Essere o non essere pubblicità

Alessandro Isidoro Re
Alessandro Isidoro Re
Alessandro Isidoro Re. Classe 1990, "Umanista 4.0", è autore e redattore per Triwù, società di comunicazione scientifica, dove si occupa di tecnologia e filosofia. Scrive online su riviste tra cui Linkiesta, Il Tascabile, L’indiscreto e Quaderni d’Altri tempi. È Presidente fondatore dell’associazione CON.CRE.TO., impegnata nell’organizzazione di eventi culturali e interdisciplinari nella città di Milano.
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Vi avevo parlato, non molto tempo fa, di StartRocket, una società russa che ha l’obiettivo di sfruttare il cielo stellato come immenso cartellone pubblicitario, per sponsorizzare qualsiasi azienda voglia – ma soprattutto possa – irradiare dal cosmo le qualità del suo prodotto.

Il pezzo lo trovate qui, e sostiene, in breve, che questa sia una naturale evoluzione del capitalismo – tardocapitalismo infatti. Dove anche la Natura diviene piattaforma commerciale.

Ora, però, vi parlo di qualcosa più intimo, quotidiano se vogliamo, ma in realtà, se ci pensiamo, ancor più invadente.

Perché, sì, sto parlando del corpo come veicolo pubblicitario.

Sempre di Natura si tratta, certo, ma se il cielo è sacro e bello, esso rimane comunque alieno da noi, distante – sopra di noi per l’appunto.

Banale dire invece che il nostro corpo è qualcosa di fisico, non etereo, reale che più reale non si può. E anche non fosse il nostro, di corpo, il metodo di interazione con quello altrui è proprio il con-tatto.

Leggi anche: Nascono i locali per pensare: niente musica e confusione, solo scambio di idee

Si tratta di una nuova moda, che trasla l’influencing dalle piattaforme digitali all’epidermide del feticcio vivente e deambulante. Scordatevi gli uomini salsiccia che GUARDAVAMO sorridendo nei film americani, ora incontreremo anche noi zombie onusti di réclame di vario tipo. E non potremo fare a meno di guardarli.

Perché la pubblicità attira, e la pubblicità sopra un essere umano, probabilmente, attira ancor di più.

Resta da chiedersi: vogliamo andare in questa direzione? Come sempre, lottando un poco qualcosa si può cambiare…

  di Alessandro Isidoro Re

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