Coronavirus, l’aiuto degli psicologi italiani: “Anche non far niente è utile a qualcosa”

Tonia Samela
Tonia Samela
Tonia Samela, nata a Potenza nel 1994. Psicologa Clinica e Dottoranda di Psicopatologia del Comportamento, attualmente conduce la sua attività di ricerca a Roma. È attiva nella promozione della salute e nella divulgazione scientifica del sapere psicologico.
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La quarantena, il distanziamento, il lavaggio sociale delle mani sono ormai entrati a far parte del lessico quotidiano di molte persone. Il tempo trascorso a casa si sta dilatando e i cambiamenti di atteggiamento nei confronti della pandemia da COVID-19 si stanno manifestando in molte diverse sfaccettature. È passato un po’ di tempo dai giorni segnati della “fuga verso casa”, le più stringenti regole stanno modificando in maniera incisiva le abitudini di tutti noi e la nostra narrazione interna di questo evento si è più volte modificata, anche assecondando le notizie che man mano sono state riportate dagli organi di stampa. Leggi anche:Coronavirus e fuga dal Nord, perché siamo tentati di fare ciò che ci viene vietato?

Le informazioni sono confuse e ci lasciano amareggiati

Abbiamo imparato più o meno a conoscere cosa sia una curva epidemica, se non quantomeno a identificarla visivamente, abbiamo compreso che il contagio e le conseguenze dello stesso non riguardano soltanto gli anziani e le persone già ammalate, abbiamo appreso che la strada per identificare, provare e immettere sul mercato un vaccino è una cosa lunga e laboriosa e che curare le persone non è sempre facile. Le narrazioni della scienza e della medicina hanno rivelato alcune loro caratteristiche non sempre note a tutti: la difficoltà nell’identificazione di un fenomeno, il dubbio rispetto all’effettivo riscontro nella pratica delle scoperte, il tempo necessario al progresso, che spesso non va d’accordo con l’urgenza che stiamo vivendo. Tutti questi segnali, non sempre confortanti, sono stati assimilati all’interno del nostro sistema cognitivo e, probabilmente, non sono ancora state completamente comprese e interiorizzate, bensì stanno subendo un processo detto di accomodamento. Con il termine accomodamento ci si riferisce all’insieme di modifiche che avvengono nelle strutture cognitive a seguito dell’interazione con la realtà in continuo mutamento. È quel processo che permette la modificazione degli schemi di pensiero e di azione nei confronti del mondo e ci permette di agire in maniera congrua con esso.

Quarantena prolungata: quali rischi per la salute mentale

In questo momento contrassegnato dal timore e dalla necessità di far fronte giornalmente al cambiamento imposto ai nostri stili di vita è possibile sviluppare un atteggiamento chiamato “impotenza appresa”. Questo concetto è stato coniato dallo psicologo Martin Seligman nel 1975. Con il termine “impotenza appresa” ci si riferisce a una condizione in cui è possibile che le persone apprendano di non aver controllo su ciò che accade loro in alcune situazioni. È la condizione di consapevolezza di essere impotenti di fronte a ciò che ci accade intorno. Questa si traduce in una rinuncia da parte delle persone a cambiare o migliorare la loro condizione.

L’esperimento dell’impotenza appresa

Per provare l’esistenza di questo fenomeno, Seligman si dedicò allo studio in laboratorio e alla sperimentazione delle sue teorie, servendosi di due cani. Mise il primo cane in una gabbia in cui veniva erogato uno stimolo fastidioso che l’animale non aveva modo di interrompere. Il secondo cane venne invece messo in una gabbia in cui veniva erogato lo stesso stimolo fastidioso, che però l’animale poteva interrompere premendo una leva. Il secondo cane imparò, dopo vari tentativi, a far cessare lo stimolo, mentre il primo semplicemente si adattò alla situazione di fastidio. Allora Seligman, in un secondo tempo, mise i due cani in due nuove gabbie uguali, ma divise a metà: da una parte veniva erogato lo stesso stimolo fastidioso, nell’altra no. Il secondo cane, che aveva avuto la possibilità di imparare a liberarsi della situazione, imparò subito che saltando dalla parte opposta della gabbia era possibile evitare quel fastidio. Il primo cane invece, quello che non aveva avuto la possibilità di imparare che si può uscire dalle situazioni di sofferenza, non provò nemmeno a saltare dall’altra parte per liberarsi del fastidio e semplicemente rimase lì, accettando la sua situazione di impotenza. Da lì il termine “impotenza appresa”.

Che cosa c’entra, però, questa esperienza con noi?

In questo momento è possibile che alcuni di noi si sentano un po’ come il primo cane dell’esperimento di Seligman. È possibile che non si sappia cosa fare, che ci si senta impotenti e impauriti e che si abbia la sensazione di non avere modo alcuno di fare qualcosa per mitigare questa sensazione. Il problema di queste sgradevoli sensazioni risiede tuttavia anche nel fatto che esse rappresentano alcune volte l’anticamera dell’adesione di comportamenti socialmente irresponsabili. Il pensiero che potrebbe scattare nella mente di alcune persone un po’ toccate da atteggiamenti di ‘impotenza appresa‘ potrebbe essere:

Sto affrontando una cosa che non conosco e che molto probabilmente non mi lascerà scampo, tanto vale fare finta che non esiste e comportarmi come se niente fosse.

Attenzione, questo potrebbe sembrare semplicemente un atteggiamento da irresponsabili, ma non è così. È importante distinguere “l’ottimismo irrealistico”, ovvero l’atteggiamento contrassegnato da pensieri come: tanto a me non succederà niente perché “sono giovane” o “perché faccio sport” o “perché sono in salute” o ancora “perché sono già vecchio e me ne sono capitate tante” dal pensiero derivante da impotenza appresa. In questo secondo caso infatti la persona è perfettamente consapevole delle cose che potrebbero accadergli se si comporta in maniera scorretta, soltanto non ha la forza di pensare diversamente.

Gli psicologi italiani offrono il loto aiuto

Nel caso in cui dovesse capitare di provare queste sensazioni di ‘impotenza appresa’ sarebbe importante allora ricordarsi dell’esistenza di questo meccanismo mentale e cercare invece informazioni corrette legate alla prevenzione e agli effetti dei comportamenti di quarantena e distanziamento sociale per comprenderne l’utilità. Avere la corretta percezione e sapere perché ci si sta comportando in un determinato modo aiuta a dare un senso a ciò che si fa, scongiurando comportamenti disfunzionali e deleteri per tutti. Nel caso in cui questi comportamenti di contrasto all’impotenza appresa non fossero sufficienti e i fastidi, i sentimenti di inutilità, ansia, rabbia e confusione persistessero, l’Ordine Nazionale degli Psicologi (CNOP) ha lanciato una iniziativa dal nome #psicologicontrolapaura. Ogni cittadino, andando sul sito del CNOP o digitando “psicologi contro la paura” su un qualsiasi motore di ricerca potrà trovare e accedere a un servizio di sostegno dedicato, erogato da un professionista regolarmente iscritto all’albo professionale che ha aderito all’iniziativa. Leggi anche: Andare dallo psicologo è ancora un tabù: 5 miti da sfatare di Tonia Samela

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Tonia Samela, nata a Potenza nel 1994. Psicologa Clinica e Dottoranda di Psicopatologia del Comportamento, attualmente conduce la sua attività di ricerca a Roma. È attiva nella promozione della salute e nella divulgazione scientifica del sapere psicologico.
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