Bilancio coronavirus: in Italia persi 500 mila posti di lavoro in tre mesi

L’impatto del Covid sul mercato del lavoro è stato immediato sia a livello nazionale che internazionale. Il rapporto Ocse: “La sospensione forzata di gran parte dell’attività economica e le misure di lockdown hanno determinato una crisi economica senza precedenti”.

Elza Coculo
Elza Coculo
Elza Coculo, 30 anni, di adozione romana. Lettrice appassionata con formazione in Studi italiani. Laureata in Editoria e Scrittura. Redattrice per Il Digitale. Amo scrivere di attualità e cultura eco-sostenibile.
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I dati forniti dalle Ocse, Direttorato per l’Occupazione e gli Affari Sociali, sull’impatto dell’emergenza sanitaria nel mercato del lavoro, non sono affatto incoraggianti. Solo in Italia, dall’inizio della pandemia ad oggi, sono stati persi 500 mila posti. E in pochi mesi, nei 37 Paesi Ocse il tasso di disoccupazione è passato dal 5,3% di gennaio all’8,4% di maggio. Un dato così negativo non si registrava dalla crisi del 2008, da quando cioè il tasso di disoccupazione, dopo il suo picco nel 2010, ha iniziato una relativamente lenta diminuzione. Nel webinar promosso dal Dipartimento di Economia e Finanza dell’Università Cattolica e dal Centro di ricerca sul lavoro Carlo Dell’Aringa, l’economista Andrea Garnero ha illustrato uno degli studi più importanti al mondo sui temi del lavoro nei paesi più sviluppati. Ha commentato l’esperto:

In pochi mesi sono stati spazzati via i progressi fatti in dieci anni.

Il mercato italiano del lavoro verso l’inattività

I risultati dell’Employment Outlook 2020: Facing the jobs crisis sono stati discussi nell’incontro organizzato all’Università Cattolica alla presenza dell’economista Ocse Andrea Garnero. Proprio lui, contestualizzando i dati ha spiegato:

Nel nostro Paese l’abbassamento del numero dei disoccupati riflette un travaso verso l’inattività. Quello che vediamo per il caso italiano se guardiamo al totale degli occupati è che è sceso di 500mila nei tre mesi di marzo, aprile, maggio. È un numero molto importante se pensiamo che la cassa integrazione era stata estesa a tutti ed era stato introdotto un divieto di licenziamento, ancora in vigore. E nonostante due misure così radicali e così estreme, mai prese prima, il numero di occupati è sceso.

Come se non bastasse, aggiunge l’economista, la perdita di occupazione non è stata compensata in alcun modo dal numero delle assunzioni. Consultando le variazioni degli annunci giornalieri pubblicati online dalle imprese tra febbraio e giugno 2020, in Italia è evidente un crollo del 30%. In altri paesi si arriva addirittura al 50-60%.

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La pandemia non è una “grande livella”

La sospensione forzata di gran parte dell’attività economica, associata alle misure di lockdown adottate in molti paesi hanno determinato una crisi del mercato del lavoro senza precedenti. Tutti i paesi ne sono stati colpiti, ma la media nasconde notevoli differenze. Secondo Garnero, infatti, la pandemia non è stata una “grande livella”, ma anzi rischia di “ampliare ulteriormente le disuguaglianze”. Infatti, a subire maggiormente gli effetti della Covid-19 sono i lavoratori a più basso salario e quelli che non possono svolgere il lavoro da casa, quelli autonomi e a tempo parziale, le donne e i giovani. Solo la disoccupazione giovanile è passata dall’11,2% di febbraio al 17,6% di maggio.

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“La ripresa ci sarà, ma i costi saranno anche negli anni a venire”

Secondo l’economista, ci sono due le grandi lezioni da cogliere da questi dati. Il primo, tenere sotto controllo la pandemia è la condizione necessaria per non cadere in nuove misure restrittive che peserebbero ulteriormente su un’economia già compromessa. Il secondo, è che la ripresa ci sarà, ma i costi da affrontare dureranno non solo nei prossimi trimestri. Saranno anche negli anni a venire.

Lo scenario peggiore che si potrebbe prospettare per il Paese, che ora può contare sui fondi del Recovery Fund, sarebbe quello di distribuire le risorse a pioggia, mantenendo in vita imprese già morte. Secondo Andrea Garnero l’Italia ora deve necessariamente passare a una fase di ricostruzione che abbia pilastri ben saldi. Nello specifico, dice l’economista, non si può pensare a una ripresa del mercato lavoro che non contempli politiche attive e passive, un adattamento della cassa integrazione, una maggiore attenzione ai giovani e la creazione di nuovi posti d’impiego.

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Elza Coculo, 30 anni, di adozione romana. Lettrice appassionata con formazione in Studi italiani. Laureata in Editoria e Scrittura. Redattrice per Il Digitale. Amo scrivere di attualità e cultura eco-sostenibile.
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