Perché i medici della terapia domiciliare precoce restano inascoltati

Accusati di essere ciarlatani e no-vax: sfatiamo la bufala della bufala sui medici della terapia domiciliare precoce che le istituzioni non vogliono ascoltare.

Cecilia Capanna
Cecilia Capanna
Appassionata di temi globali, di ambiente e di diritti umani, madre di tre figli del cui futuro sente un grande senso di responsabilità
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In Italia c’è un gruppo di mezzo milione di persone, medici della terapia domiciliare precoce e operatori sanitari, tutti volontari, insieme ai pazienti da loro guariti, che stanno chiedendo alle istituzioni di essere ascoltati in merito alla cura del Covid-19 a casa e tempestiva.

Si sono riuniti in migliaia a Roma in piazza del Popolo, a Milano in piazza del Duomo, si riuniranno a Napoli e ieri si sono dati appuntamento sotto la sede della RAI a Roma, per far sentire le loro voci ad oggi inascoltate e non riportate dal servizio pubblico nazionale di informazione. Perché le loro richieste sono state inizialmente ascoltate e ora invece restano disattese? È una domanda che si pone per primo il Comitato Terapia Domiciliare Covid-19. Ma andiamo per gradi, per capire insieme.

Chi sono i medici della terapia domiciliare precoce

Si tratta di professionisti, scienziati iscritti all’Albo dei Medici, che dall’inizio della pandemia si sono messi in rete utilizzando i social come piattaforma digitale per scambiarsi preziose informazioni sulle loro esperienze nella cura a domicilio del Covid-19, intervenendo con terapie tempestive entro al massimo tre giorni dalla manifestazione dei primi sintomi.

Con l’arrivo della seconda ondata, hanno poi incluso nel gruppo facebook che stavano utilizzando anche i pazienti positivi sintomatici, per assegnare loro un medico volontario di riferimento che li curi in telemedicina. Ad oggi sono migliaia i pazienti che sono stati seguiti passo passo dal medico che li ha presi in carico, che li ha chiamati al telefono almeno due volte al giorno per registrare i parametri (temperatura e saturazione) e per prescrivere una terapia personalizzata che tenga conto dell’età, delle eventuali patologie coesistenti, dell’evoluzione del Covid nel loro specifico caso. Tutto questo con un unico obiettivo: la salute dei cittadini.

Cosa chiedono i medici della terapia domiciliare precoce

medici della terapia domiciliare precoce
Erich Grimaldi, Presidente del Comitato Terapia Domiciliare Covid-19, e medici della rete alla conferenza nazionale di Roma

Sulla base delle evidenze raccolte sul campo e dopo aver confrontato le esperienze tra di loro e anche con scienziati internazionali, questo consistente gruppo di medici ritiene che le linee guida indicate da AIFA e Ministero della Salute in merito alla cure a casa del Covid-19 vadano riformulate, integrate. Di fatto, il protocollo di cura istituzionale prevede la somministrazione di paracetamolo (Tachipirina) in caso di febbre e dolori muscolari, nell’attesa che passino le prime 72 ore dalla comparsa dei sintomi, al termine delle quali sarebbe chiara l’evoluzione della malattia: o si guarisce a casa, o si finisce in ospedale.

I medici della terapia domiciliare precoce invece sostengono che, sebbene quell’attesa di 72 ore sia “vigile” e preveda dunque di misurare regolarmente i parametri temperatura e saturazione, si debba intervenire subito e tempestivamente per bloccare la degenerazione della malattia con la somministrazione di diversi medicinali, alcuni già nelle linee guida della cura in ospedale ma sconsigliati a domicilio dal Ministero della Salute, altri più o meno controversi nel dibattito scientifico internazionale. Le 72 ore in questione sarebbero quindi preziose per evitare a molte persone il ricovero.

Di fatto, quel che si recrimina è che il protocollo di cura domiciliare non sia aggiornato. Integrarlo aiuterebbe a contenere le ospedalizzazioni e sollevare il carico che grava sul sistema sanitario nazionale. Altra cosa non meno importante che viene richiesta è il rinforzo della sanità territoriale per permettere interventi capillari e soprattutto per rincuorare le persone malate, disorientate, terrorizzate. Il successo della telemedicina utilizzata dai medici della terapia domiciliare precoce ha dimostrato che c’è bisogno di un rapporto più stretto, più umano e di maggiore comunicazione tra medico e paziente.

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Terapia domiciliare precoce e telemedicina sono previste in molti paesi

I medici della terapia domiciliare precoce non fanno nulla di diverso da quel che prevedono i ministeri della salute di molti paesi, dove i protocolli per le cure domiciliari e ospedaliere contro il Covid-19 vengono costantemente aggiornati grazie a trial istituzionali su campioni di pazienti curati con diversi medicinali anche in telemedicina. In USA, Australia, UK, Nuova Zelanda, per esempio, si valutano costantemente medicinali che possano funzionare contro il Covid, con risultati in parte condivisi, in parte controversi di paese in paese, soprattutto nel caso dell’utilizzo di alcuni farmaci come la famigerata idrossiclorochina, osannata all’inizio della pandemia come panacea, in seguito additata come la pozione dei ciarlatani.

