Roma in mostra: flaneur nella Capitale tra fotografia e arte

Perchè leggere e saziarsi d'arte è viaggiare, e non solo nello spazio ma anche nel tempo. È scoprire, è vivere di più.

Asia Solfanelli
Asia Solfanelli
Intraprendente e instancabile penna, poliglotta, appassionata lettrice e avida viaggiatrice. Sviscerata amante del cinema. E ultimo, ma non per importanza, eterna studiosa, perché non si finisce mai d’imparare.
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Roma in mostra: fotografia e scrittura creano universi, o meglio, pluriversi. Attenersi all’attuale e tangibile è una condanna, è bello perdersi, oltre.

Una mostra fotografica diventa un viaggio, se si sa guardare, se si sa sognare. I soggetti immortalati, così come i luoghi, acquistano un nome e una storia, vita.

Il fotografo cattura un instante di realtà. Ferma il tempo, come lo scrittore sulla carta, ma l’attimo diventa eterno, un momento di pura possibilità, tutto in potenza diventa vero, o almeno possibile. Quello scatto trasformato in camera oscura, è verità, immaginazione, sogno, riso, pianto, paura.

Con le parole il gioco è molto simile, se si riesce ad andare oltre il significante, senza la pretesa di cogliere il significato. Quello è personale, è vestito della propria esperienza, delle proprie conoscenze e persino dei propri limiti. Lo scrittore quando prende in mano la sua penna crea, crea un mondo, un tempo, a volte specchio di quel che vede, altre riflesso di quel che vorrebbe.

Il vero lettore si immerge in quell’abisso sconfinato e, tra il bianco e nero della carta, la stanza in cui si trova diventa una città, un mare in tempesta, un deserto, un bosco, la vertiginosa altura di una montagna o, in alcuni casi, persino una cella. E così luoghi e personaggi sconosciuti acquistano un che di familiare, e non c’è magia più sorprendente che trovarsi quella realtà sognata in veglia, quando si perde contatto con la terra, non importa che ora segna l’orologio e ancora meno cosa sia vero e cosa no.

Questo mi è accaduto qualche giorno fa al Mattatoio, in occasione della mostra su Roma, Fotografia. Nuove produzioni 2020. Il caso ha voluto che stessi leggendo La solitudine del satiro e che, come Flaiano tra le strade di Roma, mi ritrovassi flaneur nella capitale vista con gli occhi di Alex Majoli, Nadav Kander, Martin Kollar, Sarah Moon e Tommaso Protti.

Come visitatore-lettore ho avuto la fortuna di avere una guida, un mentore, la fortuna non solo di vedere ma di ascoltare, di andare oltre la cornice e perdermi in paesaggi che non ho mai visto, eppure mi è sembrato di conoscere.

Roma in mostra dagli occhi di Tommaso Protti

Roma in mostra con gli occhi di Tommaso Protti.

Al fascino della capitale storica e monumentale, Tommaso Protti aggiunge “l’aspra e cruda realtà della nuova Roma che ogni anno cresce sempre più intorno al suo baricentro“. E sceglie la notte perché sa di oblio, di trascurato e di dimenticato.

Strade desolate, strette, piene di curve, macerie e spesso volti affranti.

Muri crollati, scooter e carrelli abbandonati, i nuovi quartieri hanno perso il loro aspetto primitivo, sanno di paesaggi stuprati dalla ‘civiltà’, travolti e dalla stessa abbandonati.

In quei luoghi in cui la fantasia plebea ancora trova spazio, dove sorge un Castellaccio, una Casaccia, l’Osteria della Puttanella o l’Osteriaccia, dove, come faceva notare lo scrittore pescarese, anche la toponomastica si rivela crudele, si nascondono non soltanto severe bellezze, ma anche persone, vite, aspirazioni e sentimenti.

Nessun nome grazioso, nessuna bellavista o belvedere, nessun prato fiorito o valle ombrosa, nessuna concessione al forestiero o al viandante.
Tutto parla di misfatti, di fughe, di cattivi incontri, di calamità, di vendetta.

Scriveva Flaiano.

Eppure, quella realtà oscurata è viva e nella sua fatiscenza nasconde il suo fascino. Chi ha il coraggio di affrontare la crudeltà dell’uomo moderno, quello che ha promesso il progresso senza possibilità e volontà di concederlo a tutti, scopre la bellezza di quei luoghi e diventa testimone di quel mondo altrimenti lontano dagli occhi e dalle coscienze dei più.

