UK, il femminicidio di Sarah Everard scuote Londra e riaccende il dibattito sulla violenza contro le donne

L’assassinio della giovane Sarah Everard a Londra rilancia con forza la discussione in Gran Bretagna della sicurezza delle donne e dell’educazione maschile.

Luca Tartaglia
Luca Tartaglia
Classe 88. Yamatologo laureato in Lingue Orientali, specializzato in Editoria e Scrittura, con un Master conseguito in Diritto e Cooperazione Internazionale. Ama dedicarsi a Musica e Cultura, viaggiare, “nerdeggiare” e tutto ciò che riguarda J. J. R. Tolkien
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Il 3 marzo scorso la giovane di 33 anni Sarah Everard tornava a casa dopo una serata passata a casa di amici nel quartiere di Clapham, a Londra. Erano le 21 circa e decise di fare una passeggiata.

Parliamo di un quartiere sicuro della capitale inglese, illuminato, frequentato. Sarah esce prendendo tutte quelle precauzioni che vengono “consigliate” ad una donna da sola a passeggio (ad esempio stando al telefono costantemente con il fidanzato, passando per posti illuminati e non isolati). Eppure, ciò non è bastato.

La ragazza scomparirà da lì a breve scuotendo l’opinione pubblica inglese che si mobiliterà subito alla sua ricerca.

Purtroppo, pochi giorni dopo, il 10 marzo, il suo corpo verrà ritrovato in un bosco del Kent, a 70 km da Londra, senza vita.

Oggi abbiamo un nome, quello di Wayne Couzens, poliziotto della città di Londra, simbolo proprio di quella istituzione che dovrebbe proteggere le donne.

In un sistema che continua a non funzionare per l’approccio adottato, semplicemente securitario e emergenziale, in cui si dice senza battere ciglio alle donne di “non uscire da sole” al posto di accendere dei fari accecanti su chi è responsabile di queste violenze.

Il caso di Sarah Everard e la necessità di cambiare radicalmente l’approccio verso la sicurezza delle donne

Sarah Everard omicidio e proteste

L’omicidio di Sarah Everard ha riacceso violentemente, come vedremo, le proteste verso il tema del femminicidio e della sicurezza delle donne. In particolare sulla condizione delle donne nel Regno Unito (e di tutto il mondo), dove una su tre ha subito molestie all’interno delle mura di casa nel corso della vita e dove le statistiche ci dicono che viene uccisa una donna ogni tre giorni circa (dati 2018).

Diversi i temi in ballo. Il più importante, quello che vuole un cambio radicale di approccio verso questo tema, cioè non più volgere l’attenzione sul comportamento delle donne (“quanto è lunga quella gonna, ma che faceva in giro a quell’ora, e perché non prendere un taxi?” e altre insensate osservazioni), ma sulla responsabilità piena degli uomini, artefici e carnefici di cotanta violenza, inaccettabile in una società matura degli anni 2000.

Come dice Arwa Mahdawi del The Guardian:

Siamo abituate al fatto che le libertà e i corpi delle donne sono oggetto di dibattito.

Siamo abituate a sentirci dire che dobbiamo modificare il nostro comportamento in reazione alla violenza maschile.

Le donne non devono rispettare un coprifuoco formale, ma la disgustosa colpevolizzazione della vittima andata in scena nel caso di Sarah Everard basta a capire che, almeno informalmente, le cose stanno proprio così.

Le manifestazioni e l’inadeguatezza di una risposta forte e istituzionale ci dicono che la questione e tutt’altro che risolta e anzi dobbiamo tutti unirci nel percorso che dobbiamo assolutamente intraprendere per far sì che questo state of mind cambi: da emergenza e giustizialismo a educazione e sicurezza quotidiana.

Leggi anche: Flashmob al maschile contro la violenza sulle donne: “È un problema che ci riguarda”

Si colpevolizza il corpo delle donne invece che guardare alla responsabilità attiva degli uomini violenti

Sarah everard manifestazione polizia

Partendo dall’assunto che sono le donne a vedersi private della propria sicurezza mentale e fisica, e che nonostante le responsabilità evidenti e schiaccianti del comparto maschile, sono sempre le donne a vedere i loro diritti erosi.

