Falsi video hot con Meloni protagonista: la Premier chiede 100mila euro di risarcimento

Al Tribunale di Sassari è in corso un processo che vede la Premier Giorgia Meloni parte civile contro due imputati, padre e figlio, accusati di diffamazione.

Asia Buconi
Asia Buconi
Classe 1998, romana. Laureata in Scienze politiche e relazioni internazionali, ama l’attualità e la letteratura, ma la sua passione più grande è la sociologia, soprattutto se applicata a tematiche attuali. Nel tempo libero divora film e serie tv.
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Video hot fake della Presidente del Consiglio portano due uomini in tribunale. Più nello specifico, al Tribunale di Sassari, dove è in corso un processo che vede la Premier Giorgia Meloni parte civile contro due imputati, padre e figlio, accusati di diffamazione dopo aver pubblicato su un sito pornografico statunitense video contraffatti in cui la faccia della Presidente del Consiglio è stata apposta a quella dei protagonisti delle scene hard.

Come risarcimento danni, la Premier ha chiesto 100mila euro che – ha fatto sapere – verrebbero dati in beneficienza a sostegno delle donne vittime di violenza.

Video hot fake della Premier: “Risarcimento verrà donato alle vittime di violenza, per invitarle a denunciare”

A tutelare la Premier Giorgia Meloni nel processo in corso al tribunale di Sassari è l’avvocata di parte civile Maria Giulia Marongiu, che ha spiegato che l’eventuale risarcimento verrà versato nel fondo nazionale del Ministero dell’Interno a sostegno delle donne vittime di violenza e che si tratterà di una “cifra simbolica”.

Marongiu ha aggiunto: “È un messaggio rivolto a tutte le donne vittime di questo genere di soprusi a non avere paura di denunciare, vuole contribuire alla tutela delle vittime, donne che, spesso inconsapevolmente, sono l’obiettivo di questo genere di reati”.

Nel capo di imputazione si legge che la presidente del Consiglio “veniva ritratta nuda intenta ad avere rapporti sessuali con diversi uomini, nonché in condotte di autoerotismo, in alcuni casi accompagnate da scritte altamente diffamatorie”.

Video hot fake della Premier, chi sono i due imputati

Gli imputati nel processo per il video hot fake della Premier sono due uomini sassaresi di 73 e 40 anni, padre e figlio, che sono stati chiamati a giudizio diretto dalla pm Maria Paola Asara con l’accusa di diffamazione. I fatti risalgono al 2020, ma il dibattimento partirà nella primavera del 2024.

L’avvocato difensore degli imputati, Maurizio Serra, ha deciso per gli assistiti due riti differenti: per il 73enne ha chiesto la messa alla prova, che consiste nella sospensione del procedimento penale per reati di minore allarme sociale, sulla quale si esprimerà il prossimo 25 marzo il giudice Paolo Bulla. Mentre il figlio 40enne seguirà il rito ordinario e il dibattimento si aprirà il 19 marzo, davanti alla giudice Monia Adami.

Stando a quanto emerso dalle indagini della polizia postale di Sassari, il 40enne sarebbe l’autore materiale dei video hot falsi, mentre il padre sarebbe coinvolto nella vicenda in quanto proprietario della linea telefonica utilizzata per caricare i filmati online. La polizia postale è riuscita a risalire a loro tramite il nickname utilizzato sul sito per adulti. I video incriminati sono rimasti online per diversi mesi, raccogliendo milioni di visualizzazioni.

Video hot fake, secondo processo come parte civile per Meloni nel 2023: il primo contro Saviano

Video hot fake con Meloni: chiesto risarcimento 100mila euro

Quello dei video hot fake è il secondo processo per diffamazione del 2023 che vede la Premier Giorgia Meloni come parte lesa. Recentemente, infatti, lo scrittore Roberto Saviano è stato condannato a pagare 1.000 euro come risarcimento per aver insultato la Presidente del Consiglio. L’autore di Gomorra è stato trascinato in Tribunale per aver usato un’espressione offensiva nei confronti di Meloni e di Salvini durante una diretta del 2020 di Piazzapulita.

Lo scrittore aveva usato il termine “bastardi” per sottolineare il comportamento di chi guidava le campagne d’odio contro le Ong che soccorrono le persone in mare. La Premier, all’epoca dei fatti, aveva immediatamente querelato Saviano, mentre Salvini si è costituito da subito parte civile.

Dopo essere uscito dal Tribunale, Saviano aveva dichiarato: “Io sono uno scrittore: il mio strumento è la parola. Cerco, con la parola, di persuadere, di convincere, di attivare. Sono uno scrittore e quindi, avendo ottenuto la libertà di parola prima di qualsiasi altra, sono deciso a presidiarla. Ho sempre scelto di difendere le mie parole con il mio corpo in maniera differente rispetto a quanto fanno molti parlamentari, che hanno usato lo scudo dell’immunità quando hanno avuto bisogno di proteggersi dalla giustizia”.

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Classe 1998, romana. Laureata in Scienze politiche e relazioni internazionali, ama l’attualità e la letteratura, ma la sua passione più grande è la sociologia, soprattutto se applicata a tematiche attuali. Nel tempo libero divora film e serie tv.
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