È morto il Core de Roma, l’addio a Gigi Proietti che non vorremmo dare

Roma non vuole dire addio a Gigi Proietti che come nelle migliori commedie nasce e muore nello stesso giorno, oggi 2 novembre compie i suoi 80 anni e il sipario si chiude maestoso su questo grande spettacolo.

Silvia Buffo
Silvia Buffo
Silvia Buffo, 1985, giornalista. Ha fondato e dirige Il Digitale. Formazione classica e filologica, un dottorato di ricerca in Letteratura italiana, sui legami tra scrittura e nuovi media. “La bellezza è promessa di felicità” è il suo motto, che ha delicatamente rubato a Stendhal.
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Roma si sveglia con il cuore infranto in questo 2 novembre, dopo la perdita di Ennio Morricone e nella malinconica incertezza del Covid, deve dare l’addio che mai avrebbe voluto dare: l’addio a Gigi Proietti. Pensavamo non sarebbe mai arrivato, men che mai nel giorno del suo compleanno. Se si tratta di lui, ‘addio’ è una parola davvero difficile da pronunciare, Roma non ci crede. È davvero un giorno triste perché quel fiume di leggerezza, che solo lui sapeva regalarci, adesso scorre altrove, non più nei teatri della Capitale, sui palcoscenici del Sistina, del Brancaccio o del suo shakespeariano Globe, risonanti dei suoi passi decisi. Quel fiume di leggerezza ora inonda il Paradiso.

Non siamo pronti a sapere che nessuna apertura di sipario ci allieterà con la sorpresa più bella: la persona di Gigi Proietti. Ricordarlo come artista gigante sembra quasi un’ovvietà, lui era innanzitutto una persona immensa e a teatro quella persona, che era dietro quella macchina d’artista così perfetta, si donava interamente al suo pubblico. Una persona con un amore infinito verso il suo mestiere, che aveva fatto del teatro la sua casa, formando la propria compagnia come fosse una vera e propria famiglia: le sue figlie Susanna e Carlotta, un altro figlio, non di sangue, ma di vita, Claudio Pallottini, Loredana Piedimonte, Fabrizio Angelini, Marco Simeoli, Cristina Pensiero, Elena Lo Forte.

Il Varietà di Proietti non soltanto teatro, una festa tra amici

Ho conosciuto l’ultimo Proietti nella sua versione più tenera, quando lavoravo al Sistina come mascherina. Una sera prendendolo sotto braccio e percorrendo i gradini del teatro, quelli su cui qualcuno troppo spesso vi scivolava, nella magia della moquette rossa, l’ho accompagnato verso il palco. Prima delle prove o quando veniva a trovarci durante gli spettacoli di altri artisti, in quelle occasioni così furtive lo pregavo di tornare più spesso e di fare più spettacoli perché il teatro, così debilitato dagli strascichi del 2008, con lui non conosceva crisi. Si lavorava tanto e sempre e lavorare serviva a tutti. Ma lui aveva già i suoi importanti problemi di salute di cui sulla scena non si intravedeva neanche l’ombra.

La cosa bella è che il suo Varietà era una festa, non ho mai visto il pubblico così felice, tutti i problemi restavano fuori dal teatro e quando Proietti salutava il pubblico ricordava che a teatro infatti si viene per divertirsi e questo con lui era garantito. Il suo spettacolo di tre ore, che ho avuto la fortuna di vedere per tantissime sere, ogni sera volava via. Conoscevamo tutte le battute a memoria e, quando un attore si ammalava, volevamo proporci per sostituirlo perché imparavamo, apprendevamo, eravamo preparati. Proietti è stato il nostro maestro, faceva scuola a tutti anche ai non addetti ai lavori.