Tommaso Protti è uno degli audaci, getta un fascio di luce in quell’universo oscuro, scopre il degrado della periferia, la seriosità dei suoi abitanti e ricorda che Roma non si esaurisce in quegli edifici maestosi ed eleganti che popolano il centro o che raramente attraggono più lontano. Ma ha cuori che pulsano anche tra quelle rovine che nessun turista andrebbe mai a vedere.

Leggi anche: I nottambuli di oggi: tristi, sofferenti e immersi nella nostra solitudine

Roma in mostra con gli occhi di Alex Majoli

Roma in mostra con gli occhi di Alex Majoli.

Con i suoi scatti Alex Majoli trasforma strade, case e piazze della capitale in palcoscenici teatrali, i passanti e cittadini sono interpreti della vita vera.

Il percorso inizia con la foto di una videocamera, quella che incessantemente riprende la vita, degli occhi che guardano la quotidianità come una grande opera in cui ognuno ha la sua parte, pur senza recitare.

C’è chi si accascia ai bordi della strada, il sacerdote che prega senza fedeli, i fedeli in attesa di Chiara Ferragni. Ci sono i colti a discutere in conferenze prima della miseria del cinema, poi di quella della letteratura, che, a differenza del cinema, non ha imparato dar seguito ai grandi capolavori. C’è lo scrittore che tra cineasti si dice pronto accogliere le loro idee pur di ridare vita al libro, ma ha un problema: non sa scrivere.

Negli spaccati di quella quotidianità teatrale offerti dal fotografo, ho rivisto sì cadere il quarto “muro”, quello che separa “noi” spettatori, osservatori, da “loro”, gli attori che si muovono sul palco, ma in scena non c’era una commedia.

Ho visto molto di quel decadentismo che Flaiano, seppur con il suo unico umorismo, già ravvisava negli anni Sessanta, ho visto il perdersi nella vanità, ignorare l’obiettivo della fotocamera pur avendolo puntato addosso. Ho visto volti inghiottiti dagli schermi dei cellulari, ho visto uno spaccato di mondo troppo austero, serioso ma non serafico, e poco promettente.

Di fronte alla camera di Alex Majoli la vita scorre incessante, indifferente.

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Roma in mostra tra foto e le pagine di Ennio Flaiano

Roma in mostra tra foto e le pagine di Ennio Flaiano.

La mostra continua, ma non si vuole togliere al prossimo visitatore la curiosità di andarla a vedere. Si dirà che ogni fotografo ha saputo svelare un aspetto di quello che un tempo era il cuore di un grande impero, ma oggi non riesce a nascondere i segni della sconfitta.

Martin Kollar attraverso un lungo viaggio che finisce a Roma, Nadav Kander ricercando le tracce più antiche e materiche, nascoste in pietre, decorazioni, colonne o statue. Perchè, come scriveva Calvino, “la città non dice il suo passato, lo contiene come linee di una mano“. E forse lo stesso fanno i suoi abitanti.

Il passato che ritrae Sarah Moon è invece misterioso, e forse mistero deve rimanere. Solo chi è capace di andare oltre le apparenze, chi è capace di vedere oltre il visto, trascendere dai perimetri tracciati dal senso comune, andare oltre quelli sensati, stabiliti, scopre bellezza. Così come chi ha la curiosità di sondare le periferie e chi non si accontenta dei sentieri battuti.

Siamo così eredi di quella stessa società e città di cui ho fantasticato leggendo La solitudine del satiro e che in qualche modo ho rivisto in quelle fotografie molto più attuali.

Guardando attraverso gli occhi degli altri, siano essi artisti, fotografi o scrittori, si aprono nuovi scenari, nuove prospettive con cui ammirare e affrontare il mondo, la mentre si spalanca, la fantasia si anima e il confine tra realtà e immaginazione si fa sottile e sfumato.

Così uscita dalla mostra al Mattatoio e chiuso il libro di Flaiano ho avuto la sensazione di aver girato, non per ore ma per giorni, in un certo senso persino secoli, per quell’antica città eterna che tanto esibisce e sfoggia e tanto cela.

Perchè leggere e saziarsi d’arte è viaggiare, e non solo nello spazio ma anche nel tempo. È scoprire, è vivere di più.

D’altronde, come ha detto Giulio Mozzi: “Il lavoro dell’arte è far esistere“.

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