“L’arte non è passiva”: lo street artist Andrea Villa racconta l’effetto pandemia sull’inquinamento

Il più noto street artist della scena torinese crea manifesti che assorbono l'inquinamento per riflettere su quello prodotto dalle mascherine e dai dispositivi anti-Covid.

Asia Solfanelli
Asia Solfanelli
Intraprendente e instancabile penna, poliglotta, appassionata lettrice e avida viaggiatrice. Sviscerata amante del cinema. E ultimo, ma non per importanza, eterna studiosa, perché non si finisce mai d’imparare.
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Inquinamento da mascherine: l’inevitabile conseguenza dell’uso ormai quotidiano e costante di dispositivi di protezione anti-Covid.

Che si esca a far la spesa, a far due passi, a correre, a portare a spasso il cane o persino a ritirare la posta, che si voglia o si abbia necessità insomma di ‘mettere il naso fuori casa’, da ormai più di un anno, si deve indossare la mascherina.

Ma dove finiscono tutti questi dispositivi di protezione usa e getta di cui siamo costretti a fruire?

Lo street artist Andrea Villa con #maskpollution evidenzia ancora una volta il problema del loro smaltimento. Perché “l’arte ha il dovere di agire”.

#maskpollution per “porre l’ accento su un problema bistrattato e poco preso in considerazione

#maskpollution, per riflettere sull'inquinamento da mascherine.

Siamo costretti a indossare le mascherine ininterrottamente, cambiarle frequentemente e, di conseguenza, in qualche modo smaltirle. Ma mentre frequenti alterchi hanno dibattuto sulla loro utilità, reperibilità, prezzo e modo d’uso, ancora troppo poco, almeno secondo alcuni, si è sentito parlare della loro eliminazione, un problema assai maggiore di quanto superficialmente si potrebbe pensare.

Soltanto considerando l’Italia, l’ISPRA, ossia l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ha stimato che nel 2020 sono state prodotte almeno dalle 160mila alle 440mila tonnellate di guanti e mascherine. Cifre che per quest’anno fanno supporre circa 30 milioni di tonnellate di rifiuti urbani.

Se poi si tiene conto che, trattandosi di pandemia, ad affrontare la questione è l’intero pianeta, diviene subito evidente la dimensione del problema.

Andrea Villa, uno degli street artist più noti e prominenti della scena torinese, racconta il suo progetto sull’inquinamento da mascherine, #maskpollution:

Con il mio nuovo lavoro #maskpollution ho voluto porre l’ accento su un problema bistrattato e poco preso in considerazione.

In questo periodo storico l’arte non può rimanere passiva ma deve agire, e non essere solo più un orpello avulso dal contesto reale.

Grazie al supporto e alla collaborazione dell’organizzazione AcquaFoundation di Milano, Andrea Villa ha realizzato il progetto #maskpollution: una serie di manifesti creati con un particolare tessuto prodotto in Italia e capace di assorbire l’inquinamento: il cosiddetto “the breath”.

E quella tartaruga, raffigurata nell’istallazione e che non avrebbe certo bisogno di indossare alcuna protezione, enfatizza proprio, tra gli altri, l’effetto-pandemia sulle acque dei nostri oceani: come sostenuto dall’associazione francese Opération Mer Propre, nei mari ci sarebbero già “più mascherine che meduse”.

Leggi anche: Inquinamento digitale: quanto costa per l’ambiente la nostra vita tra Dad e smart working

Che fine fanno le mascherine utilizzate?

Inquinamento da mascherine: che fine fanno le mascherine utilizzate?

Il materiale di cui son costituite nonché il rilevante rischio che possano essere infette, rende necessario gettare le mascherine nella raccolta indifferenziata.