Leggi anche: Signore e signori, giù il cappello. Grazie di tutto Gigi Proietti

Proietti, la sua leggerezza inonderà il Paradiso

Ogni sera la singola scena è diversa con Proietti, eppure lo spettacolo è lo stesso: dalla ‘Signora delle camelie’ alla scena del ‘Suggeritore’ o quella del ‘Cassamortaro’ (con “Na macchia de colore”, quando indossava la sciarpa della Roma per sembrare un po’ meno cassamortaro e quindi sposare la figlia cercando di apparire meno cupo agli occhi del futuro sposo) fino alla ‘Telefonata’ e all’intramontabile ‘Sauna di Toto’, estenuante di risate, in cui Proietti raggiungeva l’apoteosi attoriale, giocando fino allo stremo, perché per lui il teatro era anche un gioco.

Con i suoi attori ci giocava, gli agguati che non dimenticheremo

Tutte queste scene avevano un sapore diverso, una resa diversa ogni sera. Lo spettacolo non era mai uguale a se stesso perché Proietti giocava con i suoi attori, faceva loro dei veri e propri agguati, cambiava le battute, li metteva in difficoltà con delle reazioni sempre nuove e imprevedibili e spesso non riuscivano a rientrare nel copione senza scoppiare a ridere.

Eppure lo conoscevano bene ma ogni giorno era una sorpresa, uno scherzo da gestire direttamente sul palco e agli occhi di oltre mille persone che, una accanto all’altra, in un teatro strapieno, erano letteralmente in estasi, così vicine fisicamente e col cuore, in un tempo in cui potevamo ancora restare uniti. Proietti di recente ha incoraggiato tutti a resistere durante il Covid e in questo distanziamento forzato, ha detto: “Non dite che Roma è spettrale, mi dà fastidio, Roma se riposa”.

Leggi anche: Addio a Gigi Proietti, il grande attore oggi avrebbe compiuto 80 anni

Quel destino di attore che ha fortemente scelto

Proietti conquistava tutti, durante lo spettacolo raccontava anche delle sue umili origini. Arrivava a Roma da Terni e da Rieti, per padre e per madre, raccontava di quanto era stonato far l’attore durante la sua giovinezza in un contesto provinciale e contadino, ma lui era diverso: quella strada di artista l’ha scelta e l’ha onorata con un talento e una forza incomparabili. Proietti rendeva il suo teatro un rito intramontabile provocando sempre nostalgia nel suo pubblico e desiderio di tornare presto a rivederlo semplicemente perché con lui si stava bene. Quando si ha la fortuna di conoscere una personalità così hai la sensazione, purtroppo illusoria, che quello spettacolo non debba mai finire, che Proietti a teatro ci tornerà sempre.

Tutta Roma sente Proietti come una cosa sua

Tutta Roma piange Toto della ‘Sauna’, quell’attore che recitava e cantava benissimo, in romanesco ‘Er pupo Bionno’ e in inglese ‘I’ve Got You Under My Skin di Frank Sinatra, che con quel mare di ironia dietro i suoi sorrisi a quaranta denti chiamava lo smoking ‘er fumando’, che piaceva al popolo e agli intellettuali più raffinati perché con Proietti ride anche ‘chi ha la puzza sotto il naso’. Tutta Roma sente Proietti come una cosa sua.

Oggi ci sentiamo così tristi e vuoti, il Core de Roma diventa ottuagenario in questo 2 novembre e, come nelle migliori commedie, nello stesso giorno nasce e muore un artista troppo grande per esser dimenticato. Interpretando un famoso pezzo di Pretolini del 1930 sulla morte, probabilmente la pensava come lui “Son contento di morire ma mi dispiace”. La sua è una perdita emotivamente insostenibile, ma c’è una fortuna per il pubblico e per chi vuole bene a Gigi Proietti: sua figlia Carlotta gli somiglia molto.

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Silvia Buffo, 1985, giornalista. Ha fondato e dirige Il Digitale. Formazione classica e filologica, un dottorato di ricerca in Letteratura italiana, sui legami tra scrittura e nuovi media. “La bellezza è promessa di felicità” è il suo motto, che ha delicatamente rubato a Stendhal.
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