Grande Reset: “Caro Carlo, il superamento delle posizioni borderline è necessario”

Cos'è davvero il Grande Reset e perché è necessario discernerlo dalle teorie cospirative che lo investono.

Silvia Buffo
Silvia Buffo
Silvia Buffo, 1985, giornalista. Ha fondato e dirige Il Digitale. Formazione classica e filologica, un dottorato di ricerca in Letteratura italiana, sui legami tra scrittura e nuovi media. “La bellezza è promessa di felicità” è il suo motto, che ha delicatamente rubato a Stendhal.
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In questi giorni si parla di Grande Reset, che cos’è e in che termini dobbiamo intenderlo? È una proposta del World Economic Forum (WEF) per ricostruire l’economia in modo sostenibile dopo la pandemia COVID-19. È stato presentato nel maggio 2020 dal principe Carlo di Galles e dal direttore del WEF, Klaus Schwab. Ma forse per spiegarlo meglio e in sintesi bisognerebbe partire da tutto quello che non è:

  1. Non è un complotto, la teoria del complotto del Grande Reset si ispira a una iniziativa reale del WEF, fraintendendo le pubblicazioni di uno dei suoi membri, Klaus Schwab
  2. Schwab non ha mai sostenuto nei suoi libri l’idea di inventare le epidemie per fini economici
  3. La teoria cospirativa del Great Reset, altrimenti detta Cabala, è associata all’ideologia di estrema destra che anima il movimento QAnon, orchestrata dal fantomatico Deep State, ma de facto nulla ha a che vedere.

Grande Reset e la sottile sfumatura dell’equivoco

A innescare un equivoco senza fine è una sottile sfumatura: quel “grande piano” da parte delle élite mondiali di riformare il mondo dopo la pandemia è stato interpretato diversamente: “creare una pandemia ad hoc” al fine di instaurare il cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale. In realtà il discorso è a posteriori rispetto al Covid-19 e non viceversa, come molti vogliono far credere, fermo restando che, in un modo o nell’altro, la pandemia stravolge il vecchio modo di intendere il mondo, sradica vecchie abitudini, crea nuovi mercati e ne satura altri, genera un’identità mondiale totalmente rinnovata.

E tutto ciò non è una cattiva notizia. I valori eretti dal Grande Reset sono declinazioni di un unico obiettivo: crescita verde, crescita più intelligente e crescita più equa. E a farne da grande eco è l’agenda Onu 2030.

Grande Reset, ma allora perché non vedere nella pandemia un’opportunità?

Le ombre di ipotetiche cospirazioni contaminano l’obiettivo prioritario della sostenibilità, colpa forse della suggestione di un che di esoterico nel suono della parola Grande Reset? Del resto la necessità di un cambiamento epocale si poteva chiamare diversamente?

Prima di confinare drasticamente negli argini del silenzio le teorie complottiste, una premessa in difesa del dubbio e del dissenso è doverosa. Esiste un confine molto labile quando uno sconvolgimento della realtà a livello mondiale, come una pandemia, smuove le coscienze da punti di vista differenti: se da un lato nell’ultimo anno e mezzo siamo stati immersi in un dibattito medico-scientifico, riponendo la nostra totale fiducia nelle direttive dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dall’altro la questione Covid-19 ha via via instradato riflessioni su aspetti costituzionali, civili, sociologici.

Leggi anche: Non mi vaccino, i tamponi per il Green Pass me li paga lo Stato: è giusto?

Grande Reset, la priorità sulla salute pubblica non esonera la capacità di pensiero

E proprio da questo bivio tematico, da questo snodo nascono disagi e guerre dialettiche che finiscono per demolire ogni forma di dibattito costruttivo. Perché la lotta scientifica contro il virus si è spesso portata con sé anche ogni legittimità a dissentire da tutto ciò che in nome della salute si presenta come necessario, da zone rosse e gialle a coprifuoco e lockdown, dalla mascherina e le vaccinazioni, fino al green pass.

Poiché quando dalla politica si passa alla biopolitica, dando priorità alla tutela della salute pubblica, attraverso i Dpcm, il passo verso l’invalidità della Costituzione è breve, come più volte in questi giorni ha ribadito l’ex direttore Rai 2, Carlo Freccero, rincarando la dose sulle obiezioni al Green Pass.

Se da un lato dal punto di vista medico-scientifico la somma di misure necessarie alla tutela del bene comune è stato l’unico corso perseguibile, dall’altro il discorso non si è potuto cristallizzare solo a questo livello. Il focus sulla salute non dovrebbe esonerarci dalla capacità di pensare e di farsi delle domande.

Grande Reset, gli interrogativi però vanno posti con intelligenza e discernimento

Oggi però per la priorità della lotta al virus il diritto a dissentire o semplicemente a riflettere non è di certo visto di buon occhio, e questo è un problema per la tutela della libertà di pensiero. Ed è sempre così facile fare di tutta l’erba un fascio. Facciamo un esempio concreto: in Italia 10 milioni di persone non vogliono vaccinarsi. Il fenomeno è considerato categoricamente “No vax”.

