Facebook tra fuochi incrociati sventola il report contro l’odio

Facebook è messo alle corde da legislatori, moderatori, governi mondiali, dai propri utenti e dai propri dipendenti e per calmare le acque sfodera un report dimostrando di essere proattivo contro i discorsi di odio in rete.

Cecilia Capanna
Cecilia Capanna
Appassionata di temi globali, di ambiente e di diritti umani, madre di tre figli del cui futuro sente un grande senso di responsabilità
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Negli ultimi tempi Facebook è sempre più bersagliato da critiche e richieste da parte sia del governo USA che del Parlamento europeo, e non solo. Due sono i fronti su cui il social si deve difendere:

• Si è arrivati ad un punto tale di anarchia e di strapotere da parte delle aziende big tech, che è urgente fare chiarezza sull’uso che i social fanno dei dati personali e delle informazioni dei propri utenti, raccolte con algoritmi sempre più sofisticati e precisi;

• Inoltre il dilagare dei discorsi di odio e delle fake news che li alimentano necessita di una soluzione drastica e rapida.

Soprattutto durante la scorsa settimana, le politiche dell’azienda di Zuckerberg sono state oggetto di dure critiche da parte di moderatori e legislatori e il capo di Facebook per tutta risposta ha sventolato un nuovo rapporto sulla trasparenza pubblicato giovedì, secondo il quale la sua intelligenza artificiale ha dato un efficace giro di vite contro l’incitamento all’odio online. Il report inoltre offre maggiori dettagli sullo stato dell’odio del social media, grazie alle modifiche alle politiche dell’azienda apportate dall’inizio di quest’anno. Un documento che secondo facebook dovrebbe fare da modello per tutti i social e per redigere le nuove leggi che li regolamentano.

Facebook e le regole della Ue

Intanto, sempre giovedì, i capi della sezione digitale dell’Ue hanno convocato Zuckerberg, o chi per lui, e i rappresentanti di altre aziende come Amazon, ad un’assemblea online programmata per giovedì 24 novembre, in cui verrà discussa la bozza del regolamento che ne limiterà i poteri, in questo momento assoluti in modo inaccettabile. 

Le regole proposte sono state denominate Digital Services Act (DSA) e Digital Markets Act (DMA)

Il DSA richiederà alle aziende tecnologiche di spiegare come funzionano i loro algoritmi e anche di aprire i loro archivi di annunci a regolatori e ricercatori.

Il DMA si rivolge ai gatekeeper online, con un prontuario di cose che devono fare, come condividere i dati con rivali e regolatori, e cose che non devono fare, come non favorire i propri servizi.

Lo stadio di avanzamento dei lavori ancora non permette di fare previsioni sul regolamento definitivo, dato che la controparte, formata da aziende tech e piattaforme online, ha fatto pressioni intense per cercare di smussare le normative proposte. Intanto la bozza verrà presentata formalmente il 9 dicembre dal commissario per il mercato interno Thierry Breton, responsabile della regolamentazione digitale, e la commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager. Si prevede che prima che Parlamento europeo e aziende tech si mettano d’accordo e il regolamento venga finalizzato e applicato, potrebbe passare tranquillamente più di un anno.

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Il report di facebook

Tornando al documento con cui Facebook cerca di dimostrare le proprie buone intenzioni, lascia ancora molte domande senza risposta.

Il rapporto trimestrale di Facebook include nuove informazioni sulla diffusione dell’incitamento all’odio. L’azienda stima che dallo 0,10 allo 0,11% di ciò che vedono gli utenti di Facebook viola le regole sull’incitamento all’odio, che equivale a “10-11 visualizzazioni di incitamento all’odio per ogni 10.000 visualizzazioni di contenuti”

Facebook insiste sul fatto che rimuove la maggior parte dei discorsi di incitamento all’odio in modo proattivo, cioè prima che gli utenti li segnalino. Secondo il report negli ultimi tre mesi circa il 95% delle rimozioni di incitamento all’odio di Facebook e Instagram sono avvenute in questo modo, grazie alle migliorie che sono state apportate all’IA. E il programma prevede che queste misure aumentino di quantità e di qualità nel futuro. A questo proposito è stato lanciato un concorso a maggio con cui si assumeranno tecnici in grado di mettere a punto un sistema che riesca ad individuare anche i meme di odio, fatti sia di testo che di immagini. 

I limiti dell’indagine

L’indagine però si è basata su campione casuale di post e misura la copertura dei contenuti, inclusi quella dei post virali stra-condivisi. Non è stato fatto un conteggio numerale dei post “originali”, dunque i risultati sono inquinati. Oltretutto il report non è stato valutato da fonti esterne all’azienda.

Purtroppo però i trend cambiano continuamente e l’odio va con loro, quindi facebook dovrebbe essere in grado di avere degli algoritmi tanto sofisticati da analizzare le diverse lingue e le diverse tendenze specifiche di molti paesi in contemporanea, ed anche definire cosa sia incitamento all’odio, una categoria che nel tempo è cambiata poco, visto che la negazione dell’Olocausto è stata vietata appena lo scorso mese. 

Un’ulteriore difficoltà è data dallo smart working, incentivato dalla pandemia, che impedisce l’accesso alla banca dati centrale per cui i moderatori che monitorano i discorsi di odio non possono vedere i contenuti altamente sensibili da casa loro.

Il tempo stringe, critiche e richieste incalzano, Mark Zuckerberg dovrà sbrigarsi per rispondere in modo soddisfacente ed adeguato alle proteste del mondo globalizzato reale e anche di quello virtuale, quello creato da lui stesso. Quel mondo che gli è sfuggito di mano e che ha sfruttato per il proprio profitto. Forse in passato ha voluto chiudere un occhio, non è intervenuto con cambi e regole radicali che avrebbero compromesso troppi interessi in gioco. Ma è arrivato il momento di risarcirlo quel mondo, che ora gli presenta il conto.

Leggi anche Facebook, dopo il Covid l’azienda sceglie lo smart working per i dipendenti

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