Iran, rinviata l’esecuzione di Ahmadreza Djalali

La sentenza di morte per il ricercatore iraniano-svedese Ahmadreza Djalali è stata temporaneamente sospesa ma la sua vita resta appesa a dun filo

Cecilia Capanna
Cecilia Capanna
Appassionata di temi globali, di ambiente e di diritti umani, madre di tre figli del cui futuro sente un grande senso di responsabilità
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Era prevista tra ieri e oggi l’esecuzione dello scienziato Ahmadreza Djalali, un ricercatore svedese-iraniano condannato a morte in via definitiva dopo essere stato arrestato in Iran nel 2016. Il mondo fino a ieri era con il fiato sospeso, Djalali avrebbe dovuto essere trasferito nella prigione di Rajai Shahr per poi essere giustiziato a morte e invece il trasferimento non è avvenuto grazie ad un ordine superiore per cui la sentenza è temporaneamente sospesa.

Chi è Ahmadreza Djalali

Ahmadreza Djalali è uno scienziato iraniano naturalizzato svedese. È medico e docente, ricercatore di medicina delle catastrofi e specializzato in assistenza umanitaria. Vanta collaborazioni con università di tutto il mondo tra cui Israele, Arabia Saudita e Stati Uniti. Nel 2016 era in viaggio in Iran per partecipare a dei seminari a Teheran e a Shiraz quando è stato fermato dalle autorità locali con l’accusa di spionaggio per conto di Israele a cui avrebbe fornito informazioni su due responsabili del programma iraniano sul nucleare.

Senza l’assistenza di un avvocato scelto da lui, che gli è stata rifiutata due volte, i servizi segreti locali hanno minacciato Ahmed di imputargli reati più gravi, per cui il ricercatore è stato costretto a confessare pur essendo assolutamente innocente e ha dovuto firmare una dichiarazione scritta in cui confermava di essere una spia. Per Amnesty international, se già le accuse erano totalmente infondate, il processo è stato iniquo e ha violato i diritti umani fondamentali.

La condanna a morte

Sia l’Università del Piemonte Orientale, e molti altri atenei internazionali con cui ha collaborato, sia i governi di Svezia e Belgio hanno seguito la sua causa e sostenuto la sua innocenza fino a che, qualche giorno fa, la moglie Vida Mehrannia ha ricevuto la telefonata più brutta della sua vita. In una conversazione di soli due minuti, il marito dal carcere le ha spiegato che l’interesse al suo processo da parte di Belgio e Svezia era venuto meno e che il tempo a disposizione era scaduto: la sentenza di morte era definitiva.

A quel punto l’avvocato, la moglie e la sorella di Ahmadreza Djalali hanno tentato di capire in qualsiasi modo cosa stesse succedendo, anche se le informazioni erano e sono pochissime. Erano decisi a recarsi direttamente all’ufficio del pubblico ministero quando è arrivata la notizia del mancato trasferimento del ricercatore alla prigione in cui sarebbe stata messa in pratica la sentenza di pena capitale.

Rappresaglia nucleare

La sentenza di morte di Ahmadreza Djalali è arrivata in un momento molto caldo a livello mondiale sulle trattative internazionali per il nucleare. L’uscita degli USA per mano di Trump dal trattato sul nucleare con l’Iran e l’uccisione un anno fa del generale iraniano Soleimani per mezzo di un drone statunitense hanno aumentato molto gli attriti tra i due paesi. Nei giorni scorsi inoltre è stato ucciso uno scienziato del programma nucleare iraniano, Mohsen Fakhrizadeh, atto di cui è stato accusato il governo di Israele. La condanna definitiva per il ricercatore iraniano-svedese dunque potrebbe essere una reazione dell’Iran, sulla scia di una rappresaglia molto pericolosa.

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Ahmadreza Djalali, fermare l’esecuzione è possibile

Ahmadreza Djalali, avendo la cittadinanza svedese, è un cittadino europeo e l’Europa potrebbe giocare un ruolo importante nell’annullamento definitivo della sentenza di morte, per ora sospesa solo temporaneamente. Ahmed dal suo arresto ha perso 24kg, versa in uno stato di salute precario e necessiterebbe di urgenti cure mediche specialistiche. Ancora una volta i diritti umani vengono violati, la vita di una persona innocente è appesa ad un filo e non c’è tempo da perdere.

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