Influencer russe tagliano le loro borse Chanel per protestare contro la russofobia

Dopo le ultime sanzioni dell'Ue, le star del web hanno deciso di distruggere pubblicamente, sui loro social, le griffate borsette del noto marchio francese, Chanel. La protesta, dilagata in rete, è vittima della russofobia?

Melissa Matiddi
Melissa Matiddi
Esperta in comunicazione e digital marketing, studia lo yoga e le discipline orientali. Ama creare, leggere e viaggiare. Silenziosa ma rumorosa, è sempre pronta a varcare nuovi orizzonti.
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Le influencer russe hanno deciso pubblicamente di recidere il loro legame con il rinomato brand francese conosciuto in tutto il mondo, Chanel. Patriottiche e amanti della madrepatria hanno distrutto borsette del valore di oltre 4mila euro, per ribellarsi contro la decisione, imposta dal diktat europeo, di vendere il loro marchio ai cittadini di nazionalità russa.

Dopo le sanzioni dell’Ue, la Maison francese, ha rispettato le disposizioni stabilite da Bruxells che prevedono il divieto di vendere beni di lusso all’interno della Russia.

La boutique del marchio è stata accusata, dalle influencer russe, di aver richiesto, alle clienti intenzionate ad acquistare online o fuori dal paese, la verifica dei documenti e della nazionalità per impedire alle stesse di bypassare le penali europee.

Così le protagoniste del web, con tanto di forbici e tronchesi alla mano, stanno protestando contro il provvedimento, tagliando in due, borse da migliaia di euro e accusando l’Occidente dell’ennesimo episodio di russofobia.

Influencer russe, la rivolta contro Chanel

All’inizio di marzo, il brand di lusso ha sospeso tutte le attività commerciali nel paese di Putin, provocando l’ira e la rabbia di molte influencer russe che sostengono si tratti di provocazioni russofobe.

Marina Ermoshkina, attrice e conduttrice televisiva, è stata la prima a criticare pubblicamente la casa di moda parigina, che ha deciso, senza troppe remore, di chiudere i battenti, di schierarsi contro la Russia e di punire e negare gli acquisti all’interno e all’esterno dello stato. Dopo aver distrutto, sui canali social, la sua Chanel, ha dichiarato pubblicamente:

Un passo del genere umilia i suoi compatrioti e discrimina le persone in base alla nazionalità. Non un singolo articolo o marchio vale il mio amore per la mia Patria e il rispetto di me stessa. Sono contro la russofobia e sono contro i marchi che sostengono la russofobia. Se possedere Chanel significa vendere la mia Patria, allora non ho bisogno di Chanel.

Le clienti di nazionalità russa hanno anche denunciato l’impossibilità di indossare il marchio dentro la nazione e di acquistare il prodotto nei negozi di alcuni paesi in Turchia, in Europa e a Dubai. Infatti, prima dell’acquisto del brand, sembrerebbe che lo staff del negozio, obblighi le consumatrici a firmare delle dichiarazioni, in cui si impegnano a non esibire i loro acquisti in Russia.

Sulla questione è intervenuta anche la portavoce del Ministro degli Esteri di Mosca che ha incriminato Chanel di essersi unita alla campagna per la cancellazione della Russia.

La designer Lisa Litvin e l’influencer Yana Rudkovskaya hanno definito le loro esperienze d’acquisto a dir poco umilianti. Nelle ultime ore, altre personalità russe, ispirate dai gesti delle connazionali, si sono riprese mentre mostravano il loro accanimento contro il brand parigino. Anche la modella Victoria Bonya ha dichiarato, davanti ai suoi 9 milioni di follower:

Se la maison Chanel non rispetta i clienti perché io dovrei rispettarla?

Perché Chanel si rifiuta di vendere i suoi prodotti in Russia?

