La storia di Masih che tolse il velo: “La prossima rivoluzione sarà femminista”

Di origine iraniana, Masih Alinejad è diventata attivista quasi per caso. Cinque anni fa rivendicava la libertà di mostrare i capelli e il suo coraggio ha ispirato la lotta delle donne iraniane. Il regime ora la ricatta: “Da cittadina statunitense citerò in giudizio la Repubblica islamica”

Elza Coculo
Elza Coculo
Elza Coculo, 30 anni, di adozione romana. Lettrice appassionata con formazione in Studi italiani. Laureata in Editoria e Scrittura. Redattrice per Il Digitale. Amo scrivere di attualità e cultura eco-sostenibile.
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Masih Alinejad sa di vivere un momento storico cruciale per la lotta femminista nel suo paese, l’Iran, e non vuole tirarsi indietro. Neanche dopo che hanno arrestato suo fratello maggiore Ali, due anni più grande di lei, che fin da bambino ha sostenuto le piccole e grandi battaglie di sua sorella. Cinque anni fa Masih, quasi per caso, si è ritrovata a essere un’attivista contro l’obbligo del velo, diventando invisa al regime degli ayatollah. Ora, le loro mosse sembrano studiate per colpirla, ma lei non vuole cedere. Ha detto:

Le donne in Iran sono ormai fuori controllo. Il regime non riesce a fermare le loro proteste neanche con i numerosi arresti. Per questo hanno cambiato strategia e hanno arrestato mio fratello: pensano di mettere a tacere le donne iraniane, mettendo a tacere me. Ma hanno sbagliato i loro calcoli. Ali non è un attivista, la sua unica colpa è essere mio fratello e per questo, da cittadina statunitense, citerò in giudizio negli Usa la Repubblica islamica.

“I miei capelli ostaggio della Repubblica islamica”

Masih nel 2009 si trovava a Londra per studiare la lingua inglese. Scattò una foto per le strade della città che la ritraeva con i capelli al vento. Postò lo scatto su Facebook commentandola con queste parole:

Ogni volta che corro libera e i miei capelli danzano nel vento mi viene in mente che vengo da un paese in cui da trent’anni quegli stessi capelli sono ostaggio della Repubblica islamica.

Nel giro di pochi giorni il post ricevette oltre 14 mila like, commenti e centinaia di condivisioni. Nasce così il movimento My stealthy freedom, la mia libertà clandestina. Una pagina social nella quale Masih invitava le donne iraniane a condividere piccoli grandi momenti di libertà segreta. Allora la pagina, che oggi conta un milione di iscritti, venne invasa da foto di donne iraniane senza il velo ispirate dal coraggio di Masih. E nel 2017 quella protesta virtuale divenne reale. Vista la buona onda, l’attivista per la libertà delle donne decise di alzare l’asticella lanciando i White Wednesdays, i mercoledì bianchi, giornate in cui invitava le donne iraniane a uscire di casa senza velo o vestite di bianco.

Leggi anche: Guerritore: “Donne, smettiamo di chiedere scusa per il posto che occupiamo nel mondo”

Un passato di lotte per difendere i diritti

Masih Alinejad oggi vive a New York sotto protezione, per le numerose minacce di morte ricevute. Il suo passato è stato caratterizzato da numerose battaglie contro un regime che la voleva sottomessa e accondiscendente. Ma che non l’ha piegata. La storia di lotta di Masih inizia quando era ancora ragazza. Per diversi anni in Iran è stata giornalista parlamentare e poco prima dell’esame finale per diventare professionista viene arrestata con l’accusa di aver scritto e distribuito un volantino considerato antigovernativo. Trascorre circa un mese in prigione, quasi sempre bendata e costretta a scrivere e riscrivere per decine di volte una “confessione”. In cella, per giunta, scopre di essere rimasta incinta del ragazzo che poi sposerà. Ed è stata proprio la gravidanza a salvarla. Dopo un mese di prigionia arriva davanti a un giudice che la condanna ad altri cinque anni e 74 frustate. Ma la pena viene sospesa e Masih torna libera, con un bambino in grembo e la fedina penale sporca.

