Giornata mondiale contro l’Aids, un’epidemia ancora da combattere

L'Aids, dopo 40 anni dalla sua scoperta, è ancora un'epidemia da combattere. Oggi, 1 dicembre, si celebra la Giornata mondiale contro l'Aids.

Silvia Aldi
Silvia Aldi
Classe 1990, laureata in Scienze Politiche con una specializzazione in Comunicazione pubblica Internazionale. Amante della storia sin da piccola e appassionata di grandi classici della letteratura italiana. Si auto definisce una sognatrice che tende a considerare sempre il bicchiere mezzo pieno anche nelle situazioni più critiche. Altri segni particolari? Appassionata di calcio e tifosissima!
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Dopo 40 anni dalla sua scoperta, l’epidemia di Hiv continua silenziosa senza arrestarsi. Nonostante il progressivo calo delle nuove diagnosi di infezioni dal 2012, la scienza non è ancora riuscita ad arrivare a un vaccino per l’HIV. Oggi, primo dicembre, come ogni anno, si celebra la Giornata mondiale della lotta all’AIDS. Un’epidemia che, dal 1981, ha provocato quasi 30 milioni di vittime in tutto il mondo e, nel 2020, non è stata ancora debellata.

Aids, l’origine dell’epidemia

Impossibile non ricordare la pubblicità televisiva dei primi anni ’90 in cui le persone contagiate dall’HIV erano circondate da un alone viola. Nel 1983 gli scienziati riuscirono a isolare per la prima volta il virus dell’HIV, responsabile dell’AIDS. In Italia, nel 1985, nasceva la prima associazione per la lotta alla diffusione dell’HIV, l’ANLAIDS Onlus. Tossicodipendenti e omosessuali furono i maggiori destinatari del disprezzo e della paura negli anni ’90. Storico, a tal proposito, lo spot televisivo degli anni ’90, nel quale il problema veniva ricondotto alla promiscuità sessuale e ai rapporti occasionali. La storia dell’HIV è una storia di discriminazione e disprezzo. I problemi sociali legati alla droga, l’emancipazione degli omosessuali, l’imbarazzo sui temi sessuali, furono all’origine di discriminazione e sottostima dei rischi della malattia da HIV.

In Italia, il Ministro della Sanità, Donat-Cattin, ritardò i controlli sulle sacche di sangue di ben tre anni, così come le campagne di informazione sull’epidemia, vietando di citare l’uso del profilattico come metodo di prevenzione.

Leggi anche: Educazione sessuale ancora tabù nelle scuole italiane, il ritardo è inammissibile

I numeri dell’Aids in Italia

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Un grafico mostra l’incidenza delle nuove diagnosi da HIV in Italia nel 2018.

Un callo delle diagnosi da HIV si è registrato a partire dal 2012. Calo riconfermato anche nel 2019, da 4.162 a 2.531 diagnosi di infezione da hiv. L’incidenza più elevata dei nuovi casi è nella fascia d’età fra i 25 e i 29 anni. L’80% dei nuovi casi del 2019 riguarda il sesso maschile e nelle fasce d’età dai 25 ai 39 anni, un’incidenza quattro volte più alta che nel sesso femminile.

Nel 2019, per la prima volta la percentuale di contagi dovuta a rapporti sessuali fra uomini raggiunge quella legata a rapporti eterosessuali. Le regioni più colpite sono Lombardia e Lazio.

L’importanza dei test per l’Aids

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Un grafico mostra le percentuali delle modalità di trasmissione dell’HIV nel 2018.

Un terzo dei pazienti fa il test quando è già in fase avanzata della malattia. Si scopre, dunque, di avere l’HIV quando ci sono già sintomi o patologie riconducibili all’Aids. Le diagnosi, come abbiamo detto, negli ultimi anni risultano in calo ma i decessi rimangono stabili intorno a 500 all’anno.

Fare il test periodicamente dovrebbe essere buona abitudine per tutte le persone sessualmente attive. Il test è l’unico strumento per riconoscere tempestivamente l’infezione da Hiv. Evitando così malattie, riconducibili all’HIV, in fase già avanzata. A tal proposito, sono diminuite le diagnosi di candidosi e di polmonite riconducibili all’HIV, mentre sono aumentati i casi di sarcoma di Kaposi, di Wasting syndrome e tubercolosi polmonare.

Covid-19 e Aids, quali le differenze

Il tema della Giornata mondiale contro l’Aids di quest’anno è “Solidarietà globale, responsabilità condivisa”. Causa pandemia COVID-19, l’attenzione del mondo è concentrata nuovamente su come le pandemie influiscono sulla vita e sui mezzi di sussistenza delle persone. La pandemia da COVID-19 dimostra che la salute è ancora collegata a disuguaglianze, diritti umani e uguaglianza di genere. In quest’ottica va letto il tema di quest’anno per la Giornata mondiale contro l’Aids. Bisogna eliminare la discriminazione e mettere al centro i diritti umani.

Leggi anche: Il Covid come l’Hiv potrebbe non andare via, quali sono le differenze?

Ancora non c’è un vaccino per l’Aids

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Sono passati 40 anni dalla scoperta del virus e ancora non c’è ancora un vaccino efficace contro l’Aids e l’infezione da Hiv. In un’intervista rilasciata oggi a ilfattoquotidiano.it, Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) e primario di Infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma dichiara che è molto più difficile trovare un vaccino efficace per l’HIV che per il Covid-19:

È molto più complicato trovare un vaccino efficace contro l’Hiv. I due virus (HIV e Covid-19, ndr) hanno caratteristiche molto diverse. Quello dell’Hiv, a differenza del nuovo coronavirus, ha un alto tasso di mutazione e risulta più sfuggevole all’immunità prodotta da un eventuale vaccino.

Ce ne vorrebbero tanti, personalizzati, e comunque non basterebbero, perché l’Hiv muta anche all’interno del singolo soggetto infettato tanto da esaurire la capacità di risposta del suo sistema immunitario.

Perchè non esiste un vaccino contro l’Aids

L’infettivologo, nell’intervista a ilfattoquotidiano.it, spiega che la principale differenza riguarda la modalità di sopravvivenza del virus. Il virus Hiv una volta contratto può essere tenuto sotto controllo, ma l’idea di una sua eradicazione è ancora molto lontana a distanza di ben 40 anni dalla sua scoperta:

Il virus Hiv tende a integrarsi con il genoma delle nostre cellule risultando perciò meno riconoscibile, mentre Sars-Cov2 si replica costantemente stimolando una risposta immunitaria specifica.

Recentemente, a maggio 2020, uno studio condotto da un gruppo della Emory University, pubblicato su Nature Medicine, ha portato delle nuove speranze. Un nuovo vaccino sarebbe efficace per le capacità di stimolare le cellule T del sistema immunitario. Il tutto è ancora in corso di studio e per ora testato solo su primati non umani.

Leggi anche: HIV, nuova possibile cura: al via la sperimentazione sui pazienti

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Classe 1990, laureata in Scienze Politiche con una specializzazione in Comunicazione pubblica Internazionale. Amante della storia sin da piccola e appassionata di grandi classici della letteratura italiana. Si auto definisce una sognatrice che tende a considerare sempre il bicchiere mezzo pieno anche nelle situazioni più critiche. Altri segni particolari? Appassionata di calcio e tifosissima!
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