E considerato che anche fazzoletti, tovaglioli e carta in rotoli sono un incognita quando si tratta di contagio e pertanto, anche se potrebbero essere riciclati, finiscono nella spazzatura generica, va sé che i rifiuti che defluiscono in inceneritori, termovalorizzatori oppure nelle discariche sono aumentati a dismisura nell’ultimo anno.

Tenuto poi presente che nel caso di persone infette, praticamente quasi qualsiasi cosa viene toccata dovrebbe essere cestinata indifferenziatamente, diventa subito chiaro quanto la situazione sia ad oggi allarmate: solo nel nostro stivale, suddetti rifiuti vanno infatti ad unirsi alle circa 5 milioni di tonnellate raccolte e decongestionate negli inceneritori nonché alle circa 6 milioni che defluiscono nelle discariche.

Se si trascura la minaccia ecologica dell’inquinamento da mascherine, interviene l’arte

Alla trascuratezza della minaccia ecologica dell'inquinamento da mascherine risponde l'arte con #maskpollution.

La minaccia ecologica che deriva dall’inquinamento da mascherine, malgrado la sua gravità e almeno secondo l’artista, non è stata ancora sufficientemente esaminata, vagliata e trattata.

Andrea Villa però, rimarcando che “se solo l’1% delle mascherine utilizzate in un mese venisse smaltito in maniera non corretta, si avrebbero 10 milioni di mascherine disperse nell’ambiente”è sensibile alla questione e ne rivendica l’importanza e l’urgenza:

Come artista voglio parlare di temi fondamentali in questo mondo che sta radicalmente cambiando.

A furia di chiamarsi fuori dalle questioni che interessano la collettività, ci si autocondanna alla pochezza politica, civica e ahimè anche culturale.

Auguriamoci che, qui come altrove, alla ripartenza post-pandemica suoni una utilissima sveglia.

#maskpollution mira proprio a questo, a risvegliare la massa, sensibilizzarla e renderla consapevole che, oltre alla pandemia, l’inquinamento così come il rispetto e la tutela dell’ambiente sono problematiche a cui prestare attenzione.

Alla trascuratezza della minaccia ecologica dell’inquinamento da mascherine risponde così l’arte, come spesso accade, soprattutto nel caso della street art, che non può esimersi dal confronto con la realtà né dal dovere di suscitare riflessione e destare coscienze.

Leggi anche: Inquinamento atmosferico, OMS lancia l’allarme: oltre 7milioni di decessi l’anno

In arrivo l’ultima generazione di dispositivi di protezione: più sicuri e ridotto impatto ambientale

Contro l'inquinamento da mascherine, in arrivo l'ultima generazione di dispositivi di protezione: più sicuri e con ridotto impatto ambientale.

Come affrontare e ridurre l’inquinamento da mascherine?

Ricorrere alle mascherine lavabili è senza dubbio una scelta ecologica, soprattutto se si tengono a mente i sopraccitati effetti derivanti dall’impiego di dispositivi monouso.

Tuttavia, è doveroso ricordare che vanno non solo lavate frequentemente, ma che ne va anche vagliata costantemente l’efficacia.

Soluzioni per ridurre l’inquinamento da mascherine al momento ancora poco rassicuranti, mentre si attende quella sarà la vera svolta: l’ultima generazione di mascherine, che durano più a lungo, diagnosticano se chi le sta indossando è stato contagiato e, addirittura, uccidono il virus.

È tutto vero: come riportato ne Il messaggero, scienziati dei materiali, chimici, biologi e ingegneri stanno al momento lavorando a dei nuovi prototipi che, oltre alla funzione protettiva, includono quella diagnostica nonché sensori e una rete di rame capaci di intrappolare e uccidere il virus.

E la bella notizia è anche per l’ambiente: l’obiettivo primario di questa progettazione è di rendere i dispositivi riutilizzabili in modo non solo di sopperire alla scarsità di prodotti disponibili, ma anche di ridurne l’impatto ambientale.

Le ricerche e i test sono in corso, si attendono presto aggiornamenti.

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