Revenge porn, stupro, violenza fisica, verbale, stalking, femminicidio

Oggi, 25 novembre, è la Giornata Internazionale contro la violenza alle Donne. Una ricorrenza che, diciamocelo chiaro, non vorremmo più ricordare.

Mary Tagliazucchi
Mary Tagliazucchi
Mary Tagliazucchi, giornalista e fotoreporter si occupa di inchieste, reportage in giro per il mondo, cronaca e attualità. Il suo vizio? Guardare oltre, sempre.
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La Giornata Internazionale contro la violenza alle Donne di questo 25 novembre vorremmo dimenticarla. Sì perché finché ci sarà una giornata contro la violenza alle donne da celebrare, significherà solo una cosa: che ci sono ancora donne vittime di uomini violenti che non hanno ancora imparato a rispettarle

Secondo gli ultimi dati Istat, nonostante le molteplici campagne a sostegno delle donne, molte di esse, il 73% ha talmente paura e teme per la propria incolumità che, se vive con un marito o compagno violento, non denuncia subito il suo oppressore. Non a caso il 93.4% delle violenze si consuma tra le mura domestiche.

Leggi anche: Violenza sulle donne: un problema ancora grave e mondiale

Violenza sulle donne, perché non denunciano subito?

La violenza contro le donne è davvero un fenomeno di difficile misurazione perché in larga parte è sommerso. Molto spesso come detto si tratta di violenze all’interno della famiglia. Può essere il padre, il fratello, il compagno. Proprio coloro che sono più vicini alla vittima infatti possono rappresentare anziché un rifugio dal male esterno, il peggio che non ti aspetti. Per questo molte volte le vittime non denunciano subito e, sentendosi sole con il proprio dramma, invece di proteggere se stesse, cercano di mantenere gli equilibri all’interno delle loro case che diventano però a tutti gli effetti, luoghi di violenza e soprusi.

Il dramma di Tiziana Cantone si ripete su una nuova vittima

Ma gli attacchi contro le donne si manifesta in molti modi. Non solo il ricordo del calvario di Tiziana Cantone che in questa occasione riemerge molto forte. In questi giorni sta facendo parecchio discutere, il caso di revenge porn, ai danni di un’insegnante (una maestra d’asilo di Torino), licenziata in tronco a causa di un video hard pubblicato dal suo ex fidanzato. Come se il caso di Tiziana nulla di umano avesse lasciato, nessuna esitazione a ripetere in altre donne lo stesso dramma. L’uomo per vendetta ha pubblicato foto esplicite della donna mentre era in atteggiamenti intimi con lui, quando ancora erano fidanzati. Come sempre avviene è bastato un click per fare il giro del web e delle tante chat di messaggistica privata. Da quel momento in poi la vita della donna è stata stravolta. Vittima non solo dell’ex che si è vendicato di lei ma anche della morale altrui. Quelle immagini infatti sono finite sulle chat di alcune mamme della scuola e da li, per la giovane insegnante è cominciato il calvario. 

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Revenge porn, quando fidarsi dell’uomo che si ama è un errore

Ma perché alle soglie del 2021 è ancora la donna a essere messa sul patibolo dell’opinione pubblica? Il suo unico errore è stato quello di fidarsi dell’uomo che amava. E possiamo considerarlo un errore? No, di certo. Chi dovrebbe essere licenziato per un atto del genere che è ora a tutti gli effetti di legge, perseguibile, è proprio chi ha messo in rete quelle immagini. 

Ma per un uomo che non accetta di essere lasciato e mette alla gogna la sua ex compagna ce ne sono altri che hanno fatto di peggio, cercando quasi di ‘cancellare’ il volto delle loro vittime.

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Gessica Notaro e Lucia Annibali, sfregiate con l’acido

Come dimenticare gli ultimi, tragici casi, che portano il nome di Gessica Notaro, sfregiata il 10 gennaio del 2017, dal suo ex fidanzato che, appostato sotto casa, l’aveva colpita senza pietà con l’acido. Quattro anni prima è stata la volta di Lucia Annibali. Anche lei vittima, il 16 aprile del 2013, di un vile attacco con l’acido solforico sul viso da parte di un uomo incappucciato. E ancora, Daniela Foti, addetta delle pulizie dell’ospedale Galliera di Genova che, il 12 agosto del 2012 viene anch’essa aggredita e sfregiata con l’acido dal marito. Il movente dell’aggressione? Passionale. 

Ed anche qui, su questo termine, ci sarebbe un capitolo da aprire.Ogni volta infatti che una donna viene uccisa, gli eventi vengono narrati e riportati come ‘delitti passionali’. Come a ‘giustificare’ l’aggressore che ha ucciso per ‘troppo amore’ o a causa di una gelosia che gli ha fatto perdere la ragione.

Leggi anche: Gessica Notaro: “Sto ancora esorcizzando il mio dolore”

Come dimenticare Sara Di Pietrantonio, bruciata viva

Nel 2016 invece è doveroso ricordare come la ‘perdita di ragione’ abbia portato l’ex fidanzato di Sara Di Pietrantonio a bruciarla viva nella sua auto, in via della Magliana alla periferia di Roma. La ragazza aveva cercato di salvarsi ma era stata inseguita, bloccata a forza e bruciata con l’alcool. Una morte atroce che, anche a distanza di anni, merita rispetto. A ucciderla l’ex fidanzato Vincenzo Paduano, una guardia giurata di 27 anni che considerava la ragazza ‘cosa sua’ tanto da non accettare l’idea che Sara potesse, dopo di lui, avere un’altra relazione sentimentale.

Ma la violenza sulle donne si può nascondere anche in un ‘ti amo troppo’, ‘tu così non esci’, ‘ti devo vedere solo io, sono geloso’.  Frasi passive-aggressive che assumono ben altri significati e si svelano per quello che sono quando, ad esempio, la donna decide di comportarsi come meglio crede.  A quel punto arriveranno le minacce, prima verbali e poi fisiche. Gli appostamenti, lo stalking o attacchi all’autostima della donna. 

E che dire poi, di quelle donne che, vittime di stupro, devono ancora sentirsi dire: “Se l’è cercata. Poteva starsene a casa a quell’ora. Era vestita come una poco di buono”. È proprio quello che in molti hanno affermato sull’ultimo caso di violenza sessuale ai danni di una ragazza di 18 anni, drogata con cocaina e ketamina e costretta a subire ripetuti rapporti sessuali. Ma ‘giudicare’ quando si è dall’altra parte è ‘facile’ si sa. 

di Mary Tagliazucchi

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