Precauzioni come il portare scarpe per poter correre, avere sempre le chiavi in mano, passare sempre in spazi illuminati e così via, abbiamo capito non essere in nessun modo la soluzione, ma semplice precauzione, e Sarah Everard, con la sua triste morte, ce lo conferma: bisogna rivolgersi agli uomini.

Da qui la provocazione il 10 marzo della deputata britannica Jenny Jones, che ha proposto alla Camera un coprifuoco dalle 18 per gli uomini, sostenendo che in questo modo le donne sarebbero state molto più al sicuro. Così afferma la Jones:

Non era una proposta politica.

Era una risposta al fatto che, dopo la scomparsa di Sarah Everard, la polizia di Londra ha avvisato le donne che era meglio ‘non uscire da sole’ avvertimento di fronte al quale nessuno ha ‘battuto ciglio’, due pesi e due misure.

Ovviamente le reazioni dei suoi colleghi uomini sono state scomposte e di offesa.

La veglia per Sarah Everard e la repressione violenta della polizia

Sarah Everard manifestazione

Per avere contezza dello scollamento verso questo problema basta guardare alla capitale inglese il 13 marzo, dove il movimento Reclaim These Streets” (“rivendichiamo queste strade”) e altri movimenti femministi si sono riuniti in una veglia per Sarah Everard a Clapham Common.

Poco dopo il presidio è stato interrotto in modo violento dalla polizia che ha caricato le donne presenti e ha provato a disperdere la folla riunita nella manifestazione totalmente pacifica.

Definita illegale dalla polizia, il movimento femminista ha spiegato come avesse provato a organizzarla in maniera adeguata senza trovare il sostegno della polizia metropolitana.

Le immagini della polizia londinese hanno fatto indignare mezzo mondo e non hanno fatto altro che aggiungere carburante a quello che è un tema oggi molto sentito da diverse società civili, problemi che riguardano da vicino anche noi, in Italia. O ci basti guardare alle massicce manifestazioni in Australia dopo l’aumento di denunce per stupri, molestie e misoginia che hanno toccato da vicino il governo australiano.

Contro il femminicidio la formula “Più polizia, più sicurezza” non significa nulla

La morte di Sarah Everard riguarda ogni famiglia e affetto, in Inghilterra come in Italia, e in tutto il resto mondo.

La condizione della sicurezza della donna è tragica.

In Italia ogni tre giorni una donna viene assassinata principalmente in ambito affettivo e familiare (90% nel primo semestre 2020) e da parte di partner o ex partner (61%). Un tema vero, che deve assolutamente essere affrontato a tutti i livelli e non solo in maniera emergenziale, ma strutturale, educativa, di coscienza comune e sociale.

I governi, come quello inglese o italiano, adottano politiche esclusivamente basate su misure penali e securitarie come aumenti delle pene per i reati sessuali, nuovi fondi per sorvegliare e illuminare le strade, una maggiore presenza di polizia. Ma questo non prende il cuore del problema, a detta, da decenni, dei movimenti femministi e dai centri antiviolenza. Le donne oggi subiscono violenze, fisiche e non, soprattutto nel loro quotidiano. E proprio perché è nel quotidiano che le subiscono, è nel quotidiano che bisogna intervenire.

Non si può accettare una quotidianità così tragica e tossica. Bisogna dare un taglio netto al passato e bisogna utilizzare tutti gli strumenti possibili, a partire dall’educazione familiare e scolastica, al linguaggio quotidiano, e mediatico soprattutto (molto spesso politico), alla parità di diritti, la parità di salario e smetterla una volta per tutte di vedere le donne come un oggetto.

Concludiamo con un pensiero della giornalista Ali Pantony:

Perché stiamo ancora parlando di cosa possono fare le donne per stare al sicuro e non di cosa possono fare gli uomini per smettere di minacciare la nostra sicurezza?

Se continuiamo a dire alle donne di conformare le loro azioni per rimanere al sicuro, non stiamo affrontando il problema. Non stiamo risolvendo nulla.

Stiamo solo trasmettendo il senso di pericolo a un’altra donna.

Nel 2021, perché stiamo ancora giocando la carta “ma quanto era corta la sua gonna?

Leggi anche: Femminicidio a Padova, uccide moglie incinta: la violenza sulle donne che non si ferma

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