Chi sono “Gli indifferenti” di oggi

Proprio il 28 novembre nasceva Alberto Moravia. Oggi un pensiero, doveroso, porta con sé un'inevitabile riflessione sulla società odierna come eco della sua vocazione alla realtà e alla critica.

Asia Solfanelli
Asia Solfanelli
Intraprendente e instancabile penna, poliglotta, appassionata lettrice e avida viaggiatrice. Sviscerata amante del cinema. E ultimo, ma non per importanza, eterna studiosa, perché non si finisce mai d’imparare.
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Il 28 Novembre 1907 nasceva una delle più eminenti personalità italiane del secolo scorso, Alberto Moravia. Scrittore, giornalista, sceneggiatore, saggista, drammaturgo, poeta, reporter di viaggio e critico cinematografico nonché emblema di una cultura italiana ancora alta, feconda e critica. Ripensando alla sua penna incisiva, anacronistica, ma al tempo stesso eterna, una riflessione e una domanda sorgono spontanee: chi sono gli indifferenti di oggi?

Alberto Moravia e “Gli indifferenti”

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“Un caro ragazzo di 22 anni”, così lo accoglie fin da subito la critica alla pubblicazione del suo primo romanzo nel maggio del 1929: Gli indifferenti. Un’opera da annoverare tra i classici della letteratura, perfettamente in linea con la definizione di classico che Treccani ne offre:

Scritto il cui autore è da considerare degno di essere letto al di là dei limiti del suo tempo. Si tratta di opere ritenute costitutive di identità culturale, che dovrebbero ‘restare’ nel patrimonio dell’umanità e che dagli orizzonti più diversi, lontani o vicini, possono offrire qualcosa di non trascurabile alla nostra esperienza.

Gli indifferenti di Moravia sono sfaccendati, annoiati, senza uno scopo, conducono una vita senza entusiasmo, priva di qualsiasi contenuto. Li travolge con fervore quel senso di irrealtà che si insinua con la modernità, una modernità che rende passivi, che sconcerta e lascia inermi. La crisi di Michele, quella crisi che il personaggio condivide con lo stesso giovane Moravia, è quella di “un anormale in un ambiente normale“, come la definirà lo stesso scrittore: crisi per una quotidianità vissuta come un macigno, una strada asfaltata, ma attraverso la quale si avanza trascinando le gambe sotto la pioggia.

La realtà de “Gli indifferenti”

Dalle pagine del romanzo trapela un forte senso di realtà e l’immagine negativa della società, quella di una borghesia brutale. Si parla di una classe alta, quasi plastica, deforme, ma di agevole lavorazione e da modellare facilmente a seconda delle circostanze. Una società che per troppi aspetti assomiglia ancora alla nostra, anche se non vorremmo sentircelo dire.

Il messaggio è diretto: travolti dalle innovazioni della rivoluzione industriale, l’unica preoccupazione degli abbienti è quella di non perdere le proprie agiatezze. Un obiettivo che li rende disposti ad accettare qualsiasi condizione, persino quelle dettate da opportunisti e meschini. È che proprio perché ipocrita e indifferente a questioni politiche, e spesso anche intellettuali, che il ceto medio negli Anni ’20 consente l’avvento del Fascismo, come allo stesso modo noi oggi accettiamo norme e disposizioni seppur in apparenza meno totalitarie.

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Ma chi sono gli indifferenti di oggi?

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Secondo il vocabolario Treccani la definizione di ‘indifferente’ è la seguente:

Che non diventa differente, cioè non cambia, a seguito di sollecitazioni o altre azioni esterne e quindi che è insensibile a tali azioni.

Se Moravia scriveva all’affacciarsi della modernità, oggi più che i conti con sua radicalizzazione dobbiamo farne con la sua prevaricazione. Siamo sommersi, stiamo annegando, anzi la maggior parte di noi ha già smesso di respirare. Oggi, il termine “indifferente” potrebbe includere una varietà di individui, il denominatore comune però rimane lo stesso: noia e apatia.

Tra i più anestetizzati ci sono coloro che probabilmente non sono neanche arrivati a leggere queste righe, troppe parole. Coloro che scelgono il film dal catalogo Netflix, il libro in vetrina e il vestito che indossa la diva, altrimenti non saprebbero cosa scegliere.

Vittime di desideri indotti che puntualmente, vuoi per apatia vuoi per convenienza, prendiamo per bisogni. Siamo così circondati da impulsi che abbiamo dimenticato cos’è la curiosità, subiamo quel che ci viene offerto. Ma indifferenti sono ancora di più quelli che, con la presunzione della consapevolezza, si distaccano dal mondo perché lo soffrono, e diventano ‘baroni rampanti’ dimenticando che l’arbusto dove siedono ha profonde radici.

Più indifferenti al tempo del Covid

Alle stimolazioni, cambiamenti che dovrebbero, almeno, indurci a pensare, restiamo insensibili, immobili e fissi. Siamo abbindolati e, convinti di poter troppo poco di fronte a una macchina ben più grande. Scegliamo l’indifferenza, così abbiamo persino smesso di porci domande.

Nel flusso analitico della contemporaneità sembra inevitabile menzionare la pandemia. Da marzo accettiamo imposizioni che senza mezzi termini eliminano anche quel poco di libertà che ci era rimasta. Che siano giuste e per il nostro bene non è questa la sede per giudicarlo.

Non ci si vuole dilungare in discorsi riguardanti la nostra libertà di fare e agire, ma piuttosto sulla volontà di farlo che troppo spesso manca. Non è detta però l’ultima parola. E magari oggi, arrivato a leggere fin qui, qualcuno andrà a comprare il romanzo di Moravia, oppure, invece che scegliere tra le proposte degli OTT, andrà a cercare il film di Maselli con lo stesso titolo, “Gli indifferenti”. Sicuramente, che ci si confronti con il film o con il libro, ognuno troverà un po’ di sé in quei ‘bizzarri’ personaggi, così come in quella noia e apatia che troppo spesso ci assale.

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