Primo attacco aereo di Biden in Siria, cosa c’è dietro

Con il primo attacco aereo di Biden in Siria gli USA hanno colpito milizie filo-iraniane in risposta agli attacchi in Iraq di 10 giorni fa. Cosa c'è dietro?

Cecilia Capanna
Cecilia Capanna
Appassionata di temi globali, di ambiente e di diritti umani, madre di tre figli del cui futuro sente un grande senso di responsabilità
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Giovedì 25 febbraio si è consumato il primo attacco aereo di Biden, un fatto che in realtà nessuno si aspettava avvenisse così presto. Anzi, nessuno si aspettava avvenisse punto, viste le premesse della sua campagna elettorale pacifista. Il presidente USA ha colpito gruppi filo-iraniani sul confine siriano, in risposta ad un attacco avvenuto il 15 febbraio scorso in Iraq. Cosa è successo e perché si è visto costretto ad agire?

L’attacco dei miliziani a Erbil

È trascorso poco più di un mese dal suo giuramento alla casa Bianca e il neo-presidente degli Stati Uniti ha già scagliato il suo primo raid. Alle sue 6 di mattina il primo attacco aereo di Biden ha coplito chirurgicamente quelle che erano state individuate come le basi strategiche in Siria di gruppi di miliziani filo-iraniani responsabili di una provocazione ai danni degli USA. 

Si tratta, infatti, degli stessi gruppi di miliziani che 10 giorni fa avevano sferrato un attacco a Erbil, in Iraq, uccidendo un appaltatore filippino e ferendo un membro del servizio statunitense. L’attentato era stato rivendicato da “I Guardiani del Sangue”, miliziani sciiti sostenuti dal governo iraniano, che la sera dello scorso 15 febbraio avevano voluto dare un messaggio chiaro: fuori gli americani dai fatti nostri. Gli USA infatti sono a capo di una coalizione contro l’ISIS attiva in diversi fronti, tra cui quello della guerra civile in Siria.

Il primo attacco aereo di Biden al confine tra Iraq e Siria

Foto: WorldPop (populated areas) di Jugal K. Patel

Il primo attacco aereo di Biden è stato in risposta a quella provocazione ed è arrivato dopo una lunga meditazione. Oltre a volersi accertare, con la collaborazione del governo iracheno, di chi sia stata veramente la responsabilità del bombardamento di Erbil, il presidente USA ha dovuto decidere che tipo di reazione avere: una reazione chirurgica e “soft”.

L’obiettivo del primo attacco aereo di Biden infatti è abbassare i toni, ridurre le tensioni tenendo fermo però il suo punto. Una risposta che è contenuta per mantenere una minima apertura di dialogo con l’Iran, e data con un attacco sul confine siriano -non direttamente a Erbil- per non compromettere i buoni rapporti con l’Iraq.

Il primo attacco aereo di Biden nello specifico ha colpito diverse strutture situate in un punto strategico e di controllo sul confine, utilizzate da alcune milizie sostenute dall’Iran tra cui Kataib Hezbollah e Kataib Sayyid al-Shuhada. Le notizie sulle vittime sono controverse, sembrerebbe che ci siano 22 morti e alcuni feriti.

Chi ha lanciato la prima pietra?

Se già i rapporti tra USA e Iran storicamente sono sempre stati niente bene, a metterci il carico da 90 era stato Donald Trump che, con l’uccisione del generale iraniano Soleimani colpito da un drone in territorio iracheno a gennaio 2020, si era guadagnato un capo di imputazione dal governo dell’Iran e i bombardamenti dei giorni successivi su basi USA, oltretutto con l’abbattimento involontario di un aereo di linea Ucraino.

Non solo, un attacco ad una base americana proprio a Erbil c’era stato anche lo scorso settembre. Era stata una chiara risposta alla minaccia di Trump di chiudere l’ambasciata a Baghdad se le milizie filo-iraniane avessero continuato a colpire obiettivi USA.

