HALO al Festival di Brighton: un’opera d’arte che porta gli spettatori nel cuore del Big Bang

Com'è trovarsi nel cuore del Big Bang, 13,8 miliardi di anni indietro? HALO, come esperienza multisensoriale in un connubio tra natura, luci e musica, ce lo fa scoprire.

Asia Solfanelli
Asia Solfanelli
Intraprendente e instancabile penna, poliglotta, appassionata lettrice e avida viaggiatrice. Sviscerata amante del cinema. E ultimo, ma non per importanza, eterna studiosa, perché non si finisce mai d’imparare.
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Halo è molto più che un’opera d’arte, è un’esperienza multisensoriale che porta i visitatori nel cuore del Big Bang.

Un viaggio che permette di giungere ben 13,8 miliardi di anni indietro nel tempo, quando l’universo poteva contare su appena 17 centimetri di diametro. Era buio ed era molto caldo.

L’istallazione audio-visiva è al Festival di Brighton.

HALO: “I dati scientifici diventano sensazioni”

Ruth Jarman e Joe Gerhardt sono gli artisti che hanno creato l’istallazione sulla base dei dati raccolti al Large Hadron Collider presso l’Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare (CERN) di Ginevra.

Si tratta di un’intricata struttura meccanica con una proiezione a 360 gradi di dati scientifici che ricrea le condizioni del cosmo poco dopo il Big Bang. In particolare, dal centro dell’opera si percepiscono le collisioni delle particelle subatomiche, i dati grezzi raccolti diventano sensazioni.

Jarman spiega: “Abbiamo messo i dati in una forma in cui puoi sentirli. I dati diventano sensazioni”.

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HALO è “entrare nel cuore del Big Bang”

“Entra nel cuore del Big Bang”, dice la campagna promozionale dell’opera e quella che si preannuncia è un’esperienza davvero unica. Ci sono luci che lampeggiano, punti che diventano spirali, scie e altre forme evanescenti.

E ci sono i suoni, un misto di rumori ancestrali e industriale, qualcosa di davvero difficile da spiegare senza che lo si sperimenti. Non c’è sinfonia. “Cerchiamo di creare suoni che risuonino fisicamente nel tuo corpo e creino un effetto emotivo”, spiegano gli artisti.

“Quello che non vogliamo fare è produrre qualcosa come quelle fotografie colorate di nebulose e supernove”, racconta Gerhardt spiegando la decisione di scegliere foto in bianco e nero lo-fi.

HALO come percezione della bellezza scientifica in forma artistica e ben altro

I visitatori si troveranno circondati da 384 fili verticali disposti in un cerchio, ognuno dei quali pulsa in sincronia con le luci. Quello che si percepisce è l’universo nascere. HALO è il ritmo della formazione della materia assimilato in forma sonora, è percezione sensoriale di equazioni e teorie scientifiche.

La professoressa Antonella De Santo, la fisica della Sussex University coinvolta nel progetto, racconta:

questa è la prima volta che ho percepito la bellezza scientifica che sperimento nella mia carriera in forma artistica.

Ma a ben vedere HALO va anche oltre tutto ciò. Oltre le sensazioni degli scienziati, perchè il vero intento degli artisti è quello di rendere esperienza umana ciò che di fatto va ben oltre la stessa. Si tratta di vera e propria forza della natura, si tratta di rendere in qualche modo tangibili quelle forze che operano sulla Terra e che vengono teorizzate dalla fisica quantistica.

I Semiconductor uniscono scienza, arte e note

Il duo Semiconductor, formato dagli artisti britannici Ruth Jarman e Joe Gerhard, è noto al modo per la sua tendenza a indagare l’ignoto, a dare forma tangibile a l’immateriale e l’invisibile attraverso l’arte, la musica e la natura.

Non sono scienziati, ma gli stessi riscontrano che tra arte e scienza ci sono molte più affinità di quanto si possa pensare:

Ci sono soprattutto punti in comune: entrambi devono aspettare l’ispirazione, essere rigorosi, motivati, fiduciosi e dubbiosi.

La scienza, come l’arte, presenta più domande che risposte.

E processi lenti che devono compiersi passo dopo passo.

Autori di Earthworks o Parting the Waves, solo per citarne alcuni, i Semiconductor continuano a portare la scienza a sensazione d’uomo e a far sperimentare tutto ciò che apparentemente non si potrebbe esperire.

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Asia Solfanelli
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