Coronavirus e smart working: la rivoluzione digitale del lavoro in Italia

Federica Tuseo
Federica Tuseohttp://ildigitale.it
Federica Tuseo. Classe 1994. Redattrice. Nomade digitale, alla costante ricerca di novità e sempre pronta a partire per girare il mondo, raccontando storie di vita vissuta. Una laurea triennale in Lingue e culture moderne ed una magistrale in Media, comunicazione digitale e giornalismo. Web, startup e innovazione sono i suoi orizzonti di ricerca.
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È in atto un nuovo paradigma. Ancora stretti dalla morsa dell’emergenza coronavirus che ci costringe a cambiare le nostre abitudini per il bene comune, il consiglio che si ascolta più di frequente in queste ore è “restate a casa”. Un’emergenza che sicuramente porta a riflettere su quante cose diamo per scontate nella nostra quotidianità, ma che ha portato anche a compiere dei passi in avanti in un’altra battaglia: la trasformazione digitale del Belpaese. Da semplice esperimento a obbligo, lo smart working, o lavoro agile, ha rivoluzionato completamente la routine lavorativa di migliaia di italiani. Questa potrebbe sembrare una magra consolazione vedendo i dati sul contagio, ma è importante riflettere anche su quanto la battaglia contro il Covid-19 stia portando innovazione e benefici al sistema italiano.

Smart working: la risposta delle imprese al Coronavirus

Dopo la chiusura di molte attività e uffici, anche a seguito dell’allargamento della zona rossa a tutto il territorio nazionale, sono sempre più le aziende che impongono ai propri dipendenti lo smart working. Viene semplificata l’applicazione del lavoro agile sia nelle multinazionali, sia nelle piccole realtà imprenditoriali. Tuttavia, al netto dell’emergenza Coronavirus, la diffusione dello strumento nelle aziende italiane cambia. In particolare, secondo lo studio degli effetti sui lavoratori dello smart working condotto dal Centro Studi Confindustria, risulta che la diffusione del fenomeno è più alta nel settore dei servizi rispetto a quello industriale, al netto delle costruzioni ─ 11% contro l’8% ─ e nelle imprese più grandi, tra queste 1 su 5 prevede il lavoro agile. Il quadro si ribalta se si analizzano invece i dati relativi alle piccole e medie imprese: i progetti strutturati sono solo il 12%, ma soprattutto le aziende che, non avendo attivato progetti, si dichiarano totalmente disinteressate all’implementazione del lavoro agile sono più della metà, circa il 51%. È possibile che, da questa particolare circostanza, più imprenditori riescano a vedere i pro dello smart working, dalle bollette dell’energia elettrica alla produttività dei propri dipendenti. Sempre lo studio di Confindustia, infatti, dimostra che i dipendenti che lavorano in smart working sono più soddisfatti del proprio lavoro. Il 76% dei lavoratori ‘moderni’ è più gratificato rispetto al 55% dei lavoratori in modalità tradizionale. I primi dimostrano anche un legame più forte con la propria impresa, il 71% contro il 56%. Leggi anche: Cosa significa avere una partita IVA ai tempi del Coronavirus

Iniziative virtuose per smart working e e-learning

Con l’intensificarsi dell’emergenza, dichiarata poche ore fa dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) come pandemia, nascono nuove iniziative per incentivare i lavoratori alla produttività dalle proprie abitazioni. Un esempio è Flexible Working, il progetto solidale che mira a supportare le organizzazioni italiane che si trovano ad affrontare le nuove sfide legate alla necessità di non arrestare l’attività quotidiana, nonostante i vincoli imposti dall’emergenza sanitaria in corso. Si tratta di una piattaforma informativa e di servizi, dove le organizzazioni del Paese possono trovare tutte le risorse utili – documentazione tecnica, metodologica e di utilizzo – per comprendere i vantaggi dello lavoro agile e accedere ad una serie di servizi d’installazione gratuiti. Il progetto riunisce alcune delle migliori aziende italiane nel settore dello smartworking, ossia 4ward, Durante, Far Networks, Lantech Longwave, Var Group, e le due piattaforme globali Cisco e Microsoft. Anche la pubblica amministrazione dimostra una forte volontà di guidare il Paese verso la transizione digitale, mettendo a disposizione un ventaglio di strumenti per ridurre per ridurre l’impatto sociale ed economico del Coronavirus. Infatti, il Ministero per l’Innovazione tecnologica e la Digitalizzazione ha promosso Solidarietà digitale, un progetto che raccoglie iniziative, servizi e soluzioni con l’obiettivo di migliorare la vita delle persone che in questo momento si vedono costrette a cambiare le loro abitudini permettendo di:

  • lavorare da remoto, attraverso connettività rapida e gratuita e l’utilizzo di piattaforme di smart working avanzate;
  • leggere gratuitamente un giornale anche senza andare in edicola o un libro senza andare in libreria sul proprio smartphone o tablet;
  • restare al passo con i percorsi scolastici e di formazione, grazie a piattaforme di e-learning.

Sono tante le aziende che hanno già aderito all’iniziativa: Amazon, TIM – con la piattaforma di e-learning WeSchool -, Vodafone, Wind, alcune testate giornalistiche, come La Repubblica e La Stampa.