Lo scorso 15 marzo, il Consiglio europeo, ha emanato pubblicamente un divieto che prevede l’impedimento di vendere beni del valore superiore di 300 euro. Il brand di lusso si è quindi adeguato alle policy dettate da Bruxells che puntano all’inasprimento dell’economia russa.

In un comunicato inviato alla rivista Women’s Wear Daily, Chanel ha spiegato:

Le più recenti leggi sanzionatorie dell’UE e della Svizzera includono un divieto di vendita, fornitura, trasferimento o esportazione, direttamente o indirettamente, di beni di lusso a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità o organismo in Russia o per l’uso in Russia.

Nella nota, la Maison si è scusata per questi provvedimenti ed ha invitato le clienti, di cui non si conosce la residenza principale, di impegnarsi a non indossare gli articoli acquistati in Russia.

Russofobia in azione: ciak si gira

Le situazioni di russofobia stanno dilagando in tutto il mondo. Prima, Paolo Nori, scrittore e traduttore che si è visto cancellare improvvisamente il suo corso di letteratura all’Università Bicocca di Milano, sul filosofo Dostoevskij, poi la decisione del National Mustard Museum del Wisconsin che ha rimosso la senape russa dalla sua collezione sostituendola con un cartello che recita: “Le mostarde russe sono state temporaneamente rimosse. Torneranno una volta che l’invasione dell’Ucraina sarà finita e la Russia riconoscerà e rispetterà la nazione sovrana dell’Ucraina”, ed infine l’adeguamento della Maison parigina, all’embargo stabilito dalla Commissione europea.

Il germe della russofobia sta colpendo i russi che sono accusati di essere russi. L’emotività incontrollata, il terrore per un paese invasore e il fascino per la polarizzazione e per il solito estremismo stanno portando i governi mondiali all’accanimento mirato contro l’intera popolazione russa che è stata inequivocabilmente incollata ai fatti della guerra.

Lo scenario terribile e disastroso che sta causando in Ucraina e in Russia migliaia di vittime, porta il nome di un solo uomo: quello di Vladimir Putin. L’errore di confondere e associare un popolo con il suo leader è un tipico atteggiamento del sentimento anti-russo, accomunato da paura, pregiudizio e odio contro il paese. Infatti, la russofobia si presenta come un’ibridazione tra la xenofobia e l’etnofobia.

L’Élite politica instaura, nel retaggio culturale-popolare, massicce ideologie di disprezzo e terrore, che formano un blocco compatto di rudimenti nazionalistici mascherati da protezione, sicurezza e buon senso.

L’obiettivo della russofobia è frammentare, scorporare, smembrare l’anima russa attraverso tutta una serie di comportamenti che mirano a denigrare, davanti agli occhi della comunità mondiale, la Russia.

Leggi anche: Cancellato corso su Dostoevskij: il prof parla di censura e l’università ci ripensa

Cancel culture: ora il nemico è russo?

La rischiosa abitudine di confondere i cittadini con un governo e di infiammare e osannare il tifo, per le fazioni rivali, sta facendo esondare l’odio, non più solo verso Putin, ma anche nei confronti di chi vive, dichiarandosi ovviamente contrario alla guerra, nella stessa area geografica.

Una caccia allo straniero che non tramonta mai, una moda in cui si identifica il disprezzo e lo si canalizza verso qualcuno che non possiede colpe. Ogni volta, l’odio viene fuori, travestito da propaganda e comanda ai suoi detentori di colpire i cittadini, per accaparrarsi il titolo di paladino dei diritti. Il risultato è che questa volta il nemico è il popolo russo.

Gli argini del buon senso sono stati rotti dalla Cancel culture, un fenomeno per il quale, i rapporti con un gruppo di persone vengono spezzati per via di certe situazioni che non li riguardano direttamente.

Quello della russofobia è un vero e proprio sentimento isterico, generato da una visione distorta e confusa che cicatrizza la figura dell’invasore con quella del cittadino.

Leggi anche: Sanzioni Russia: ora Kiev chiede misure drastiche ma l’Europa prende tempo

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