Puglia luogo di accoglienza, chi è lo chef salentino che insegna a cucinare ai migranti

Marianna Chiuchiolo
Marianna Chiuchiolo
Giornalista con studi in Mediazione Linguistica, una formazione da teatrante e una generale tendenza a perdersi nei vicoli di una fervida immaginazione. Ama in egual misura la scienza e la poesia e si spende da tempo per la crociata della Mental Health Awareness come missione di vita.
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Il miglior modo di fare amicizia è a tavola. Nel Sud Italia questa tradizione è ancora viva e a Francavilla Fontana, in provincia di Brindisi, è stata al centro di un progetto di integrazione che ha cambiato la vita di 15 ragazzi. Lo Chef Luciano Simone, titolare di una rinomata pizzeria salentina che vanta una pioggia di stelline e opinioni positive su tutti i siti di recensioni, ha deciso di mettere le sue competenze a disposizione di chi arriva in Italia in cerca di una vita migliore. Attraverso i bandi di Garanzia Giovani, i ragazzi ospitati dallo S.P.R.A.R. di Francavilla sono adesso dei cuochi provetti e vivono finalmente la vita che sognavano quando hanno lasciato il loro paese. Il centro di accoglienza della ridente cittadina pugliese è già fulcro di attività volte all’integrazione dei rifugiati: pulizia di aiuole, cura dei parchi e delle strade sono solo alcune delle operazioni che vedono impegnati i loro ospiti, sempre più coinvolti nella vita del paese. A queste iniziative è andato ad aggiungersi un corso intensivo per addetti alla ristorazione tenuto proprio da Luciano, un’opportunità concreta per inserirsi in un campo lavorativo qualificato dove la ricerca di personale è sempre aperta.

Come insegnare il mestiere di chef a chi viene da lontano

I ragazzi si sono impegnati in ben 200 ore di lezione che hanno coperto tutte le aree della ristorazione: materie prime, preparazione dei piatti, distribuzione di pasti e bevande, allestimento e gestione sala, norme sanitarie e di sicurezza, persino la comunicazione con il cliente è stata oggetto di studio e verifica. Alla fine del percorso è stato loro rilasciato l’attestato H.A.C.C.P., un titolo irrinunciabile per chiunque desideri crearsi una carriera in quell’ambito. Luciano racconta:

Il percorso è stato abbastanza lineare dopo le prime lezioni. I ragazzi si sono adeguati agli standard e agli orari. Ho trasmesso loro l’idea che la cucina non è quella che vediamo in TV: la cucina è sacrificio, impegno, costanza, dedizione e soprattutto la capacità di informarsi e aggiornarsi. Quello che io ho insegnato sono le nozioni basilari, ma con l’aggiunta ogni tanto di un tocco particolare, con l’uso di nuove metodologie e nuove tecniche di cucina contemporanea. Ho spiegato loro il funzionamento di tutti i macchinari all’interno della cucina e il loro uso. Imparare a cucinare significa conoscere le materie prime e le tecniche, da lì ho iniziato a impartire le prime semplici nozioni di cottura e poi tutto il resto sta nell’impegno personale e nella propria fantasia.

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La vera sfida è stata imparare a capirsi

Lo chef Luciano Simone durante una lezione con i rifugiati del centro accoglienza di Francavilla Fontana, in provincia di Brindisi.
Luciano ha deciso di dare ai rifugiati di Francavilla Fontana una possibilità concreta di costruirsi un futuro in un paese che sia per loro una nuova casa e non soltanto un luogo in cui fuggire. Il progetto si è svolto durante il mese di febbraio e ha coinvolto 15 ragazzi, tutti sotto i 30 anni, provenienti da ogni paese dell’Africa. Per essere certi che ogni insegnamento venisse pienamente compreso, sono stati coinvolti esperti del settore mediati da un interprete per tutto il tempo. È proprio la necessità di capirsi che ha reso l’impresa di Luciano unica nel suo genere: molti dei rifugiati che hanno partecipato provenivano da paesi in guerra e da esperienze di vita profondamente segnanti. Lo stesso chef racconta dell’importanza di relazionarsi con chi proveniva da un ambiente completamente diverso:

Oltre a quello di impartire le nozioni basilari di cucina, il mio compito è stato anche abituare questi ragazzi a un nuovo stile di vita, cercando di capire i loro caratteri e facendo attenzione alla loro sensibilità. In un certo senso ho cercato anche di riavvicinarli a questo mondo, facendo attenzione a non colpirli nel loro Io. Purtroppo nei loro occhi si leggeva un grande disagio per quello che avevano affrontato. Il mio vero compito è stato donar loro un po’ di tranquillità, gioia, serenità e soprattutto un nuovo scopo di vita.

I ragazzi dopo aver imparato a cucinare hanno trovato lavoro

Un percorso complesso ma che ha dato i suoi frutti, non solo a livello professionale, ma anche e soprattutto umano: i docenti sono diventati dei veri punti di riferimento per i giovani aspiranti chef, che continuano a contattarli e a considerarli amici fidati, quelli che li hanno aiutati a ritrovare la speranza in un futuro migliore.

Alla fine del corso li ho visti abbastanza entusiasti, ma la cosa più bella che abbiamo riscontrato nel tempo è stata il ritrovare gli stessi ragazzi che lavoravano in ambito culinario in alcune strutture della zona. È un settore difficile, particolare, sacrificante, e questo è un risultato ottimale sia per me sia per la struttura che mi ha permesso di inserirli in quest’ambito, anche perché loro non avevano minimamente idea di dove stessero andando. La mia maggiore soddisfazione è stata quella di farli innamorare della cucina.

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