Vantaggi per ambiente ed economia

Il lavoro flessibile può salvare l’ambiente
Fino ad ora abbiamo valutato quanto il virus Covid-19 abbia rappresentato una spinta verso la digitalizzazione del lavoro per imprese. Tuttavia, i vantaggi non riguardano soltanto il benessere dei lavoratori e la produttività dell’azienda. Lo studio The Added Value of Flexible Working del 2018 ha messo in evidenza anche come lavorare da qualsiasi postazione, purché si abbiano a disposizione un computer e una linea internet, oltre a migliorare la salute degli impiegati faccia bene anche all’ambiente. L’analisi socio-economica, commissionata dal leader mondiale per la fornitura di spazi di lavoro Regus, è a valutare l’impatto dello smart working sull’ambiente. Dai dati risulta chiaro che una diffusione su vasta scala del lavoro flessibile ridurrebbe i livelli di diossido di carbonio di 214 milioni di tonnellate l’anno entro il 2030, più o meno la stessa quantità che verrebbe sottratta dall’atmosfera dall’opera di 5 miliardi e mezzo di alberi. In più si risparmierebbero le 3,53 miliardi di ore impiegate ogni anno per raggiungere il posto di lavoro, l’equivalente del tempo passato al lavoro annualmente da circa 2 miliardi di persone. Oltre ai benefici per l’ambiente, ci sarebbero anche cospicui vantaggi economici. Infatti, se la flessibilità venisse applicata in tutti e sedici i Paesi analizzati nello studio ─ Australia, Austria, Canada, Cina, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Hong Kong, India, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Polonia, Singapore, Stati Uniti e Svizzera ─ il valore aggiunto all’economia mondiale sarebbe pari a oltre 10mila miliardi di dollari. Leggi anche: Coronavirus, gli effetti positivi dell’epidemia sul mondo

Lavoro agile anche per le pubbliche amministrazioni

Se le piccole e medie imprese italiane solitamente sono il fanalino di coda nel concedere lo smart working, subito sopra di loro troviamo la pubblica amministrazione. Complessa, statica e lenta. Questi i primi tre aggettivi che potrebbero richiamare alla mente la PA. Anche in questo caso, il Coronavirus cambia i ritmi negli uffici pubblici, accettando la sfida dello smart working.

La progressiva digitalizzazione della società contemporanea, le sfide che sorgono a seguito dei cambiamenti sociali e demografici o, come di recente, da situazioni emergenziali rendono necessario un ripensamento generale delle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa anche in termini di elasticità e flessibilità, allo scopo di conseguire effetti positivi sul fronte della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti, ha spiegato la ministra Fabiana Dadone.

Quindi, per raggiungere l’obiettivo di una trasformazione digitale delle attività serve una riorganizzazione del sistema pubblico. A tal proposito si fanno presente nella circolare n. 1 del 4 marzo 2020 una serie di vantaggi legati allo smart working:

  • Del ricorso al lavoro agile come forma più evoluta anche di flessibilità di svolgimento della prestazione lavorativa, per superare il telelavoro.
  • Dell’utilizzo di soluzioni cloud per agevolare l’accesso condiviso a dati, informazioni e documenti;
  • del ricorso a strumenti per la partecipazione da remoto a riunioni e incontri di lavoro, come sistemi di videoconferenza e call conference.
  • Del ricorso alle modalità flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa anche nei casi in cui il dipendente si renda disponibile ad utilizzare propri dispositivi.
  • Dell’attivazione di un sistema bilanciato di reportistica interna ai fini dell’ottimizzazione della produttività anche in un’ottica di progressiva integrazione con il sistema di misurazione e valutazione della performance.

Formazione a distanza e educazione digitale

Formazione a distanza, e-learning e lezioni in streaming
Anche il mondo della formazione e dell’educazione è stato fortemente stravolto dall’arrivo del Coronavirus. Con le scuole chiuse ancora per diversi giorni, si fa avanti nuovamente la tecnologia. Alcuni istituti, infatti, combattono l’impossibilità di seguire le lezioni con il sistema di e-learning. Un esempio virtuoso è l’Istituto Europeo di Design, IED, che ha implementato un sistema di formazione a distanza in tutte e sette le sedi italiane. Il modello sperimentato è in grado di dare due elementi agli studenti. Uno è la parte più tradizionale di lezioni frontali, l’altro sono le attività di laboratorio. In pratica, le lezioni frontali sono in streaming attraverso la piattaforma Google Meet. Quelle di tutoring online progettuale o di laboratorio prevedono che lo studente svolga una revisione del progetto da remoto. Dopo essersi prenotato tramite un calendario condiviso, lo studente potrà mettersi in contatto con un docente, tramite un sistema di regia video multicamera. Infine, gli interessati potranno visionare le Ied Tips: delle brevi clip registrate nei laboratori. Questi video servono a spiegare lavorazioni, uso di macchinari, dando suggerimenti per la realizzazione di prototipi nei diversi ambiti disciplinari a supporto della progettazione. Per concludere, sicuramente lo smart working e la formazione a distanza non sono la soluzione a tutte le problematiche che il rischio contagio introduce. Ma, è importante valutare in che modo la situazione critica abbia spinto a identificare e a sperimentare soluzioni innovative. Leggi anche: Coronavirus, scuole chiuse da domani fino al 15 marzo di Federica Tuseo https://www.facebook.com/ildigitale.it/videos/2513094575578226/?modal=admin_todo_tour

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