Una guerra terminologica si è abbattuta contro chi non se l’è sentita di vaccinarsi, le ragioni sono tra le più svariate e tra le più personali eppure il fenomeno è stato circoscritto come univoco, si tratta del fenomeno “No vax”. Questa però di fatto è una guerra terminologica che è piovuta addosso su tutti coloro che hanno scelto, finché ancora questo sarà consentito, di non vaccinarsi.

E nel severo giudizio nei confronti di chi ha deciso di non non farlo bisognerebbe anche tener conto di quanto abbiano inciso gli effetti psicologici del Covid. La matrice stessa del virus, in concomitanza all’ostilità dei cambiamenti climatici, ha innescato nella coscienza collettiva un senso apocalittico di fine del mondo. La paura, a tutto tondo e su tutti i fronti, è stata l’emozione che più ci ha accompagnato nell’ultimo anno e mezzo.

Farsi delle domande è un atto innocente, legittimo, naturale, eppure cadere nel ridicolo è ancor più facile.

E se non li chiamassimo “No Vax”?

Ma proviamo a ruotare leggermente la prospettiva. E se non li chiamassimo “No Vax”, ma semplicemente “individui con legittima perplessità verso questo specifico vaccino”?

Sappiamo quanto mediaticamente le parole siano importanti e quanto una determinata terminologia sia in grado di innescare una guerra. E così è stato: chi non si vaccina, chi ha dubbi, perplessità, chi ha resistenze personali, chi ha anche parere medico differente, viene fatto passare per un “terrapiattista”, come colui che ereticamente si oppone all’indiscutibilità della scienza.

Ma alla scienza per forza di cose ci siamo dovuti affidare come a una madre, davanti al pericolo chi non si sentirebbe costretto a fare un atto di fiducia? E le cose sono andate così, in nome della salute abbiamo accolto il lockdown e i vaccini. Resta però una domanda: è ancora legittimo avere delle resistenze nella ricostruzione del corso degli eventi?

Oggi più che mai si riflette sullo spettro del Grande Reset, non associarlo alla pandemia è praticamente impossibile. In una trasmissione di prima serata, su Stasera Italia di Barbara Palombelli, l’ex direttore di Rai 2, Carlo Freccero, con un’aria anche un po’ scocciata ha rinverdito l’argomento.

L’aria scocciata forse era dovuta al fatto che sia così faticoso oggi portare avanti argomenti di questo tipo senza passare per mezzi sciroccati?

Leggi anche: Camera, via libera al decreto green pass bis: sarà legge entro il 5 ottobre

Grande Reset, la posizione borderline di Carlo Freccero

Ciò che vogliamo dire a Freccero è che evitare di passare per terrapiattisti è possibile, è sufficiente avvalersi di una posizione più netta, superando quella borderline di qualcosa di non detto e di ambiguo. Questo si fa mettendo sul tavolo una bibliografia che connetta i pezzi del puzzle coerentemente.

I libri che lo hanno formato sul tema sono da Freccero specificati e sono quelli dell’economista Klaus Schwab, coautore insieme a Thierry Malleret di “Covid-19, the great reset” e autore de “La quarta rivoluzione industriale”. Ma manca un tassello fondamentale. Freccero non ha specificato di credere o meno nella teoria cospirativa, ma alcune sue dichiarazioni lo lascerebbero intendere, come quelle in una lettera a La Stampa, in cui sostiene che il Green Pass sarebbe organico al Grande Reset:

Il green pass È destinato a diventare l’embrione della futura tessera di identificazione digitale a cui mira il Grande Reset in via di attuazione.

Secondo Schwab la pandemia è un’occasione irripetibile per conseguire il “Grande Reset” già illustrato nel saggio “La quarta rivoluzione industriale”.

Credo che la nuova normalità in cui stiamo vivendo non finirà coi vaccini, ma continuerà nel tempo, con la rivoluzione digitale e la rivoluzione verde.

Leggi anche: Green Pass obbligatorio per i lavoratori pubblici e privati dal 15 ottobre: cosa prevede il decreto

Grande Reset, uscire dall’ambiguità è un dovere

Carlo Freccero è, infatti, tra i sostenitori del referendum contro il Green pass, le «élite che ci governano con la paura», ammonisce.

Ma la domanda è “Carlo, che cos’è per te il Grande Reset? È un evento subordinato alla pandemia? O una nuova realtà che sta nascendo grazie a una pandemia studiata a tavolino?

Italo Calvino, in modo inconsciamente predittivo, in Lezioni Americane sosteneva che la sfida della letteratura in questo nuovo millennio sarebbe stata quella dell’Esattezza, una concisione che avrebbe contrastato la pestilenza del linguaggio e l’ambiguità dell’information overload, che impera nell’era digitale. Un’impresa che vale la pena correre, non solo in letteratura, ma anche nel mondo dell’informazione. Doveroso chiarire l’equivoco, Carlo, in nome dell’intelligenza e del buon senso. Doveroso orientarsi alla verità nel modo più fedele possibile.

Detto questo, che il Grande Reset sia occasione di rinascita.

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