I rapporti deteriorati, ormai pessimi tra i due paesi, hanno portato alla scelta dell’Iran di uscire dal Trattato di non proliferazione nucleare (TNP), incalzato dalle accuse dell’ex presidente americano di produrre di nascosto uranio arrichito.  È proprio in questi giorni che il governo iraniano ha ufficializzato il capolinea degli accordi anti-nucleare con la conseguente forte limitazione dei controlli da parte di commissioni esterne nelle fabbriche di armi del paese. Le ombre sulla produzione nucleare iraniana si erano infittite già nel 2016, quando Ahmadreza Djalali, uno scienziato del programma iraniano, era stato accusato di spionaggio e ancor di più lo scorso dicembre con l’uccisione del direttore Mohsen Fakhrizadeh.

Leggi anche Iran, rinviata l’esecuzione di Ahmadreza Djalali

Cosa c’è dietro al primo attacco aereo di Biden

Il primo attacco aereo di Biden è chiaramente un paletto che il presidente americano ha deciso di mettere per far capire la posizione USA in Medio Oriente e nei confronti dell’Iran. Le politiche militari del suo predecessore, e con lui ovviamente di Mike Pompeo, erano state di disimpegno -come dimostrato per esempio con gli accordi in Afghanistan- cioè di ritiro delle truppe americane da territori conflittuali stranieri. Nonostante ciò, Donald Trump aveva invece alzato molto i toni con l’Iran per il fatto del nucleare. 

Probabilmente il nuovo attacco di Erbil di 10 giorni fa ha voluto essere un test da parte delle forze iraniane per capire la posizione del nuovo presidente. Biden in campagna elettorale si è proposto come l’anti-Trump su tutti i fronti ma è evidente che ha ritenuto di non dover lasciar correre la provocazione.

Tre ragioni fondamentali

In ballo ci sono tre ragioni fondamentali:

Gli accordi per il nucleare vanno salvaguardati. L’Iran era stato sorprendentemente uno dei firmatari del TNP, trattato i cui accordi sono stati poi inquinati dai forti sospetti che il paese stia arricchendo l’uranio sottobanco per produrre testate nucleari. Da ieri l’Iran ne è ufficialmente fuori e l’impresa ora è tornare indietro ad una situazione di trasparenza, almeno apparente, in cui la produzione di armi iraniana, così come quella di tutti i paesi firmatari, possa venire controllata.  Per Biden è come camminare in equilibrio su un filo sospeso mostrando da una parte decisione e polso –per ora moderati- e contemporaneamente apertura al dialogo.

I buoni rapporti con l’Iraq vanno salvaguardati.  l’Iraq è un prezioso alleato nella lotta contro l’ISIS e tutte le volte che i miliziani filo iraniani attaccano in territorio iracheno, sebbene con obiettivi americani, il paese subisce uno scossone e rischia l’instabilità. La risposta USA intende disincentivare nuovi possibili bombardamenti in Iraq e proprio per questo il primo attacco aereo di Biden è avvenuto fuori dai confini iracheni.

Gli USA guidano la coalizione contro l’ISIS in Siria dove i toni sono ancora molto accesi e non permettono un disimpegno, soprattutto in un momento storico in cui si sta profilando una spaccatura in due del mondo, quella che in molti stanno definendo una nuova guerra fredda.

Le super potenze come USA e Russia e i paesi con loro rispettivamente schierati sono attori esterni che si intromettono nei teatri di guerra di Siria, Libia, Yemen ecc. Gli USA vogliono far sentire la propria presenza ufficialmente come garanti di diritti e democrazia, più spesso come protettori dei propri interessi, come tutti. Parallelamente, sono sempre più nette due grandi coalizioni contrapposte sul piano di una guerra economica a suon di sanzioni. Ma questa è una estrema semplificazione di un quadro geopolitico che andrebbe approfondito altrove per evitare facilonerie.  

Leggi anche L’insediamento di Biden rassicura un’America a pezzi

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