Il plasma iperimmune abbatte il Covid, infermiere guarito dona 6 volte il suo

È stato dimostrato che il plasma iperimmune abbatte il Covid e un infermiere guarito lo ha donato già 6 volte. Partito atto di diffida per le regioni negligenti.

Cecilia Capanna
Cecilia Capanna
Appassionata di temi globali, di ambiente e di diritti umani, madre di tre figli del cui futuro sente un grande senso di responsabilità
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Uno studio argentino ha dimostrato che il plasma iperimmune frena le degenerazioni del Covid-19 se iniettato tempestivamente nei malati ospedalizzati entro il terzo giorno dal ricovero. L’utilizzo che ne stanno facendo gli ospedali di Mantova e Pavia ne ha dato conferma e un infermiere pavese guarito dal virus ha già donato il suo ben 6 volte.

Purtroppo la raccolta del plasma iperimmune in Italia non sta avvenendo in maniera coordinata e organica, solo alcune regioni si stanno attivando e dialogo interregionale e trasmissione di dati sono carenti. Per questo il comitato di scopo legato alla rete Terapia Domiciliare Covid-19 ha fatto un appello accompagnato da un atto di diffida a livello nazionale, intendendo velocizzare l’utilizzo di questa terapia e salvare più vite umane possibili. 

Cosa è il plasma iperimmune

Il plasma iperimmune è presente nel sangue dei malati di Covid ormai completamente guariti. Il considerevole numero di anticorpi specifici in esso contenuti lo rende un’arma preziosa per contribuire a bloccare il virus e abbassarne la carica virale, attraverso l’immunizzazione passiva.

La trasfusione di plasma iperimmune quindi può rappresentare una risorsa terapeutica di grande aiuto, da affiancare alla campagna vaccinale, per la cura e la prevenzione contro il Covid-19. Naturalmente i donatori devono essere attentamente selezionati attraverso una visita medica preliminare che ne accerti l’idoneità.

La sperimentazione argentina

Uno studio argentino pubblicato dal New England Journal of Medicine conferma la validità dell’uso del plasma iperimmune se somministrato entro i primi tre/quattro giorni dal ricovero nei reparti di degenza. È stato dimostrato, infatti, che il plasma non funziona con i pazienti più gravi e deve essere trasfuso tempestivamente.

Un’emergenza come quella che il mondo sta vivendo rende urgente velocizzare la sperimentazione di vaccini e farmaci, togliendo il giusto tempo agli studi randomizzati in doppio cieco, ovvero gli studi in cui si mettano a confronto i risultati ottenuti con il farmaco con quelli ottenuti con il placebo. Nonostante ciò, i ricercatori argentini hanno cercato di sviluppare le loro sperimentazioni proprio in questa ottica e hanno dimostrato che il farmaco funziona rispetto al placebo ma solo nei pazienti non ancora in terapia intensiva.

I successi a Mantova e Pavia

Plasma iperimmune
Dott. Massimo Franchini, Direttore dell’Immunoematologia e Medicina Trasfusionale di ASST di Mantova

La Regione Lombardia ha avviato il programma regionale di raccolta del plasma iperimmune anti-SARS-CoV-2 con il prioritario obiettivo di raccoglierlo in tempi rapidi. Si avvale del prezioso lavoro di molte ASL, di Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e dell’aiuto di associazioni di donatori volontari del sangue. 

In particolare, a Mantova e Pavia si è potuto confermare la validità degli studi argentini con una diminuzione consistente di terapie intensive e di decessi, grazie alle trasfusioni di plasma iperimmune. L’Ospedale Carlo Poma di Mantova ha dimostrato che il plasma con elevate concentrazioni di anticorpi neutralizzanti ha diminuito i decessi del 65% e elimina il Covid-19 nel 90% dei casi in sole 72 ore.

L’infermiere doppiamente eroe

Proprio a Pavia, al Policlinico San Matteo, lavora un infermiere guarito dal Covid doppiamente eroe. Antonio Monteleone, di 36 anni, oltre ad essere uno degli angeli in trincea e ad aver combattuto il virus dopo esserselo preso, ha deciso di donare il proprio plasma per salvare più vite umane possibili.

Sono già 6 le volte che Antonio ha donato il suo plasma iperimmune, dopo attente valutazioni del dosaggio anticorpale presente nel suo sangue. I miglioramenti nei pazienti trasfusi si sono visti già dopo 4-8 ore e l’infermiere pavese può dire orgogliosamente:

Credo nella plasmaterapia perché dà benefici evidenti.

Leggi anche 20 febbraio 2021, Prima “Giornata nazionale dei Camici Bianchi” in trincea contro il Covid

Una raccolta zoppa

L’iniziativa della Regione Lombardia fa eco alla raccolta del Centro Nazionale dell’Istituto Superiore di Sanità. Purtroppo però sono ancora troppo poche le regioni che partecipano a questa campagna salva-vita. C’è inoltre carenza di coordinazione e dialogo interregionali, e di un organico scambio dei dati certi.

Benché la raccolta del plasma iperimmune sia quanto mai urgente, ancora c’è difficoltà per i volontari di trovare dove poter donare. Le associazioni di volontariato per la raccolta del sangue dovrebbero sensibilizzare i pazienti guariti spiegando loro perché donare, dove e in che termini. Il plasma raccolto poi dovrebbe essere trasfuso ai pazienti ospedalizzati entro il quarto giorno dalla diagnosi di polmonite interstiziale, così come ha precisato il Dott. Massimo Franchini, Direttore dell’Immunoematologia e Medicina Trasfusionale di ASST di Mantova.

L’atto di diffida dell’avvocato Erich Grimaldi

Erich Grimaldi, l’avvocato del foro di Napoli fondatore della rete su Facebook Terapia Domiciliare Covid-19, ha lanciato un appello per velocizzare la raccolta del plasma iperimmune e aiutare ancora una volta la lotta dei medici e della ricerca contro il virus.

Non solo, insieme al comitato che fa capo alla rete, ha inviato un atto di diffida a livello nazionale, tra gli altri al Centro Nazionale Sangue, a tutte le regioni e provincie autonome, per conoscenza anche al Ministro della Sanità e all’Aifa, affinché si proceda immediatamente alla raccolta e all’uso del plasma. Ha dichiarato:

Abbiamo ricevuto diverse segnalazioni sia di pazienti guariti che non riuscivano a donare il plasma nella propria regione in assenza di adeguati centri di raccolta e/o di informazioni, sia di familiari che non riuscivano a reperire sacche presso i centri trasfusionali della propria regione, ovvero di ospedali Covid che, benché sollecitati, non adottavano tempestivamente la suddetta terapia.

L’urgenza di mettere in pratica la terapia con il plasma in tutto il territorio nazionale è evidente, a maggior ragione con la presenza in Italia delle varianti che si stanno diffondendo a macchia d’olio e che oltretutto sembrerebbero non essere coperte dai vaccini.

Leggi anche Terapia domiciliare Covid-19, migliaia di medici salvano vite su Facebook

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