Michele, suicida per bullismo, e quella lettera mai consegnata che avrebbe potuto salvarlo

Michele Ruffino è morto gettandosi nel vuoto da un ponte, a soli 17 anni. Prima di morire aveva scritto una lettera, purtroppo consegnata nelle mani degli stessi bulli che lo hanno vessato per anni e che non hanno fatto nulla per salvarlo.

Elza Coculo
Elza Coculo
Elza Coculo, 30 anni, di adozione romana. Lettrice appassionata con formazione in Studi italiani. Laureata in Editoria e Scrittura. Redattrice per Il Digitale. Amo scrivere di attualità e cultura eco-sostenibile.
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Michele Ruffino, 17 anni, è morto suicida per bullismo. Si è tolto la vita lanciandosi dal ponte di Alpignano, nei pressi di Torino. Trascorsi ormai quasi tre anni da quel triste giorno, la famiglia di Michele continua a chiedere che venga fatta chiarezza sulle responsabilità dei suoi compagni.

“Non è stato un semplice suicidio” ripete la mamma. Secondo la famiglia di Michele, i suoi compagni di scuola sapevano cosa stava succedendo e non hanno fatto nulla. Si sente uno di loro dire in un audio:

Molto probabilmente faranno delle indagini e quindi quella lettera di cui sappiamo, è come se non esistesse.

Sarebbe omissione di soccorso perché noi potevamo saperlo e quindi potevamo fermarlo.

Fatevi i ca**i vostri.

La storia di Michele Ruffino, morto suicida per bullismo

Michele veniva bullizzato dai compagni perché diversamente abile. Soffriva di ipotonia degli arti inferiori e superiori. Non una fatalità, ma la conseguenza della somministrazione di un vaccino scaduto.

A tre anni Michele non riusciva a stare dritto, faticava a mettere un piede dietro l’altro. Nel tempo, però, grazie ai continui sforzi e alla sua tenacia, migliora. Non camminerà mai perfettamente, ma riusciva a stare su da solo.

Michele cresce come un bambino sereno. Le difficoltà non mancano, ma non perde mai il sorriso. È curioso, intelligente, sensibile. Da adolescente apre anche un suo canale YouTube. A un certo punto però qualcosa dentro di lui si spezza, Michele cambia.

Leggi anche: Educazione digitale, le scuole contro il cyberbullismo

Michele Ruffino, vittima di bullismo a scuola

michele ruffino
Michele Ruffino, morto suicida per bullismo a 17 anni.

Crescendo Michele Ruffino perde il suo sorriso. È sempre più triste, ma non vuole darlo a vedere in casa. ‘No mamma, non ho niente. Sono solo stanco’ risponde quando la mamma lo scopre con gli occhi lucidi. Il ragazzo non vuol far preoccupare la sua famiglia, ma la frattura dentro di lui diventa sempre più grande.

I compagni a scuola lo bullizzano. Lo chiamano handicappato, lo deridono. In presenza o alle spalle, è un continuo di scherni e risate. Gli sputano addosso. Michele ne soffre, vorrebbe integrarsi, ma più ci prova più viene allontanato.

Anche la sua passione per la pasticceria, che dapprima era motivo di distrazione per Michele, per i suoi compagni di scuola diventa oggetto di scherno. “Sei gay”, “non puoi dare niente alla società”, “devi solo morire” gli ripetevano continuamente.

Anche il giorno del suo funerale Michele viene ingiuriato. “Ma questo in foto non è Michele – si sente dire a voce alta durante la cerimonia – lui era storpio. È meglio in foto che da vivo” dice senza alcuna remora uno dei compagni di classe.

La lettera d’addio di Michele Ruffino: “È arrivato il momento di salutarti”

Prima di gettarsi nel vuoto e porre fine alla sua vita, Michele scrive una lettera d’addio indirizzata a un compagno di classe, “l’unico dei pochi amici” da cui Michele si sentiva capito.

Michele consegna la lettera a una compagna che, purtroppo, non la recapiterà mai al suo destinatario. La lettera finisce invece nelle mani dei bulli che la vita di Michele l’hanno spezzata. Si legge nella lettera:

Tu sei l’unico dei pochi amici che avevo che mi aveva capito e sei l’unico che riesce a calmarmi e a riflettere sul senso della vita e anche come andare avanti sempre e in qualunque caso.

Io ti ringrazio di tutto, ti voglio un bene dell’anima, ma è arrivato il momento di dirti addio. Spero che non mi dimenticherai facilmente anche perché quando ti arriverà questa lettera, io non ci sarò più.

Leggi anche: Giornata mondiale per la prevenzione del suicidio: salvare una vita è possibile

L’audio che incastra i bulli

La vicenda di Michele è una di quelle storie tragiche, che lasciano l’amaro in bocca. Un vecchio detto dice che la storia non si scrive con il senno di poi, ma a posteriori tutto sembra essere sempre più chiaro.

La trasmissione televisiva Chi l’ha visto nel tempo più volte si è occupata del caso di Michele Ruffino. In un audio diffuso dalla stessa trasmissione si sente uno dei compagni di scuola di Michele dire queste parole:

Molto probabilmente faranno delle indagini e quindi quella lettera di cui sappiamo, è come se non esistesse, non deve esistere.

Se scoprono, cioè se scoprono, che avevamo quella lettera ci possiamo andare nei ca**i, perché sarebbe omissione di soccorso, perché noi potevamo saperlo e quindi potevamo fermarlo. Fatevi i ca**i vostri.

Ve l’ho spiegato in maniera tranquilla, adesso ve lo dico: fatevi i ca**i vostri.

Il ragazzo è decisamente consapevole di quanto accaduto. “Noi potevamo saperlo e quindi potevamo fermarlo” dice. Ma non lo hanno fatto, no, quindi ora meglio tacere.

Miky Boys, l’associazione impegnata nella sensibilizzazione dei giovani nella lotta al bullismo

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Michele Ruffino e sua mamma, fondatrice dell’associazione Miky Boys.

Vorremmo che questi ragazzi che si sono macchiati di bullismo venissero rieducati, magari con i servizi sociali, con l’assistenza agli anziani, e restituiti alla società” ha confessato la mamma di Michele.

Il carcere non è una soluzione per quei ragazzi, ci tiene a precisare la famiglia. Nessuno lo vuole, tanto meno loro, ormai votati alla sensibilizzazione dei giovani nella lotta al bullismo.

È così infatti che la famiglia di Michele ha trovato un po’ di conforto. Sensibilizzare altri attraverso il lavoro dell’associazione Miky Boys da loro fondata, nella speranza che ciò che è accaduto al loro ragazzo non si ripeta per altri. Conclude la mamma:

Chi conosceva mio figlio sapeva che era umile, gentile, aveva tanta voglia di vivere nonostante avesse passato tutta la vita a combattere con la malattia.

Finché avrò vita non mi fermerò.

Leggi anche: La tolleranza si impara a scuola, a Roma “Parole contro l’Odio” per combattere il cyberbullismo

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Elza Coculo, 30 anni, di adozione romana. Lettrice appassionata con formazione in Studi italiani. Laureata in Editoria e Scrittura. Redattrice per Il Digitale. Amo scrivere di attualità e cultura eco-sostenibile.
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