Le scarpe rosse

Masih Alinejad

Ogni volta che corro libera e i miei capelli danzano nel vento mi viene in mente che vengo da un paese in cui da trent’anni quegli stessi capelli sono ostaggio della Repubblica islamica“.

Masih sposerà il compagno di scuola da cui aspettava un bambino. Viste le difficoltà sociali, la famiglia decide di trasferirsi a Teheran, ma il matrimonio non dura a lungo. E per lei la vita continua in salita: una donna sola, divorziata, con un figlio, la cui custodia tra l’altro venne affidata al padre, e con la fedina penale sporca. La giovane donna, però, non si da per vinta e ricomincia da Hambastegi, un quotidiano riformista in cerca di giornalisti. Subito si fa notare per i suoi articoli di denuncia. E per le sue scarpe rosse indossate sotto un abbigliamento per il resto perfettamente conforme alle imposizioni del regime, ma che le costano 3 mesi di sospensione. Ma il peggio deve ancora venire. È il 2004 quando Masih denuncia la corruzione di alcuni parlamentari che le costerà per l’accredito stampa presso il parlamento. Ma Masih non si ferma e continua a scrivere di politica, fino al giorno che cambierà la sua vita per sempre.

La revoca del passaporto e la scelta di togliere il velo

Mancano poche settimane dalle elezioni presidenziali del 2009 che vedranno la conferma di Ahmadinejad al governo. Lei, che si trova a Londra per studiare inglese, rientra a Teheran per seguire le elezioni. Appena arrivata nel Paese le viene ritirato il passaporto, che le verrà restituito pochi giorni dopo, a seguito della sua promessa di lasciare l’Iran per sempre. Così Masih si trasferisce a Londra, dove continuerà a seguire le vicende iraniane. E si toglie il velo. La paura che le sue scelte potessero compromettere la sua famiglia rimasta in Iran è forte e non infondata. E ora uno dei suoi sei fratelli è stato arrestato e è detenuto da fine settembre nel famigerato carcere di Evin. La famiglia implora Masih di smetterla con le sue azioni politiche. Ma lei non cede:

È la strategia del regime. Vogliono farmi sentire in colpa per l’arresto di mio fratello. Ma la mia famiglia non è solo quella di sangue. La mia famiglia è Saba Kordafshari, 20 anni, condannata a 24 anni di carcere. È Yasaman Aryani, che ha 23 anni ed è stata condannata a 16 anni di carcere insieme alla madre. La mia famiglia sono le decine di donne che oggi si trovano nelle carceri iraniane solo per aver rivendicato un loro diritto.

Leggi anche: Giappone, tacchi alti e niente occhiali in ufficio se sei donna: si scatena la polemica

“La prossima rivoluzione sarà femminista”

Masih non vuole abbandonare le donne iraniane che hanno trovato il coraggio di rivendicare i propri diritti. Ed è per questo che ha espresso un’aspra critica ad alcune esponenti occidentali della politica che, in occasione delle loro visite in Iran, hanno indossato il velo con leggerezza. Ha detto Masih:

Queste donne non si rendono conto che indossare il velo senza batter ciglio significa legittimare una legge discriminatoria contro la quale le donne in Iran protestano rischiando la galera? Così facendo non solo non mostrano solidarietà con chi rivendica quelle stesse libertà di cui loro nei loro paesi godono, ma non fanno altro che rafforzare il regime che ci opprime. La storia le giudicherà.

E ha aggiunto:

Il vero nemico della Repubblica islamica non è l’America, ma le donne iraniane con la loro disobbedienza civile. La prossima rivoluzione sarà femminista.

Leggi anche: Ciudad Juárez: la città messicana dove le donne vengono rapite, stuprate, uccise e mutilate

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Elza Coculo, 30 anni, di adozione romana. Lettrice appassionata con formazione in Studi italiani. Laureata in Editoria e Scrittura. Redattrice per Il Digitale. Amo scrivere di attualità e cultura eco-sostenibile.
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