Navalny avvelenato dai servizi segreti russi: la confessione di un agente dell’FSB

Navalny, sotto falso nome, ottiene la confessione di un agente dell'FSB che ha partecipato all'operazione volta al suo stesso avvelenamento.

Asia Solfanelli
Asia Solfanelli
Intraprendente e instancabile penna, poliglotta, appassionata lettrice e avida viaggiatrice. Sviscerata amante del cinema. E ultimo, ma non per importanza, eterna studiosa, perché non si finisce mai d’imparare.
spot_img

Alexei Navalny è stato avvelenato dai servizi segreti russi. Il 14 dicembre, alcune testate internazionali di giornalismo investigativo, tra cui Bellingcat, la CNN, il sito russo The Insider e la rivista tedesca Der Spiegel, con la collaborazione del País, pubblicano una dettagliata inchiesta che svela ‘curiose’ coincidenze che sembrano provare il coinvolgimento dell’FSB, l’agenzia di sicurezza interna dello stato russo, nel tentato omicidio di Alexei Navalny, il leader dell’opposizione russa.

Prove eloquenti, ma non ancora sufficienti a dichiarare definitiva la colpevolezza. La testimonianza inoppugnabile arriva però al telefono da Konstantin Kudryavtsev, agente esperto di armi chimiche, che, convinto di parlare con Maxim Ustinov, la falsa identità con cui si presenta Navalny, confessa le dinamiche dell’intera operazione, nonché i soggetti coinvolti.

Il tentato omicidio di Alexei Navalny

navanly
Il tentato omicidio di Alexei Navanly, avvelenato da degli agenti della FSB.

Decollato dalla città di Tomsk, in Siberia, e diretto a Mosca, lo scorso 20 agosto, Navalny collassa in volo. L’aereo viene così fatto atterrare in anticipo a Omsk dove Navalny viene prontamente soccorso e ricoverato in terapia intensiva.

I segni di avvelenamento emergono solo dopo che il leader politico, famoso oppositore già più volte imprigionato, nonché giornalista investigativo che ha già svelato diversi casi di corruzione, viene trasferito, con il consenso delle autorità russe, all’ospedale Charité di Berlino.

È solo in Germania che viene individuato l’agente nervino Novichok, un composto chimico altamente tossico che riduce Navalny in coma. Solo dopo un certo periodo, mentre anche altri laboratori indipendenti e l’OPCW, l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, confermano l’avvelenamento, Navalny si rimette.

Leggi anche: Chi è Edward Snowden, la talpa del Datagate

L’inchiesta sull’avvelenamento di Alexei Navalny

L’avvelenamento di Alexei Navalny desta immediatamente sospetti. Navalny ha già dimostrato in svariate occasioni di non godere della simpatia del Governo e, quando viene scoperto l’agente chimico, diverse testate di giornalismo investigativo intraprendono un’inchiesta, resa agevole dalle blande norme in materia di privacy vigenti in Russia.

Le indagini di Bellingcat e degli altri ben presto rivelano circostanze alquanto sospette. Da controlli incrociati sugli spostamenti dello stesso Navalny e di alcuni agenti dei servizi segreti, risulta infatti che il leader dell’opposizione sia stato seguito dal 2017 proprio da un team di agenti dell’FSB che fa parte di un gruppo clandestino specializzato nell’uso di tossine e sostanze.

Lo stesso presidente russo Vladimir Putin, durante la sua conferenza stampa annuale, il 17 dicembre, ammette che Navalny sia stato seguito, ma aggiunge: “se l’FSB avesse voluto, avrebbe finito il lavoro”.

Verso la confessione sull’avvelenamento di Alexei Navalny

Il 14 dicembre, poche ore prima della pubblicazione dell’inchiesta che rivela pedinamenti e nomi dei pedinatori, come è consueto per concedere diritto di replica, Bellingcat si appresta a contattare i soggetti coinvolti. Prima però Navalny chiede il permesso di contattare direttamente gli agenti e alle 4:30 del mattino, le 6:30 di Mosca, inizia il giro di telefonate.

Attraverso il caller ID spoofing, un sistema che modifica il numero visualizzato dal ricevente, Navanly fa arrivare le chiamate da una linea fissa di un ufficio dell’FSB di Mosca con cui gli agenti comunicano regolarmente.

