HIV, nuova possibile cura: al via la sperimentazione sui pazienti

Un istituto di biotecnologie americano ha messo a punto una terapia contro l'HIV basata sulla manipolazione genetica dei Linfociti T infetti per renderli resistenti al virus.

Marianna Chiuchiolo
Marianna Chiuchiolo
Giornalista con studi in Mediazione Linguistica, una formazione da teatrante e una generale tendenza a perdersi nei vicoli di una fervida immaginazione. Ama in egual misura la scienza e la poesia e si spende da tempo per la crociata della Mental Health Awareness come missione di vita.
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12 anni di studio e progettazione per una potenziale cura contro l’HIV, responsabile di uno dei mali più preoccupanti degli ultimi decenni, finalmente ripagati. La AGT – American Gene Technologies, istituto di biotecnologie della contea di Montgomery – ha ottenuto la scorsa settimana il via libera da parte della Food and Drugs Administration per la fase 1 della sperimentazione umana.

La richiesta di approvazione per la fase 1 dei trial clinici è stata inoltrata alla FDA lo scorso ottobre, e partirà intorno alla fine del settembre 2020. Il CSO David Pauza ne parla in termini entusiastici:

È una notizia sensazionale avere l’approvazione della FDA per l’avvio della fase 1 e poter condurre i nostri primi test sugli esseri umani. Stando alle caratteristiche del prodotto rilevate in laboratorio, questa terapia è potenzialmente molto efficace. Siamo più che entusiasti di aver raggiunto un traguardo del genere. Tutto questo ci porterà sempre più vicino al nostro obiettivo di migliorare vite grazie alla manipolazione genetica.

Terapia genica contro l’HIV, come funzionerà

La terapia consisterà nell’alterazione genetica dei linfociti T infetti in modo da renderli immuni e resistenti al virus. Il lavoro della AGT si basa su un precedente studio portato avanti dalla Sangamo Therapeutics, che era riuscita a isolare parte della proteina principalmente coinvolta dello sviluppo dell’infezione da HIV. Quello che la AGT è riuscita a fare è aggiungere un gene che blocca la proteina in questione, impedendo così che venga espressa. In questo modo le cellule sviluppano resistenza e diventa impossibile per il virus creare nuovi virioni e muoversi nel corpo.

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Massima sicurezza durante i test

I test verranno svolti nella maniera più sicura possibile per i soggetti coinvolti. La procedura iniziale consisterà nel prelevare un campione di sangue da ogni partecipante e modificare i linfociti T infetti in modo da contrastare il virus. Dopo 73 giorni di osservazione, le cellule saranno inoculate nuovamente nel corpo del paziente. Stando alle stime, il numero di linfociti T immuni all’HIV che saranno restituiti al paziente sarà di 2000:1.

I siti identificati per i test sono il Washington Health Institute nel Northeast D.C., la Georgetown University e lo University of Maryland’s Institute of Human Virology a Baltimora. La scelta e l’arruolamento dei pazienti comincerà alla fine di questo mese. La fase iniziale dello studio coinvolgerà 6 pazienti che, per sicurezza, continueranno ad assumere farmaci anti-retrovirali durante la sperimentazione.

di Marianna Chiuchiolo

Leggi anche: Il Covid come l’Hiv potrebbe non andare via, quali sono le differenze?

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