Al netto di tanti studi e di tanti sforzi di scienziati impegnati anche sul fronte della ricerca di farmaci nuovi, il punto è che i medici della terapia domiciliare precoce italiani hanno seguito lo stesso percorso: hanno sperimentato sul campo (metodo scientifico deduttivo) in quali casi e quando alcuni medicinali sconsigliati nel protocollo vigente di cura a casa, ma ammessi nelle cure ospedaliere, si possano somministrare tempestivamente e funzionino. Qualcosa che dovrebbe essere istituzionale, non frutto del volontariato di medici che sotto giuramento di Ippocrate curano in scienza e coscienza e nonostante questo vengono ignorati quando non accusati di diffondere fake news.

In cosa vengono attaccati i medici che curano il Covid a casa

medici della terapia domiciliare precoce

La principale critica che viene mossa ai medici della terapia domiciliare precoce è quella di utilizzare medicinali non efficaci contro il Covid-19. Medicinali che però in larga parte sono consigliati nella cura in ospedale e dimostrano di funzionare. Il protocollo della rete oltretutto è in continuo aggiornamento ma chi lo critica, senza conoscerlo, lo riduce all’uso esclusivo dei farmaci controversi come l’idrossiclorochina.

Il vulnus della rete di medici è la raccolta sistematica dei dati che effettivamente avrebbero costituito prove inconfutabili dei risultati ottenuti. A chi li critica per questo i medici della terapia domiciliare precoce hanno risposto che nell’ultimo anno sono stati impegnati nella cura delle migliaia di pazienti che si sono rivolti a loro e che solo da poco hanno cominciato a mettere insieme ed elaborare informazioni utili a fare statistiche e a dimostrare l’efficacia delle terapie.

Parallelamente, altre realtà scientifiche italiane hanno fatto e stanno facendo lo stesso percorso e stanno raccogliendo dati per la cura domiciliare, come alcuni medici dell’Università degli Studi di Napoli Federico II o il recente Studio dell’Algoritmo per le cure domiciliari sempre condotto da scienziati italiani. All’estero studi simili vengono fatti da ricercatori di prestigiose università come Harvard, Oxford, Lancaster.

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Accusati di essere no-vax: la bufala della bufala

La più grande fake news sui medici della terapia domiciliare precoce, accusati di rappresentare una bufala, è quella che si tratti di un gruppo di cospirazionisti no-vax, una specie di setta che crede in complotti con lo zampino di Big Pharma per lucrare sui vaccini ritenuti più redditizi dei medicinali. Alla stregua dei negazionisti inoltre, i medici utilizzerebbero i social per diffondere queste loro teorie.

È evidente che chi li descrive in questi termini non li conosce, non ha parlato mai con loro di persona. L’utilizzo di Facebook della rete però è visibile a tutti: si tratta di un gruppo di quasi mezzo milione di membri in cui i malati sintomatici di Covid chiedono aiuto e viene assegnato loro un medico che li prende in carico curandoli in telemedicina. Un servizio pubblico ad opera di volontari che cavalcano la digitalizzazione e i social usandoli come strumento per il cittadino.

Ma soprattutto, i medici della terapia domiciliare precoce né nel gruppo facebook, tantomeno sul sito web del Comitato a cui fanno capo hanno mai parlato di vaccini. Da dove vengono allora queste accuse? Tra una moltitudine di migliaia di persone, la statistica vuole che ci siano anche medici scettici nei confronti del vaccino o addirittura contrari, un libero pensiero di singoli assolutamente non condiviso da tutti come linea comune e ufficiale di pensiero.

La critica di essere no-vax viene invece dalla considerazione esclusiva di esternazioni di alcuni medici, le cui parole a titolo individuale in interviste giornalistiche, e mai sul palco delle manifestazioni, sono state considerate la lex di tutto il gruppo. Questo è stato fatto anche con idee strettamente personali su altri temi controversi. Insomma, è stata fatta di tutta l’erba un fascio e non è detto che questo faccia bene alla campagna vaccinale, importantissima per sconfiggere la pandemia.

L’Italia dei due poli

Purtroppo viviamo in un paese dove tutto viene politicizzato e polarizzato, genericamente catalogato nella squadra dei pro o in quella dei contro, quella dei buoni e quella dei cattivi. Così si perde di vista l’obiettivo: il bene comune.

La vita, la realtà, il mondo, sono così variegati, così complicati, che si è tentati di rifugiarsi tout court sotto un vessillo, una bandiera, un luogo sicuro e comodo, quando il luogo più sicuro per l’essere umano è la propria ragione, il saper discernere tra i mille aspetti delle cose, senza banali generalizzazioni. Detto ciò, la domanda resta ancora senza risposta: perché mezzo milione di persone tra cui tanti nostri professionisti della scienza medica non vengono ascoltati dalle istituzioni?

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