Le prima telefonate a cui il leader di opposizione si presenta con autentici nome e cognome vengono subito riagganciate. Viene così l’idea di intervenire con una falsa identità, Maxim Ustinov, un assistente del capo del Consiglio di sicurezza russo, Nikolai Patrushev. È solo a questo punto che un agente, Konstantin Kudryavtsev, abbocca all’amo e in 49 minuti di telefonata confessa su tutta l’operazione.

La confessione e le prove dell’avvelenamento

navalny
Konstantin Kudryavtsev si lascia sfuggire la verità sull’operazione volta a uccidere Alexei Navalny.

Konstantin Kudryavtsev è un esperto di armi chimiche che, prima di unirsi all’FSB, lavora per il ministero della Difesa russo. Con la scusa di dover redigere un rapporto sull’operazione dello scorso agosto, Maxim Ustinov, alias Navalny, riesce a provare la verità.

Kudryavtsev non è presente il giorno dell’attentato, ma viene mandato con un collega due volte a Omsk, dove Navalny è ricoverato, a recuperare e far sparire gli effetti personali della vittima, soprattutto i vestiti. L’agente nervino è stato infatti nascosto per la maggior parte proprio nei boxer, nella parte a contatto con i genitali, dove le tossine, assorbite rapidamente dalla pelle, non vengono rinvenute sul corpo.

Come confermano gli esperti a Bellingcat e alla CNN, il metodo raccontato è assolutamente plausibile con le usuali applicazioni delle tossine e il fatto che nessuno sappia dove sono finiti gli indumenti, consegnati all’FSB dalla polizia locale di Omsk, e che nessuno sia riuscito a rintracciarli sembra una schiacciante dimostrazione del misfatto, nonché, ovviamente, della volontà e necessità di tenerlo celato.

Leggi anche: Convivere con la paura e sotto scorta, intervista a Paolo Borrometi

Uccidere Navalny: operazione fallita

Come è intuibile, e come dimostrano le parole dello stesso Kudryavtsev, lo scopo dell’operazione era uccidere Alexei Navalny. Una missione fallita per via dell’areo dirottato e dell’atterraggio anticipato che avrebbe fatto giungere troppo presto i soccorsi, che subito sono intervenuti con “un qualche tipo di antidoto”, come ammette lo stesso confessore.

L’atropina, prontamente somministrata, che, tra le altre cose, serve come antidoto all’agente nervino, ha fatto sì che il leader d’opposizione russa riuscisse a sopravvivere.

L’esito dell’inchiesta

Già le prime ricerche avevano già permesso di scoprire l’identità di molti di quelli che si presumevano essere gli agenti coinvolti.

Le parole di Kudryavtsev però non lasciano spazio a esitazioni sull’implicazione di Alexey Alexandrov, già sospettato dalla prima inchiesta, e Ivan Osipov. Mentre il coordinamento dell’operazione sarebbe da attribuire al più volte citato durante la telefonata, il colonnello Stanislav Makshakov, il cui nome appariva già tra gli indagati.

Ora, la questione si fa ‘etica’: i metodi utilizzati da Navalny, Bellingcat e gli altri non sono del tutto legittimi. Tuttavia, i giornali decidono di pubblicare la notizia. Le circostanze sono ‘straordinarie’ e l’interesse pubblico a conoscere la verità dei fatti superiore a qualsiasi confutazione o tentativo di impugnazione.

Il Governo russo non ha ancora risposto alle accuse mosse dalle varie testate, ma, almeno per ora, ha continuato a negare una qualsiasi implicazione nel tentato omicidio.

Video di tutta la confessione sull’avvelenamento di Navalny. Possibilità di attivare sottotitoli in inglese.
spot_img

Correlati

Mostrate due mummie aliene al Parlamento del Messico. Ma cosa c’è di vero?

Mummie aliene in Messico? Una rivelazione sorprendente che avrebbe dovuto sconvolgere il mondo. La...

Russia, gruppo Wagner scatena la guerra civile: “Mosca si prepara all’assedio”

La guerra tra Russia e Ucraina potrebbe essere vicina ad una svolta. Ieri il...

Trovati vivi 4 bambini nella giungla dopo 40 giorni: come hanno fatto a sopravvivere?

Quattro bambini dell'etnia huitoto, o meglio quattro fratelli, sono stati incredibilmente messi in salvo...
Asia Solfanelli
Asia Solfanelli
Intraprendente e instancabile penna, poliglotta, appassionata lettrice e avida viaggiatrice. Sviscerata amante del cinema. E ultimo, ma non per importanza, eterna studiosa, perché non si finisce mai d’imparare.
spot_img