Nanotubi e batteri per il fotovoltaico vivente

Nuovi studi dimostrano quanto siamo vicini a sfruttare l'energia solare nel modo più ecologico possibile.

Enrica Vigliano
Enrica Vigliano
Enrica Vigliano, romana per adozione. Lavora nel mondo dell’arte e della comunicazione di eventi, dopo gli studi di Archeologia e di Business dei beni culturali. Adora parimenti la matematica e la grammatica, avendo una predilezione per le parole crociate e per la vita all’aperto.
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Un dispositivo biologico in grado di svolgere la fotosintesi ma creato artificialmente: così si potrebbe descrivere il fotovoltaico vivente, ultima frontiera di ricerca per lo sfruttamento dell’energia solare.

La corsa all’ecologia e alle rinnovabili ha infatti portato un team di scienziati italo svizzero altamente specializzato dell’École Polytechnique Fédérale di Losanna a trovare una soluzione sbalorditiva per creare energia sfruttando nanotubi di carbonio e batteri.

La nanobiotecnologia a servizio dell’umanità

Interfacciare e integrare tessuti biologici e nanomateriali è la sfida principale della scienza e della medicina odierne. Grandi passi avanti sono stati fatti nel campo della bioingegneria e della biomedica, tanto da parlare di tecnologie nanobioniche laddove si combinano i vantaggi del mondo artificiale con quelli del mondo vivente.

Gli studi sui “nanotubi di carbonio a parete singola“, anche conosciuti come SWCNT, si sono concentrati sulle loro proprietà meccaniche e ottiche, portando a risultati sorprendenti. Sono infatti costituiti da un unico strato di atomi di carbonio che si dispongono su una superficie piana, come su un foglio, che mano a mano si arrotola in una caratteristica forma a cilindro.

Questa peculiarità li ha resi estremamente utili nell’ambito delle indagini del mondo microbiologico.

Ad esempio, se inseriti in cellule animali, sono in grado di monitorare il metabolismo attraverso l’infrarosso, oppure sono utilizzati per la somministrazione di farmaci terapeutici, o ancora per analizzare il comportamento di tessuti biologici in soggetti viventi. In cellule vegetali si usano principalmente per tracciare e modificare il genoma.

Essendo degli ottimi “micro contenitori”, i nanotubi possono ospitare molecole organiche fotoattive, dando il via alla possibilità di sviluppare celle di fotovoltaico vivente.

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Come educare un batterio a produrre energia

fotovoltaico vivente - nanotubo di carbonio

Il fotovoltaico vivente non è più un’utopia o una bizzarra congettura fantascientifica, anzi, potrebbe ben presto portare alla produzione di pannelli solari interamente composti di batteri.

I ricercatori dell’EPLF hanno infatti dimostrato di poter “convincere” alcuni procarioti ad assorbire spontaneamente dei nanotubi fluorescenti di carbonio, aprendo nuove strade nella biotecnologia fotovoltaica.

Caricando positivamente il foglio di carbonio arrotolato di proteine, i batteri, la cui membrana esterna è di carica negativa, ne sono fortemente attratti, tanto da indurli ad assorbire il nanotubo nella loro struttura. Per lo studio sono stati utilizzati cianobatteri gram-negativi, capaci di svolgere la fotosintesi nello spettro del vicino infrarosso.

Ciò che è stato osservato ha stupito i ricercatori: nel momento in cui i nanotubi sono inseriti all’interno dei batteri, aumenta in modo consistente la loro emissione di elettricità quando sono colpiti dalla luce e, più nello specifico, nel momento in cui iniziano il processo di fotosintesi.

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Fotovoltaico vivente, vantaggi e perplessità

Fluorescent Bacteria | Microbiology, Microscopic photography, Bacteria

I batteri nanobionici, dunque, possono essere sfruttati per produrre celle di fotovoltaico vivente.

Il vantaggio di una simile scoperta è immediatamente intuibile: trattandosi di organismi ubiquitari, l’impiego dei suddetti batteri è estremamente poco costoso ed ecologico.

La fotosintesi dei batteri è anche a impronta negativa, assorbendo l’anidride carbonica presente nell’aria e non producendola.

Basandosi su organismi viventi, poi, i pannelli non necessiterebbero di industrie per la loro fabbricazione, poiché i batteri si autoreplicano continuamente, senza bisogno di sostituirli.

Ciò che ancora frena la diffusione di questa scoperta è l’alto costo di condizionamento dei batteri con i nanotubi e le preoccupazioni in termini di tossicità per l’ambiente del carbonio.

Leggi anche: Cella solare riciclata al 100%: il fotovoltaico sempre più green

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Enrica Vigliano, romana per adozione. Lavora nel mondo dell’arte e della comunicazione di eventi, dopo gli studi di Archeologia e di Business dei beni culturali. Adora parimenti la matematica e la grammatica, avendo una predilezione per le parole crociate e per la vita all’aperto.
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