7. Anche autrice di Incognita Libia. Cronache di un paese sospeso, editore FrancoAngeli, Naufragio Mediterraneo per Paesi Edizioni e Polveriera Mediterraneo. Dall’Afghanistan all’Algeria, le nuove sfide per l’ordine mondiale, edito da FrancoAngeli.

Nelle mani di chi è la pace in Palestina? Michela Mercuri risponde. L’intervista

Proprio nel suo ultimo libro la professoressa Michela Mercuri fa chiarezza sulla situazione attuale del Mediterraneo, mentre oggi risponde ai quesiti che ci poniamo per essere informati e per avere un quadro limpido, breve, ed essenziale sulla questione israelo-palestinese.

Professoressa Mercuri, dopo le recenti vicende accadute nella Striscia di Gaza, come è possibile e chi può restituire la pace a tutta la popolazione?

La pace non può essere restituita, non è mai esistita in questi territori. La pace va creata, è molto diverso. Dei tentativi di pace tra palestinesi e israeliani, il più vero ed emozionante fu quello tra Yitzhak Rabin e Yasser Arafat, coronato sul prato della Casa Bianca. Tutti ricorderemo quelle immagini: i due leader dei due mondi, che si erano fatti la guerra fino a poco prima, hanno preso la via tortuosa e difficile della pace, stringendosi le mani che tremavano.

Due leader coscienti di ciò che stavano per fare, cercando di mettere fine a una guerra fratricida. Noi oggi vediamo Hamas un’organizzazione terroristica che ha sferrato un attacco probabilmente organizzato contro dei civili. Ed Israele sta già rispondendo. Dovremo capire ora quale sarà il ruolo dell’Iran, degli Hezbollah libanesi nel nord di Israele.

Come si può ottenere la pace?

Dovremo lavorare tantissimo per far dialogare questi due popoli, e basterà la mediazione di tutti gli attori di cui tanto si parla in questi giorni tra cui Egitto e Turchia. Ci vorrà la volontà vera di entrambe le parti come in quel lontano 1993.

Queste due parti, l’Autorità Nazionale Palestinese che si trova in Cisgiordania, e i leader israeliani, dovranno capire che la pace conviene a tutti. Soprattutto alla popolazione israeliana, stanca di guerre, sia alla popolazione palestinese stanca anch’essa di guerre e anche di continuare a chiedere cose che non è riuscita a ottenere, un accordo che possa creare una nuova era nell’area più delicata del mondo dopo 75 anni.

Putin, si parla moltissimo di Vladimir Putin. Qual è la sua strategia nel conflitto israelo-palestinese?

Putin non ha manifestato così apertamente nessuna opinione politica sulla realizzazione di uno stato palestinese. Lo hanno fatto altri attori come la Turchia o l’Egitto. Il punto di vista di Putin è questo: non esacerbare le violenze. Inoltre, Putin ha un doppio vantaggio da quello che sta accadendo. Si è aperto un fronte importantissimo in Medio Oriente di guerra e sta assorbendo diplomaticamente e anche in termini di possibili aiuti militari gli Stati Uniti, che danno aiuti militati a Israele già dai tempi degli accordi di Camp David del 1978.

Per una legge delle relazioni internazionali uno Stato, anche se grande e importante come gli USA, non può sostenere più di una guerra per lungo tempo. Cosa può fare, allora, Putin? Può trarre vantaggio dallo scoppio di un focolaio enorme che potrebbe avere un’eco importante in Medio Oriente, perché distoglierebbe l’attenzione americana, ma anche di altri attori internazionali, dall’invasione russa dell’Ucraina. Ma non solo.

Putin potrebbe avere un ruolo chiave tra Israele e i Paesi arabi?

Putin ha un secondo vantaggio: ha buoni rapporti con Netanyahu, ma anche con alcuni Paesi arabi e soprattutto con uno degli attori che ha supportato questa guerra, l’Iran. Potrebbe addirittura ambire a diventare un possibile mediatore di una possibile tregua tra Hamas e Israele.

Qual è il vero motivo della guerra?

Qual è il vero motivo della guerra? Gli equilibri in Medio Oriente stavano cambiando. Sappiamo che Israele non è uno stato arabo, ma è circondato da Stati arabi. Negli ultimi anni, a partire dagli Accordi di Abramo del 2020 voluti da Trump, Israele ha iniziato ad ammorbidire le sue relazioni con i Paesi arabi, in particolare, aveva stretto relazioni importanti da un punto di vista economico e militare con gli Emirati Arabi Uniti, il Bahrein, il Sudan e il Marocco.

Israele stava anche negoziando un riavvicinamento a uno degli Stati più importanti religiosamente e popolosi del mondo arabo, l’Arabia Saudita, grazie alla mediazione americana. Il riavvicinamento che si stava concretizzando avrebbe marginalizzato completamente i palestinesi e la situazione palestinese. Questo è stato il motivo del casus belli dell’offensiva di Hamas.

Hamas, però, ha agito con questa azione, e non per i palestinesi, per se stessa. Non lo ha fatto per la causa palestinese, ma solo per evitare che Israele potesse aprire le relazioni ai Paesi arabi, marginalizzando l’aiuto che i Paesi arabi danno ad Hamas.

Perché la situazione è così delicata a Gaza? E come bisognerebbe agire al più presto?

Una soluzione è sempre stata la prospettiva del mondo internazionale. Ma con la guerra del 1967 Israele conquista tutto il territorio, soprattutto la Striscia di Gaza e la Cisgiordania. Da lì si chiamano territori occupati e i palestinesi li rivendicano.

Gaza è intoccabile, la Cisgiordania, dove c’è la spianata delle moschee e tutti i luoghi sacri delle tre religioni, è piena di insediamenti israeliani. Per creare i presupposti di una situazione giusta, bisogna creare il modo di trovare uno Stato palestinese. Questo è quello che si è tentato di fare negli accordi internazionali.

I palestinesi non possono essere espropriati delle proprie terre e cosa fare ora? Rivedere la leadership palestinese che al momento non c’è, capace di interloquire con la comunità internazionale che porterebbe avanti un discorso concreto su un possibile Stato palestinese.

Un’ultima questione importante da chiarire: quale sarà la risposta israeliana?

Netanyahu ha detto che c’è una guerra iniziata con missili su Gaza. Potrebbe esserci un’azione terrestre che va studiata e pianificata bene, perché entrare a Gaza è difficilissimo: è un territorio piccolo e fatto di cunicoli, di viuzze.

Ma Israele lo ritiene importante anche per la liberazione degli ostaggi, 150 ostaggi sono stati presi, e sono da liberare. Questa è la priorità di Netanyahu. Questa azione di liberazione ridarebbe in qualche modo smalto all’immagine del Governo e dei servizi di Intelligence di un attacco che poteva essere prevedibile. Netanyahu deve riprendersi una rivincita sul terreno, ma anche di immagine e rivincita personale.

Ringraziamo la Professoressa Michela Mercuri che ci dà sempre il suo prezioso parere e la giusta visione per aiutarci a capire a fondo le questioni che si celano dietro al conflitto israelo-palestinese: La speranza rimane quella che, dalle macerie di questo atto che io considero definitivo e finale della crisi arabo-israeliana, possa nascere col tempo una nuova coscienza. I palestinesi hanno capito che possono rivendicare i loro diritti, non tramite Hamas, ma la causa palestinese è tornata dopo tanti anni all’onore delle cronache: il mondo si riaccorge che esiste una popolazione palestinese“.

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