Manifestazioni e forze dell’ordine, quando lo striscione svanisce sotto il manganello

Gli scontri di Pisa e Firenze sono solo gli ultimi di una lunga serie che prosegue da diversi mesi, in cui i motivi delle proteste finiscono in secondo piano.

Marcello Caponigri
Marcello Caponigri
Giornalista professionista, classe '91, si è occupato di cronaca, di esteri, di politica e di finanza, sia per testate cartacee sia online. Creatore di podcast e di newsletter tematiche, è ora di base a Milano dove segue il mondo del risparmio gestito.
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Il punto sulle manifestazioni.

Gli scontri di venerdì 23 febbraio, in cui la polizia ha caricato i manifestanti di Pisa e di Firenze, hanno provocato reazioni insolite nella politica, mostrando un dibattito esacerbato rispetto al bivio sicurezza/diritto a manifestare. Uno scontro che fa perdere di vista i motivi alla base delle manifestazioni.

Non è solo l’opposizione ad essersi schierata a favore dei manifestanti pro-Palestina, giovani disarmati e a volto scoperto, ma anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha dichiarato il suo dissenso verso le azioni degli agenti e ha rivolto parole d’ammonimento al ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi: “L’autorevolezza delle forze dell’ordine non si misura sui manganelli ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando la libertà di manifestare opinioni”.

Parole che hanno trovato d’accordo Piantedosi stesso, che si è definito amareggiato dal bilancio che vede 18 feriti, pur difendendo gli agenti, ma un altro Matteo sembra non essere dello stesso parere. Salvini ha infatti dichiarato, durante un discorso alla scuola di politica della Lega, che le parole del Presidente Mattarella “si leggono ma non si commentano”.

Salvini, ora Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, sembra non aver perso interesse per il suo precedente incarico da ministro degli Interni e ha difeso a spada tratta la polizia. “Giù le mani dalle nostre forze dell’ordine“, “Anche i poliziotti e i carabinieri sono uomini e donne, non sono macchine”. Insomma, Salvini ha un doppio standard per valutare le manifestazioni, perché mentre le forze dell’ordine possono sbagliare in quanto esseri umani, i manifestanti no.

Anche per Piantedosi, quello che è avvenuto sarebbe un caso isolato, o comunque raro. In un’intervista al Corriere della Sera, il Ministro ha infatti dichiarato che dal 7 ottobre, su più di mille manifestazioni, solo nel 3% dei casi si sono registrati incidenti. Il dato è però difficile sia da verificare, sia da interpretare. Bisogna capire innanzitutto perché è stata scelta quella finestra temporale (il tre ottobre, in occasione della conferenza Stato-Regioni a Torino, circa 300 studenti hanno contestato la premier Meloni e la polizia ha risposto con le cariche), quanto grave debba essere uno scontro perché si parli di incidenti e quante persone siano state coinvolte.

I casi di queste settimane

Il 27 gennaio, Giorno della Memoria, un corteo pro-Palestina è stato caricato delle forze dell’ordine in via Padova a Milano. La manifestazione era stata vietata dalla questura. Il 13 febbraio, davanti alla sede della Rai di Napoli, si è tenuta una manifestazione dopo le polemiche sulle parole di Ghali a Sanremo, che ha chiesto lo stop al genocidio. Alcuni manifestanti hanno tentato di affiggere uno striscione, ma il tentativo è stato bloccato dalle forze dell’ordine e nello scontro sono rimasti feriti 5 manifestanti e 5 agenti.

Quello stesso pomeriggio, un corteo è stato allontanato dalla polizia dalla sede Rai di Torino. Lo scontro che ne è scaturito ha visto il ferimento di alcuni manifestanti e di sette agenti.

Il 15 febbraio, circa un migliaio di persone si è radunato davanti alla sede Rai di Bologna per protestare contro la presa di posizione della tv pubblica sulla guerra tra Israele e Hamas, in particolare in seguito al comunicato scritto dall’amministratore delegato Roberto Sergio e letto da Mara Venier. Anche in questa occasione ci sono stati scontri.

Manifestazioni e identificazioni

manifestazioni pro-palestina

C’è inoltre un altro elemento da tenere in considerazione. Le forze dell’ordine sono state protagoniste, negli ultimi mesi, anche di altri casi che hanno colpito molto l’opinione pubblica, dall’identificazione dell’uomo che alla prima della Scala di Milano aveva gridato “Viva l’Italia anti-fascista” a chi ha commemorato con fiori e candele Navalny nel giardino dedicato ad Anna Politkovskaja ed è stato fermato e identificato a sua volta dalla Digos. Non da meno, il carabiniere che ha detto di non riconoscere Mattarella come suo presidente, sempre durante una manifestazione a favore della Palestina.

L’ultimo tassello di questo clima di tensione è il divieto alle manifestazioni sia nel caso del 27 gennaio, sia per quella di Pisa. Si tratta di provvedimenti duri. Le manifestazioni, infatti, non devono essere autorizzate, ma sono libere e necessitano unicamente di un preavviso di 48 ore. Perché siano vietate, ci devono essere concreti pericoli di ordine pubblico, come poteva avvenire durante i picchi epidemici del Covid-19. Vietarle, anzi, porta unicamente all’inasprirsi delle tensioni, che possono sfociare più facilmente in scontri di piazza.

Le parole di Mattarella fanno pensare e non solo per il contenuto, ma anche in quanto l’ultima volta che un presidente della Repubblica è intervenuto per fermare le vicende di piazza fu nel 2001, quando Carlo Azeglio Ciampi espresse il suo “sgomento e dolore immenso per la giovane vita spezzata”. Si riferiva a Carlo Giuliani. Forse, per evitare altri casi come quello, o anche solo scontri come quelli di questi giorni, basterebbe seguire i consigli dell’attuale Presidente, ossia che la Polizia assicuri soltanto lo svolgersi in sicurezza di una manifestazione, invece di bloccarne lo svolgimento, soprattutto quando viene indetta in nome della pace e dei diritti per un popolo oppresso.

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