Vivere in mini-case: il nuovo trend per aiutare l’ambiente

Valentina Cuppone
Valentina Cuppone
Valentina Cuppone, classe 1982. Caporedattore de Il Digitale. Formazione umanistica, una laurea in Lettere Moderne e una specializzazione in Comunicazione della cultura e dello spettacolo all’Università di Catania. Curiosa e appassionata di ogni cosa d’arte, si nutre di libri, mostre e spettacoli. Affascinata dal mondo della comunicazione web, il suo nuovo orizzonte di ricerca è l''innovazione.
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Innovative, minimal, ecosostenibili, essenziali, trasportabili, economiche, convenienti, efficienti e autonome a livello energetico. Queste le principali caratteristiche che rientrano in quelle microscopiche case che sono le Tiny House. Abitazioni che rappresentano la scelta, magari drastica, di chi decide di cambiare totalmente il proprio modo di vivere, di abbracciare un’opportunità abitativa diversa, lasciandosi alle spalle la vita “comunemente” intesa. Spazi minimi alleati di una visione votata all’essenziale e all’etica sostenibile. Da qualche anno il movimento delle Tiny House comincia a prendere piede. Una tendenza che, partendo dagli Stati Uniti, si sta ormai espandendo in tutto il mondo. Dal Vecchio Continente al Giappone sono numerosi gli architetti e designer che si sono cimentati nella progettazione di micro case. Dalle forme curiose, dal design futuristico, complete di ogni tipo di comfort. L’ecosostenibilità è la spinta propulsiva per la creazione di abitazioni che non sfruttino il suolo, autosufficienti a livello energetico, promotrici dell’utilizzo delle fonti rinnovabili come la luce del sole. I materiali con cui vengono costruite, nella maggior parte dei casi, sono riciclati o comunque riciclabili. Aldilà della fondamentale motivazione sostenibile, ai curiosi di saperne di più, diciamo che le Tiny House sono ottime alleate della libertà finanziaria. Hanno costi accessibili e dunque non si è costretti ad accendere un mutuo per avere una casa. Sono mobili e, per una società in spostamento inarrestabile, non è una caratteristica da poco. Soprattutto per i Millennials, una generazione in continuo movimento. Leggi anche: Un murale mangia lo smog di Roma come fosse un boschetto vero

Tutto ciò di cui hai bisogno in pochi mq

Vani ampi, comodi e attrezzati. Uno spazio è adibito a cucina, uno a stanza da letto, un altro a bagno, l’ennesimo a studio. Se non ristrutturi o decidi di cambiare arredi, la struttura resta sempre quella. Lì ci sarà il letto, dall’altro lato della casa il forno, lontano dalla zona notte così non passano gli odori della cena. Armadi dove contenere di tutto, spazi dove stipare i ricordi di una vita. Ma anche gli oggetti inutili. Case sempre più grandi perché simbolo di agio, perché la logica dell’accumulo non è appartenuta solo a Mastro Don Gesualdo. Il consumismo tipico della società del benessere, l’obiettivo di possedere una casa di proprietà che nel corso degli anni è diventata sempre più una prerogativa di molti, forse più nel passato che nel presente e probabilmente nel futuro, sono stati capisaldi della modalità abitativa, governando le scelte delle persone in questi decenni. Un’alternativa, già da qualche anno, comincia ad affacciarsi. Un’opzione insolita che porta con sé un diverso modo di pensare. Una filosofia di vita opposta a quella che finora abbiamo considerato “normale”. Quando poi, il significato di “normale” è solo relativo a ciò che siamo abituati a vedere sotto i nostri occhi. Una questione di punti vista, insomma. Come un’opzione forse coraggiosa è quella di decidere di risiedere in case piccole. Non “normalmente” piccole, perché magari monolocali. No. Case minuscole. Le Tiny House. Alloggi dalle ristrettissime dimensioni ma in cui si riesce a non far mancare nulla. Almeno l’indispensabile. Leggi anche: 7 consigli per essere più produttivi lavorando da casa

Minimal, smart e comfort

Seppur dalle dimensioni ridotte all’essenziale, con incastri degni di campioni di Tetris, con sedie, letti e tavoli che appaiono e scompaiono, le piccolissime abitazione sono tecnologiche e dotate di ogni comfort. Rispettose dell’ambiente, di Tiny House se ne incontrano in ogni angolo del mondo. Nel 2013 anche il nostro Renzo Piano ne ha progettata una. Si chiama Diogene e il nome non è scelto a caso perché evoca la leggenda del filosofo greco che, per predicare le virtù dell’autocontrollo e dell’autosufficienza, decise di abitare in una botte. Dismessi scuolabus, container abbandonati, rimorchi riciclati. Case con le ruote che si spostano da un luogo all’altro. Abitazioni-uovo che galleggiano sull’acqua, scatole tipo matrioske russe che contengono letti, sedie, tavoli. Insomma non c’è limite alla fantasia di chi crea queste “casa bomboniera”. Due sono le caratteristiche principali che non mancano mai: l’attenzione per l’ambiente e la necessità di poter attrezzare le mini case con ogni comfort possibile. Un’opportunità importate per poter fronteggiare casi d’emergenza e necessità.

Una Tiny-House vista dall’interno.
Leggi anche: La casa del futuro: la porti con te ovunque e la monti in 6 ore

Possibilità contingente o scelta stabile?

Questa probabilmente è la domanda che sorge spontanea quando ci si accinge a pensare anche solo all’opportunità di poter vivere in una Tiny House. Ed è l’interrogativo che si è posto anche Leonardo Di Chiara, architetto pesarese, che con la sua mini house mobile ha vinto il Premio Berlino 2017, un riconoscimento prestigioso per gli esperti che concentrano la loro ricerca sul riuso e la riabilitazione delle strutture urbane. Ottime soluzioni per far fronte a emergenze e per soddisfare necessità contingenti. Ma trascorrere la propria vita in pochi mq? Perché questo sia possibile, probabilmente, occorre aderire a principi minimalisti, accettare di vivere con il minimo indispensabile. Pochi oggetti, spazi ridotti, pochi momenti di sana solitudine se si condividono i pochi metri a disposizione. Sicuramente sono piccoli capolavori di architettura, ingegneria e design. Prove di bravura in cui il professionista riesce a fare entrare tutto ciò che serve entro spazi contenutissimi. Curiose costruzioni con tante qualità. Ma, forse, per poter passare la propria vita lì dentro, bisognerebbe riuscire a raggiungere la saggezza di Diogene.

di Valentina Cuppone

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Valentina Cuppone, classe 1982. Caporedattore de Il Digitale. Formazione umanistica, una laurea in Lettere Moderne e una specializzazione in Comunicazione della cultura e dello spettacolo all’Università di Catania. Curiosa e appassionata di ogni cosa d’arte, si nutre di libri, mostre e spettacoli. Affascinata dal mondo della comunicazione web, il suo nuovo orizzonte di ricerca è l''innovazione.
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